Archive for December, 2017

Le nostre personalità


19 Dec

 

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È una società che da sempre punta sull’apparenza e sulle maschere, appunto sociali. Ed è inutile quanto patetico, almeno così si dice in giro, accanirsi a dare spiegazioni quando il mondo non vuole stare ad ascoltare e preferisce sollazzarsi nel becero, ipocrita coprirsi dietro etichette. Al che tutti affibbiano patenti e nell’affibbiarle gioiscono immensamente. Così, dando appellativi negativi al prossimo, ci si solidifica in certezze che non possano turbare quelli che sono invero precari e fallaci equilibri. In un mondo ove impera la superficialità, si è data grande importanza, rilevanza assoluta al lavoro. Il lavoro nobilita l’uomo? Se si svolge qualcosa che dia valore alla persona, alla sua creatività, al suo ingegno, alle sue immaginazioni e ai suoi sogni. Siamo bombardati da pubblicità in cui si viene spronati a essere anticonformisti, a sganciarci dalle piatte regole, ci viene detto di distinguerci dalla massa, insomma, di seguire ostinatamente la nostra strada, di dar voce alla coscienza nostra profonda, di non adeguarci agli schemi, alle rigidità mentali, ci vien urlato di migliorarci e crescere. Altra parola da aborrire, abolire in toto. Se crescere significa adagiarsi al porcile, al comune andazzo menzognero e falso, preferirò sempre danzare su una trasgressiva, piacevole “scostumatezza” che non arreca danno a nessuno. E privilegiare i miei moti del cuore, attraccare a lidi di felicità personale, nel “piccolo” mondo che tanto è disilluso da potersi illudere di un “niente” in cui mi forgio e roteo ballerino fra emozioni veraci e voraci.

Invero, tanto si fa a livello teorico per dar vivacità alla complessità della realtà quanto poi ci si attiene programmaticamente a percorsi corretti, nell’abbindolare chi non la pensa come questi tutti che dettan legge e abusano ignominiosamente delle pazienze, oh quanti pazienti… invece spazientiti, a favore di una ricattatoria “scienza”. E, se non ci si adatta a questa violenza psicologica devastante, si diventa scemi… o forse solo illuminati. Al di là dell’orrore collettivo, delle vie perentorie della perenne globalizzazione.

Qualcuno semmai azzarda a dire che soffri di disturbi di personalità. E in questo psichiatrico parcellizzarti in una sbrigativa, affrettatissima diagnosi alla buona, può letiziarsi invece della sua presunta “giustezza”, di una ripugnante saccenteria. Sì, siamo invasi da “tutori” di ordini impartiti e dati, in questo mondo che classifica ogni aspetto del reale secondo un “reame” che schiaccia le individualità e le castiga al fine che il capitalistico spirito di “efficienza” e produttività non sia leso, e si può continuare quindi ad libitum, e io ne rimango allibito, nelle generiche, arbitrarie graduatorie, nelle suddivisioni manichee appunto fra buono e cattivo, fra lecito e illecito, fra liceali e ciò che non ha “licenza”. E in questo divertirsi di squallide ripartizioni, ecco che qualcuno va buttato giù dalla torre, lo si emargina senza pensarci due volte, e diventa tutto una burla sadica, per chi la pratica “spassosa”, fra promossi nella vita, fra “valorosi” e miserabili, fra “vincenti” e gente comune senza palle…

C’è allora chi s’immedesima in un attore camaleontico, così può cambiare sempre look e umore, fantasticando di essere quel sembiante, semmai un attore che ha fatto del Metodo la sua totale immedesimazione coi mille personaggi.

E si muta in tanti ruoli in questo mondo triste che ama le cover… e neanche tanto se “la” gusta sotto le copertine…

Rimanendo i soliti vigliacchi, i soliti fessi, rimanendo oggi coraggiosi e domani lerci, fra cani e porci.

di Stefano Falotico

Brad Pitt, 54 anni e non sentirli, Falotico, 38 e sentire molto di più


19 Dec
TWELVE MONKEYS, Brad Pitt, 1995

TWELVE MONKEYS, Brad Pitt, 1995

Ebbene, nello sfacelo di quest’umanità piccolo-borghese che si aggrappa ai divi di Hollywood per proiettare i propri sogni, i sogni di una vita spesso tediosa, morbosa, nell’immaginario loro stesso di una grandeur dell’anima che invero non posseggono, essendone scevri per cattive abitudini quotidiane di esistenze insulse, ieri, o l’altro giorno, scusatemi per l’imprecisione di ciò che considero appunto un’inezia ridicolissima, in molti, senza battere ciglio e gustando le sue sopracciglia, hanno festeggiato il compleanno di Brad Pitt, l’uomo che incarna la plastificazione più spudorata dei desideri “proibiti” delle donne di mezzo mondo e al quale i maschi effeminati lanciano sguardi di ammirazione, volendogli somigliare per avvenenza e sex appeal.

