De Sando, nato a Pizzo Calabro, uomo dai denti storti che cura il suo diaframma prestando le corde vocali ad attori di livello internazionale. Come tutti sanno, è oramai da anni la voce ufficiale di De Niro e, dopo l’esordio in Mission, alternandosi a Ferruccio Amendola, prima che quest’ultimo morisse, si è oramai impossessato di Bob, con buona pace dei suoi detrattori, che sostengono che non abbia le qualità “sonore” di Ferruccio, più capace di sfumature e di toni meno crespi, duri. De Sando non ci sta e ribadisce che lui e De Niro sono una “musica” sola. E continua a doppiarlo, regalandoci “performance” calde, pastose, innestate appunto sulla sua voce roca, tosta, perfino “permalosa”, sfumata fra la meridionalità verace, aggiustata e ammorbidita dalla perfetta dizione, e “squilli di tromba” per le nostre trombette di Eustachio. Sì, il condotto che collega l’orecchio medio alla faringe. A proposito di medietà e non mediocrità, De Sando ha doppiato un’infinità di attori grandiosi e non solo famosissimi. Una voce anche caratteristica, di carattere e un po’ di catarro, per enormi caratteristi. Spesso è stato la voce anche di John Goodman, “livellando” il suo grasso in melodie cangianti della sua gola secca, “smagrita” in “pentagrammi” fatti di la, esclamazioni forti, un diapason vivente che dà gusto alla parola recitata, animata, articolata nella bocca.
Non sempre piace De Sando, ma a me sì. Specie quando nel bistrattato Sfida senza regole accent(u)a così tanto il doppiaggio da rendere De Niro, in alcuni passaggi, un vero detective del mercato ortofrutticolo, ah ah, che sbraita, “latra”, iroso s’incazza e spara “gutturalmente” cazzate immonde.
Così, in “dicotomia” con De Sando, “passo in rassegna” la mia voce, che negli ultimi anni sta riscuotendo successo. Una voce “peculiare”, ancor difettosa in alcuni punti “critici”, rilassata quando mi sveglio alla mattina con l’anima di un gallo gaio, triste e malinconica quando bevo i caffè amari delle mie disperazioni. E si fa incarnata piaggeria, rimembrante la grande bellezza di Toni Servillo.
Ma è una voce che adopero per salvarmi dal caos di massa, per chiedere altro zucchero di canna alla barista nel mio porgerle un occhiolino “ammiccante” di sonorità che possan far sì che lei mi carezzi la mano con far poco equivocante. Sì, le bariste conoscono il mio “cliente” furbastro e vengono compiaciute dalla sobria gentilezza del mio diaframmatico “respirar” loro senza bavaglino. Ah ah. Una voce che sa farsi voler bene e poi sbanda in urla glaciali, spaventando anche me stesso nei momenti in cui vorrei solo un cagnolino accompagnante il mio volpino.
Siate come De Sando, non fate i finti santi. Dio santo! Siate voci “ficcanti”.
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