La storia, da non confondere con Troia, sebbene i canti omerici nell’Iliade parlarono di cavalli con dentro uomini con la grinta di un toro…
Mattina altera, forse alterata, di me come sempre affabile nel traffico cittadino, poco pingue perché poche macchine vidi, sebbene un extracomunitario, cantandosela, vendeva il Resto del Carlino a un semaforo di colore… rosso come la sua pelle, al verde come il suo stipendio, giallo come i peggiori film di Dario Argento. Argenteo, poi mi diressi verso il solito bar, ove trangugiai una colazione “raffinata” a base di brioche salata parimenti proporzionale alla mia “dolcezza”, e di un cappuccino più “pio” dei monaci francescani. Riprendendo quindi a girare. Sapete, spesso mi girano e divengo in quegli attimi fatali come Attila, flagellando il mio (D)io a base di ire sgommanti come i tir della Domenica. Quindi, in un altro bar, allo “scader” di un caffè amaro come il mare d’inverno di una canzone rifatta più volte come Silvio, meditai su questo film, Loro, ove l’accento va posto nel modo più consono alla ricchezza italica della nostra Lingua vorace, forse solo verace come le cozze napoletane nella gola “profonda” di un uomo non partenopeo che tifa Milan. Sì, rincasai e mi “posizionai” appunto nella mia cas(c)ina, ove, quando sono triste, masturbatorio mi do al cul(t)o dell’osservanza di belle coscine. Facendo su e giù in stato “down” della mia dignità. La dignità! Da quando il Capitale ha preso podere, no, potere nelle testicolari teste di cazzo degli italiani, il lavoro “utile”, non umile, è divenuto una priorità. L’uomo invece deve venire e darsi alla creatività, altrimenti diviene svenevole. Donne, venite a me, urlava Berlusconi, uno che ne circuì parecchie, per il suo uccello liftato che ne gioiva, giovava, erano molto giovani. Io mi arrangio, arranco, non seguo il branco, sebbene abbia molto amato Marlon Brando. Sono un selvaggio, cari bulli e pupe.
Sono un ricco nell’anima, povero in canna, ma non fumo neanche le canne. Berlusconi, invece, a ottanta “ani” tira ancora di brutto, ma si crede bello.
di Stefano Falotico
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