Col tempo, costui pare che si sia guadagnato anche l’allure di attore “bravo”. Certo, quando si ha lo star power è più facile “imbroccare” strade professionalmente e anche artisticamente più appaganti e blasonate. Da qui le collaborazioni coi fratelli Coen e con Tarantino, tanto per citare due nomi a caso. E così è capace che sfiori anche l’Oscar con la tua arte di vincere…

Io non ragiono in termini attoriali, lungi da identificarmi semplicemente con chi recita una parte, più facile che possa riconoscermi nei personaggi incarnati e trarne “materia di visione” emozionale per esplorare con più doviziosa arguzia il mio inconscio e le immaginifiche traiettorie, oggi crepuscolari e domani fulgidamente malinconiche, del mio cuore sussultante in perenne mutare ed evolversi, e in questo sviscerarmi “allo specchio” rinvenire empatie psico-percettive col e nel “corpus” metafisico che è l’attore, nella sembianza della sua apparenza ingannevole eppur fascinosamente stuzzicante.

Lungo e periglioso discorso che andrebbe, con più profonda oculatezza, eradicato.

No, Pitt non appartiene alla mia gamma psico-emotiva e, sebbene tenti ogni volta d’instaurare un rapporto con lui, questo tentativo di avvicinamento fallisce miseramente, perché non scatta quell’automatico, istintivo simpatizzare “a pelle” con un uomo così remoto dal mio modo d’essere.

Se si scorre la sua filmografia, certamente, va detto che negli anni il Pitt è notevolmente cambiato e si è evoluto, assicurandosi, come già detto, anche gli applausi e l’approvazione degli spettatori più esigenti. Ma, sostanzialmente, nonostante si sia abbruttito e anche cosparso il corpo e la faccia di cicatrici, rimarrà sempre quel bambolotto-toy boy di Thelma & Louise.

Posso farmi attrarre dalle sue movenze feline e dai suoi occhi languidamente azzurri quando il mar celeste dei miei sentimenti vira e veleggia in un sentire femminile, quasi da gay che può venir “turbato” anche eroticamente dalla biondezza del suo Bronzo di Riace platinato di Troy, ma poi mi ricompongo e ci rido su.

Sì, Brad Pitt è quella “meraviglia” virilmente ambigua che fa felici i turbamenti inconfessabili delle donne dai gusti standardizzati e da copertina, e gli uomini che puntano quasi tutto sull’apparenza più sfrontata e superficiale.

Al che li vedi scherzare in qualche tavola calda, col mojito in mano e l’occhiolino da persone che si credono i George Clooney di turno, sì, e si atteggiano a essere amiconi dei piacioni.

Ma le loro vanità finiscono in una bolla di sapone, “frizzante” quanto bersi la vita in maniera insana e carnascialesca.

E, rabbrividendo, mi tengo le mie profetiche “follie” da Esercito delle 12 scimmie.

 

di Stefano Falotico

Ogni volta che si avvicina Natale, un senso d’insopprimibile angoscia mi fa capire che le mie solitudini sono giuste e sanamente anguste


18 Dec

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Credo di essere celeberrimo per il mio umore scostante, sì, oramai scosto tutto e poca fatica mandar tutti a quel paese mi costa. Mi consta, e non mi costa niente (anche se adoro l’attrice-modella Rebecca Da Costa, ché va constatato che è una figa da non contestare e che, non avendola, ti porta a dar testate) che i colpi al mio costato e ai miei testicoli son stati tanti, perentori, “fratricidi”, insistenti e inferti per ferirmi in modo che non fossi più un uomo “fertile”. Sì, credo di essermi sterilizzato a ogni tipo di attacco e alla pace contemplativa son attraccato. I miei nemici, constatando questa mia resa, capiscono che da uomo arrendevole mi son trasformato in uomo amorevole, e adesso constatano che, con uno come me, è inutile accanirsi, perché va preso per l’uomo amabile, dunque insopportabile, che la natura mi concesse di (non) essere, grazie a un Dio misericordioso al quale non credo, essendogli superiore per nascita.

Sì, credo che nacqui prima del Big Bang e fui partorito da una nebulosa fresca come una rosa.

Dopo il pranzo mio lieto, a base di gnocchi ben rosolati in un sughetto appetitoso, mi recai al bar, ove c’è sempre un uomo rozzo che è preoccupato che il barista possa infilare la mozzarella nel suo panino al prosciutto crudo. Sì, non vuole cose che filino, è un uomo poco affettato…, verace e un po’ volgare, ma molte donne se lo filano. E, forse stufo delle sue “mozzarelle” eiaculanti delle sue notti ingorde, egli desidera cibo che non sia “contaminato” da alcun derivato del latte bufalino. Le sue donne al suo “latte” non son vaccinate e ne bevono in quantità industriale, amano il suo essere uomo sincero nel raccontar loro bufale… candide come il suo sorriso lercio da quarto di bue un po’ maialesco.

Sì, continuo però ad andare in questo bar per guardare in faccia colui che incarna la nemesi assoluta del mio mentale impasto. Sì, io sono un metafisico impiastro, però puro come l’alabastro e la sera, quando il firmamento si riempie di stelle, io guardo gli astri dalla mia stalla. No, non sono come questo qui, uno stallone, e col tempo ho imparato a disprezzare anche Sly. Perché, con tutta la stima che si può avere verso il Balboa o il Rambo, non certo si può dire che il “Silvestro” sia uomo di particolare acume. I suoi muscoli sono sviluppati in maniera inversamente proporzionale al suo cervello. Che poi abbia un buon uccello, domandatelo alla moglie… in fondo, credo che Silvestro sia “dolce” e docile come l’agnello. L’agnello si fa a Pasqua, ma a Natale diventano tutti agnellini, e il buonismo impera nel catto-borghesismo da quattro soldi ove la gente spende un patrimonio per regali che non servono a un c… o.

Allorché, la mia tristezza aumenta e, in prossimità di questa festa mondiale, la mia malinconia si fa universalmente galattica. Nella mia vita, ho sempre cercato persone che mi fossero affini in quanto a “tristezza”. Allorché, mie allocche, ne trovo uno che non ama la vita ma poi scopro che comunque scopa e in quel ficcare “delizioso” è momentaneamente felice e sfizioso. Invero è come tutti un vizioso… Poi ne “rinvengo” uno che non crede nella società bastarda e ipocrita, ma poi scopro che tifa per la Juventus. E c’è qualcosa che non quadra col suo essere amante della famiglia Agnelli…

Chi mi conosce sa che sono un genio che non vien soddisfatto a leggere libri di scrittori bravissimi, perché sono meno bravi di me, e quindi mi annoiano. Poi, ci sono quelli che ogni giorno cercano la frase e citazione giusta che possa dar valore al loro umorale lasciarsi vivere. Al che, oggi trovano una massima di Pasolini che fa al caso loro e la postano su Facebook, e domani una di Mussolini. E in questo vivere da imbecilli son tutti felici e contenti. Certo, la madre degli stolti è sempre incinta…

Meglio essere scontenti. In fondo, sono un uomo che potrebbe far l’amore anche con cinquemila bellissime donne e poi rimanere il solito misantropo di quando nacqui.

Cosa voglio dire con questo? Che, per quanto mi riguarda, preferirò sempre il mio culo…

E tu, asino, dai fiato alla tua “mangiatoia”…

 

di Stefano Falotico

Auguri di buone feste da parte di un uomo giocondo


17 Dec

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JOHNNY HANDSOME, Mickey Rourke, 1989, (c)Columbia TriStar Pictures

JOHNNY HANDSOME, Mickey Rourke, 1989, (c)Columbia TriStar Pictures

Sì, il tempo passa e so che, guardandovi allo specchio, notate come le rughe vi hanno raggrinzito in una posa putrescente. Sì, il tempo scalfisce, insiste sulla vostra pelle che, corrugata, non è briosamente fresca come quando la giovinezza vi spronava a esser ardimentosi e a intessere le vostre giornate di voraci amplessi. Ah, la giovinezza v’è sfuggita e ora fate “promemoria” di ciò che val la pena vivere, enumerando le delusioni e contentandovi di ritirare soldi mal guadagnati, pen(s)ando ininterrottamente su come ardeste i vostri sogni per “intingerli” nel più bieco moralismo, rinnegando quel vostro essere graziosamente allegri, mentre oggi, intristiti dall’opalescenza di (r)esistenze non più vibranti ma al grigiore virate, malinconici annegate nell’afflizione d’insulsi dì ove fate la lotta al prossimo che vi par disturbante. Nella patetica tranquillità della più gelida falsità. Ah ah. E questo vostro gioco pettegolo e maligno sempre più mi disgusta e, nella mia “nausea” al di là delle fottute chiacchiere stolte, m’immergo in lidi lindi di spensierata vacuità. Una vacuità che riempio d’immaginazione e voli pindarici della fantasia, planando oltre le mediocrità abominevoli dell’uomo castigato nella sua borghese fallacità. Così, “pesco” una sigaretta e la metto in bocca, accendendomi nel bruciar di passioni vere mentre il mondo, cinico e abietto, deteriorato e da me giustamente vituperato, insegue l’effimero, illudendosi che il domani sarà più lieto e migliore. Invece il putrido viscidissimo si attacca alle vostre ossa e prosciuga sempre più le vostre sincere emozioni, sì, il tempo nelle anime vi lussa e oramai vi siete dati soltanto alla più animalesca lussuria. Ah, meglio io che me la russo… Vi conosco, sapete? Sempre a predicare, a favellare e poi poco, concretamente, a combinar qualcosa che sia anche fantasticamente affascinante. Siam invasi da esibizionisti e tutti, galleggiando nel vuoto delle loro mentali, miserrime, orrende “ordinarietà”, sono equilibristi soltanto di una triste erroneità. Persi nel fraintendere il senso della vita, e viaggiando su distorte, bacate mentalità.

Mentre di tutta boria e insipidi eloqui vi agitate con mostruosità, io fumo con placidità nel far sì che le mie depressioni nella fulgidezza sfumino come un gabbiano nella brezza, e godo di questi attimi ridenti di me così soavemente suadente, festante e anche saviamente “farneticante”.

Troneggiante nel mio ber tanti caffè, son uomo di genialità “fai da te”, non ho l’aplomb inglese di quelli che alle cinque del pomeriggio bevono il tè ma a chi mi vuole male faccio tiè e a chi voglio bene do un po’ di me.

Così è. Andate in pace, fratelli, e scambiatevi un segno di pace.

Io vi benedico mentre il fumo della sigaretta annerisce di pece ogni muso e muro ottuso.

di Stefano Falotico

Nella taverna delle mie angosce, risplendo e gioisco di savio ardore, di lindore rifulgo eppur ancor giustamente “fuggo”


16 Dec
PHOTOGRAPHS TO BE USED SOLELY FOR ADVERTISING, PROMOTION, PUBLICITY OR REVIEWS OF THIS SPECIFIC MOTION PICTURE AND TO REMAIN THE PROPERTY OF THE STUDIO. NOT FOR SALE OR REDISTRIBUTION.

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La vita. C’è chi vive senza sapere cosa sia, senza interrogarsi sul suo senso profondo e allora abbisogna di Woody Allen che gli spieghi con La ruota delle meraviglie che siamo tutti vittime e carnefici del nostro destino, ci arrabattiamo, arranchiamo, tra euforie, slanci amorevoli, amorosi e romantici, cadiamo, ci rialziamo, veniam (d)elusi e quindi, nonostante tutto, come in Miserere, alla vita brindiamo. Allettandoci di quelle piccole, estemporanee gioie che dan calore alla nostra anima, nonostante col tempo proprio le nostre anime si son imbruttite, nell’involgarimento ci siamo appiattiti, a squallidi lavoretti, per la “menzogna” del bieco tirare a campare, giocoforza ci siamo adattati, perdendo il gusto della sincerità, della più spontanea ilarità, assillati da patetiche quotidianità che hanno dimenticato la mortalità.

Sì, siamo esseri mortali, ma molti se ne scordano. Allorché tutti, me no, si affannano a primeggiare, a stare sempre sul pezzo per fregare chi è più “lento” o solo dondola magnificamente nelle sue sane solitudini angoscianti. Ah, l’angoscia… sentimento che affatto ripudio, in grembo lo serbo e di cui non sono scevro. Son suo servo e, asservendomene, non mi compatisco se con tanta foga lo inseguo. Non biasimate questo “pover’uomo” che son io, mentre quasi tutti voi vi accapigliate in giochi competitivi in cui vi scambiate offese e di ripicche, gozzovigliando, v’incaponite, puntando i piedi e restando, nell’anima oramai corrotta, appiedati. Oh, datemi pure dell’appestato, io mangio la pasta col pesto e il prossimo mai calpesterò, essendo uomo che è già troppo preoccupato del proprio malessere per avere il tempo d’infestare e insudiciare le anime degli amici e dei nemici che alle volte mi stanno appresso. Sì, sono spesso depresso se per depressione intendiamo quel moto appunto “biasimevole” dell’animo che molte volte induce alla malinconia e non ama i “vincenti” come l’ex Duce.

Ah, la malinconia è quel cuore che, stanco di troppe frivolezze e sciocche noie, di notte proprio si rincuora a burlarsi un po’ di tutto, da pagliaccio di cor(te) si camuffa e agli occhi degli altri appare buffo. Oh sì, sbuffo essendo un Puffo, un bluff persino per me stesso, ma meglio di tante merde che si fan chiamare prof. e maestri e invero, di panza piena e appetiti sessuali da maniaci, vivono divorando chi non rispetta le loro regole mendaci, ipocrite e vanagloriose.

In questo mondo siamo tutti matti, chi più chi meno. Il meno matto è colui che ha reso il suo solipsismo qualcosa di valido agli occhi degli altri. Pensate ai grandi registi. Erano tutti in qualche maniera ossessionati dai soliti “argomenti”. E ci giravano sempre attorno, girando appunto quasi sempre lo stesso film, modificando solo la trame e ambientandolo in epoche diverse. Fellini stesso dichiarava che in realtà aveva fatto sempre lo stesso film. Di nostalgie sulla sua giovinezza perduta, pieno di donne, grasse o magre ma comunque “atipiche”, caciarone e zoccole, di sogni mischiati alla fantasia variopinta di quest’incubo mortale, spesso così falsamente morale, che è la vita. Ma nessuno ha mai accusato Fellini di essere matto. Perché aveva adattato la sua follia a un principio di realtà. Cioè aveva “prodotto” film, film che la gente vedeva e amava e che la Critica adorava. Altrimenti, sarebbe finito in manicomio.

Oggi, siamo ahimè invasi dalla “normalità”. Quelli che si dichiarano anormali sono poi i peggiori. Si viene a scoprire che sono i più conformisti, i più zuccherosi e falsi, buonisti da quattro soldi, e che semmai odiano i film “violenti” perché sono un “cattivo” esempio per le nuove generazioni. Che assurdità. Avercene di serie come The Punisher, secca, senza fronzoli, qua e là un po’ lenta ma girata da Dio, piena di eccessi, d’iperboli improponibili che diventano assolutamente verosimili perché è un cinefumetto e quindi appassionatamente vi crediamo, per il suo antieroe tifiamo, al suo rambistico essere uno spare part ci affratelliamo.

Ma chi ha trasformato questo mondo in questa spazzatura di frasi fatte, di patetica retorica e melensaggini agghiaccianti? Ah, saranno stati gli psicologi. Mamma mia… terribili. Ne ho conosciuti un sacco, alla fine a loro interessa che tu vuoti il “sacco”, anche la scrotale sacca, visto che danno pastiglie che sedano la sessualità troppo “ruspante”, vogliono che tu sia un soldatino “a modo”, che sappia stare compostamente al mondo e che sia efficiente e produttivo. Che orrore. Le menti più creative e fervide sono state e sono le menti di persone sganciate dalle aberranti, mostruose regole comuni, pensate a Scorsese.

Solo a un “pazzo” come lui sarebbe saltato in mente di fare un film come L’ultima tentazione di Cristo. E Dio l’abbia in gloria. Scorsese produce Arte, produce idee, produce verità, non chiacchiere da divanetti, non fazzoletti per consolare le vecchiette, non “cioccolatini” per persone affette da deficienza, da tonteria, da una visione buggerante del mondo. Sì, non ho inventato io il termine tonteria, sebbene il wostro word vi darà errore, esiste eccome… significa alloccaggine, scemenza, idiozia. E questa società è piena d’idioti, io vi dico, che si credon geni solo perché guadagnano un mucchio di soldi.

Di mio posso dire che son mezzo squattrinato ma ho talento da vendere. Anche quando voglio dormire per giorni interi e spegnere l’interruttore per anni.

 

 

di Stefano Falotico

La questione Woody Allen: è ancora un regista capace di sorprenderci?


16 Dec

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Su YouTube commento la videorecensione di Francesco Alò, sentenziando nel mio stile provocatorio, al che uno mi “ingiuria”, poi aggiusto il tiro ma lui persevera. Ci appacificheremo? Insomma, la Winslet puntava agli Oscar per questo film ma, dopo la tiepidissima accoglienza da parte della Critica americana, il suo rimarrà un sogno decisamente fatuo. Costui, “inveendomi”, si ostina perentoriamente a ribadire che ad Allen non frega niente delle statuette e se ne sbatte perché è un genio, e come tutti i geni è al di là della cazzata chiamata Oscar. La discussione prosegue, cerco, tento d’indirizzarla verso una giusta prospettiva delle cose ma non se ne viene a capo. Ora, non sono un patito di Allen, sì, ho “bestemmiato”, e sinceramente non è fra i miei dieci registi preferiti della Storia del Cinema, sebbene ne riconosca, o meglio ne riconoscevo, prima che si arrugginisse e appannasse, la geniale maestria, l’umorismo pungente e vivacissimo anche quando è/era terribilmente, “insanabilmente” malinconico, la sapientissima al solito impeccabile direzione dei suoi attori, lo amo, anzi amai, perfino quando fa(ceva) “voluttuosamente” lo stronzo e nelle sue pose anticonformiste s’imbroda(va) e si crogiola(va), sedendosi sugli allori. E non starò certo a passare in rassegna la sua filmografia, perché essa parla magniloquentemente da sé.

La questione è un’altra. Ad Allen frega degli Oscar? Non dobbiamo essere ipocriti. Sebbene possiamo ammettere che gli Oscar siano “solo” uno spettacolone alle volte anche pacchiano, grossolano e che non sempre si premino i film e gli attori più meritevoli, sebbene nomi altisonanti come Kubrick la statuetta non l’abbiano mai vinta, sebbene Orson Welles ne vinse “miseramente” soltanto una come sceneggiatore, sebbene l’Oscar Scorsese l’abbia preso per The Departed, che è il suo film più standardizzato, siamo onesti, a chi non farebbe piacere vincerlo? Lo sa bene Bob De Niro, che si presentò agli Oscar solo per Toro scatenato, quando era convintissimo di vincerlo, e infatti a man bassa lo vinse. Si presentò soltanto un’altra volta, qualche anno fa quando fu candidato come migliore attore non protagonista per Il lato positivo, perché i pronostici alla vigilia lo davano per vincitore, e di merda ci rimase quando sentì pronunciare, al posto suo, quello di Christoph Waltz. Sì, De Niro ha sempre fatto il figlio di puttana. Non andò agli Oscar nemmeno quando ci fu un testa a testa fra il suo Max Cady di Cape Fear e l’Hannibal Lecter de Il silenzio degli innocenti, perché non voleva mostrarsi perdente agli occhi delle telecamere.

Ciò per dire che a tutti frega degli Oscar, che piaccia(no) o meno E, quando sono quasi certi che lo vinceranno, nessuno è mai stato assente alla manifestazione, tranne lo stesso De Niro che lo vinse per il “secondo” Padrino, e non era in platea. Ah ah.

 

Ma a parte questo… Solo una persona non obiettiva e troppo innamorata di Allen può ancora sostenere che molti dei film di Allen degli ultimi quindici anni siano all’altezza dei suoi capolavori del passato. Se poi vogliamo insistere, non sarò certo io a dissuaderlo dalle sue “infatuate” convinzioni.

 

di Stefano Falotico

Nella tetraggine di Bologna, in mezzo all’incantato stupore, si eleva un uomo di estremo candore che il baffo fa a De Niro e, sbeffeggiante, sanamente vive nel suo ne(r)o poeticamente solfeggiante


16 Dec

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Sì, De Niro ha il neo sulla guancia opposta alla mia, come si evince da questa foto che può rivaleggiare di carisma con l’interprete di War with Grandpa.

Molti uomini vivono da mentecatti, io la stima altrui non accatto e spesso in angoli riflessivi mi accantono e abbandono, forse dignitosamente mi abbottono, e in quei cantucci canto da uomo candido. Eppur spesso m’accascio… Sì, mentre la putrescenza avanza, e la putredine è quasi un sinonimo di schifezze, il Falotico viaggia nella sconfinata poesia della sua anima ridente in mezzo agli irredenti. Egli sa come irridere l’uomo medio che mal lo sopporta e, fra una cattiva parola e l’altra che inopinatamente gli vien rivolta in modo rivoltante, singhiozzando borbotta. Con nessuno fa a botte e non va a bottane, eppur è uomo mirabile quanto un bersaglio “facile” in mezzo a maligne cerbottane. Si districa nella realtà con indubbia sfacciataggine e lascia che i vili deprecabilmente lo angarino per rinascere sempre più giovane di loro e, al chiasso di massa, non s’ammassa. E chi lo ammazza? Il suo volto, scolpito e levigato nella roccia, è di bellezza sopraffina, impietrente le donne che lo concupiscono vogliosamente, ed egli, pur ringraziando le loro gentili “offerte”, non se ne svende e fuorvia i corteggiamenti di malaffare, essendo amante impertinente, uomo un po’ di calvizie incipiente eppur ero(t)icamente molto ardente. Forse è uno spaghetto che va gustato al dente, e i suoi sogni ardimentosamente il Falotico addenta. Nella psiche malata di molte gente egli, irriverente, si addentra e, nel bagliore del suo esser giocondamente “invadente”, nell’avventura intrepida della vita non si arrende. Scrittore i cui libri sono in vendita nelle maggiori catene librarie, è delle emozioni un puro libraio e anche un libro aperto. Perché non parla come la carta stampata e sa denudar la sua anima con classe inusitata. Uomo astratto, non certo un comune ratto, alle volte si arrabatta e cammina in ciabatte, eppur schiaccia te, infame blatta, che di olezzi ripugnanti il suo combattivo spirito vorresti inquinare con illazioni di sporca iniquità d’accatto. Il Falotico è amico anche dei suoi nemici, in quanto uomo sanguigno di caliente onestà ed è un bene nazionale di patria potestà. Conosce, nonostante tutto, la verità e, se qualcuno oserà nel volerlo corrompere, il Falotico con sfrontatezza lo sfiderà e poi lo umilierà, al bastardo, sì, ben solo gli sta. Forse ci stava “gli starà” ma non faceva rima, ah ah. In quanto Falotico è uomo testardo che ha alle sue frecce molti dardi e di solarità, anche giustamente cupa, nell’oscurità dardeggia poiché uomo che talvolta anche cazzeggia. Se lo può permettere in quanto splendido joker dallo sguardo vero come il miglior De Niro poliedrico. Fra beffatori e malfattori, il suo baffo alleva ed è indubbio che, come Bob, sia uomo di mastodontica bravura, contro ogni cattura, iattura e falsa, bugiarda congettura. Il Falotico non ama gli amori alla marmellata di mielosa confettura ma è romantico di gran statura. Alle volte soffre e abbisogna che alle sue ferite vengano “elargiti” punti di “sutura”, eppur è uomo che va nella vita come gli “tira” e, nonostante qualche capello in meno e qualche chilo in più, è sempre piacente di ottima acconciatura. Il Falotico non ha bisogno nella sua anima di alcuna accomodatura ed essendo intellettuale si pone molte domande e con le banalità non è accomodante. Non voglio il De Niro scomodare ma il paragone è alquanto allettante.

Adesso, dopo queste filastrocche, auguro buon sabato alle gnocche e faccio l’occhiolino agli allocchi. Poi mangerò gli gnocchi e, dopo aver digerito, scrocchierò le nocche.

D’altronde sono delle veraci emozioni un nocchiere, ah ah, e ricordate: il genio va di notte in mezzo ai cretini col cervello rotto.

Ah, battiamo le mani e suoniamo le nacchere, dai, bella sgnacchera!

 

di Stefano Falotico

Paul Thomas Anderson è il miglior regista del mondo? Un articolo che mi ha sconvolto, per quanto “qualcosa” possa ancora sconvolgermi


14 Dec

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Ebbene, su un sito chiamato The Vision, appare un articolo che non linko perché è capace che, dopo mille ingiurie che riceverà, forse, il suo autore farà pesante autocritica e lo cancellerà.

Non oso obiettare in materia di gusti cinematografici e neppure passare alle offese. Che Paul Thomas Anderson sia un grande regista, credo, sia cosa indubbia. Anche se io dubito che non abbia mai “sbagliato” un film. D’altronde, a me non piacciono i registi perfetti, quelli senza macchie, quelli che hanno sempre realizzato incontestabili capolavori. E, invero, secondo me Anderson ha girato grandi film, niente da dire, ma al momento nessun capolavoro assoluto. Ora, inveirete contro di me, sostenendo che Il Petroliere lo è. E io invece, non per far il bastian contrario ma perché la penso come lui, accordandomi a “qualcuno” che ebbe lo sfacciato coraggio di assegnargli solo due stellette, affermando che senza la prova di Day-Lewis il film non sarebbe così appassionante, certo, ne riconosco gli indubitabili pregi, la cura formale ai limiti del maniacale, l’atmosfera rarefatta d’altri tempi, un senso godibilissimo della malinconia più pregiata, il gioco attoriale seducente e perfino magnetico, la scarna essenzialità dello stile, a tratti quasi minimalista eppur accorata e sentita, ma fatico a definirlo un capolavoro. Vi sono anche delle pecche ma è un parere personale…

Non è questo il punto. Ognuno ha in auge l’Anderson che più gli va a genio, e certamente i pareri saranno dei più controversi all’uscita nelle sale italiane de Il filo nascosto.

Il punto è: perché per lodare ed elevar in trono un regista bisogna sacrificarne altri, addirittura denigrarli e allestire questi tristi, plebiscitari giochini su migliore e peggiore?

Al che leggo, inorridito, una boiata tremenda. Che lo Scorsese di The Irishman, assolutamente, non potrà essere quello magnifico di Quei bravi ragazzi. E che i “pestaggi collerici” di De Niro e Joe Pesci, da goodfellas, oggi che hanno più di settant’anni, non potranno essere gli stessi perché De Niro è (queste le sue testuali parole) la maschera sbiadita dell’attore che fu. E che lo sceneggiatore del nuovo lavoro di Scorsese (che è Steven Zaillian, sceneggiatore di Schindler’s List e autore di quel capodopera che è The Night Of) non può reggere il confronto con Nicholas Pileggi.

L’articolista va a parare, come i cavoli a merenda, anche su Spielberg, sul quale non ha tutti i torti ma l’arroganza con cui argomenta puzza lontano un miglio di boria, la boria più fintamente aristocratica e snob. E mi fermo qui per rispetto comunque della sua discutibilissima “opinione”.

Insomma, un’agiografia su Anderson, che sta in piedi a fatica. Smerdando chi non merita di essere trattato in questo modo cinico e, diciamolo, superficiale.

 

E rimembro nel pen(s)ar della mia stramba vita, pensando che sono cambiato ma forse neppure tanto. Tale già ero eppur, imbattendomi per strade contorte, il mio ondeggiante assaporar la vita alla Magnolia mi ha reso un uomo che, avendo memoria del passato, guarda con più discrezione al presente, ed è oculato prima di spararle grosse.

Sono un sarto amorevole, amante della verità.

E mi innamoro forse di donne estremamente piacenti come un film di Anderson ma che non hanno la verace sensualità di Scorsese.

 

di Stefano Falotico

La vita è un continuo allenamento, allentamento, arenamento, arenazione, alienazione ed è fatta di allitterazioni, fate buone ma anche cattive azioni


14 Dec

01077001 shine_splash 02337218In questo giovedì opaco, mi sento un menestrello e allora la mia vita passo al “rastrello”. Sì, va rassettata, anche di nuove, vigorose emozioni agitata, va persino sciupata, sì, debbo consumarmi nella massa al fine di elevarmi, addivenendo che essa volgarmente mente alla bellezza e preferirà sempre un cinepanettone alle mie poesie “incomprensibili”. In questo dubbio perenne, che m’angoscia da decenni, soffoco nel solito strozzarmi eppur a gran parte della società non mi “sterilizzo”. Sì, voglio conservare le mie piccole “sporcizie” che mi rendono umano e voglio gravitar di sguardo godereccio e peccaminoso nel suo cul basculante che, in tal scosceso scosciare, affatto mi scoccia e di ormoni risboccio, castigando alla sua vista qualcosa di “sboccato” che in verità, vi dico, vorrebbe lietamente “imboccarsi” nel (di)venir enfiato, enfaticamente posso asserire, anche se spero solo di “inserirlo”, che i miei occhi, a perdifiato, fan sì che quasi un infarto mi colga in tal ammirarla sognando con lei di “tirarcela”.

E in tal delirio piccantello soffro di arenazione, termine desueto e raro quanto il mio “concretizzarlo”, che significa infatti sabbiatura. Sì, lei dovrebbe “insabbiarmelo”, sì, un’arenazione di vera “permeazione”. E nel “permearmelo” diverrebbe goduto, fottuto vuoto pneumatico… non fa rima ma allittera di sonorità che, nella congiunzione delle nostre lune, mi auguro non di traverso, perché altrimenti potrebbe “spezzarmelo”, fa sì che in due meglio si fa. Anche sul sofà…

Eppur di queste donne ne son stufo e preferisco cucinarmi da solo lo stufato. Ah, vogliono solo che le stantuffi ma poi io ficco e di eiaculazione precoce fa pluf, in un onomatopeico flop come Waterworld con Costner.

Sì, lo so, esagero e tante cazzate racconto ma fa parte del mio esser poco avvezzo alle ben più dure inculate che spesso mi date. Non son uomo vizioso ma uomo sfizioso che va gustato con letizia e anche con Domizia, ah, Domizia, donna che lo rende rizzo e, da cavallerizzo, va il su e giù del prenderla in modo “frizzante”.

Sì, uomini, allenatevi quando la vita vi ammoscia, nel sesso la tensione allenterete come sull’altalena e nel movimento lento dovrete accelerare poi con “stile(ttate)” da campioni di …azzo, no, di razza.

Non arenatevi se lei vi piglierà per le “corna”, perdonatela e aspettate che un’altra sia a voi puramente donata… Anche impudicamente sdraiata.

E “doratevene”, adorandovi!

Sono un uomo che ama le cos(c)e bone… cari buo(n)i a nulla.

 

Forza, al lavoro! Sudate, sudate!

 

 

di Stefano Falotico

In questa ruota delle meraviglie, ci sta stroncare Allen, e io respiro profumo di me


14 Dec

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Giornate insonni oppure, “abbrustolite” da tanti pensieri alla rinfusa, nel guazzabuglio mio empatico, mi scopro ancora una volta apatico, e disdegno il nuovo film di Allen, concordando con Alò di Bad Taste che, senza mezzi termini, lo stronca platealmente. La Winslet sognava l’Oscar ma la Critica americana la “ingiuriò” e basta vedere le candidature ai Golden Globe e agli Screen Actors per rendersi conto che le sue sono speranze fatue come questa pellicola che molti italiani hanno già amato, perché guai a contestare il Maestro. L’Italia ha sempre sofferto di timori reverenziali e non sa oramai più discernere fra bello e brutto, fra compiuto e irrisolto, fra pasticciacci e opere che scambia per geniali svisceramenti di autori sopravvalutati. In questo “squittire” di opinionisti dell’ultima ora, in cui tutti si accapigliano per dire la loro, in quest’epoca di tuttologi del web, ecco che i pareri sono controversi, persino “convessi”, accentrati sui propri mal di pancia solipsistici, la gente si rende “concava” e, anchilosata da frustrazioni quotidiane, ecco che “smanaccia”, alza la voce nel chiasso isterico del volersi “elevare”. Chiunque, anche il fruttivendolo analfabeta, vuole esprimersi in materia di Cinema ed ecco che, dopo la visione “alleniana”, gocce di commozione lustrano i suoi occhi impolverati da una vita schiacciata, che mai mise a “frutto” il “coacervo” di sue idee insensate, e dissenna vagabondo e anche cogitabondo, abbracciando gli altri spettatori in un “ecumenismo” buonista che gioisce terribilmente della “levità” di questo film agro e amarognolo di Allen, che pare dirci che la vita è una merda ma dobbiamo apprezzarla nella “lietezza” dei piccoli istanti anche turbolenti, che dobbiamo giocoforza fustigarci, soffrire, urlare, dimenarci come pazzi per addivenire alla bellezza del mondo. Insomma, una poetica abbastanza deprimente che mal si sposa con la mia visione romanticamente cinica, freneticamente contemplativa del sapermi già vivo senza che qualcuno, con le sue prediche “artistiche”, mi voglia irretire a quella che potremmo definire una sofferenza del godimento, la catarsi dopo tanto mare in burrasca.

Al che, leggiadro, senza dare nell’occhio osservo le gambe di una donna al bar, sognando di essere la sua schiuma del cappuccino che, dolce e sinuosa, s’infila nel suo “interstizio labiale”, quella corpulenta materia appiccicaticcia e “densa”, penetrante nella sua lingua delicata e soffice nel mescersi alle nostre papille gustative al fiorir della sera rossa come la sua voglia incendiaria. Rosso/a di sera e bel tempo si spera. Un tempo di “ritmo” andante con moto, saltellante e sussultante, galoppante e “infervorante”, focosamente “liquidante”. Ah ah.

 

Al che, sempre stamane, chissà perché rileggo il mio libro Hollywood bianca e inevitabilmente capisco di essere un genio. Un po’ del cazzo ma avercene…

Un uomo avvoltolato dentro un camice di marmo, faglia bluastra che spacca la luce come il nevischio dentro la nebbia del mattino, quando le rondini volano alte ma il sonno dell’uomo sobrio non coglie il fruscio del vento. Un uomo venne nel mio sordido locale, aveva l’anima timorata di ap­parir fuori luogo, lui, uomo messianico delle conserve, uomo che compra i vetri che rinchiudono gialle sostanze liofilizzate, uomo che quando è notte va a dormire per essere in forma il giorno dopo, uomo che ascolta una canzone solo per il ritmo e poi riparte verso un ripostiglio buio in cui si alleva la polvere delle scarpe ferme, verso il lido decadente di un mare che ha perso il blu cobalto.

 

 

di Stefano Falotico

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