Sì, ho fatto un sogno strano. Ho sognato che nel soggiorno, di notte, venissero a visitarmi dei cagnolini, tutti bardati e “sbadati” a festa. Si cibavano di pranzetti che, da dietro il televisore, spuntavano. Rosicchiavano, spolpavano le ossa, carpendo il midollo spinale della mia predisposizione alla bontà, non al buonismo. Mentre in Corea del Nord si annunciano bombe atomiche, a Bologna ieri piovve, di tuoni tonitruanti peggiori delle calamità “artificiali”. Ma, tornando al sogno, esso poi svoltò favolistico in una dimensione colorata in cui i cani scomparivano e mi trovavo in un viale alberato, “oscuro” come la selva di Dante, in cui Silvia di Leopardi mi accompagnava alla ricerca di conigli giganteschi. E, svegliandomi, mi venne in mente Richard Gere. Uomo oggi attempato a cui però le donne vorrebbero ancora “attentare”, leccando la sua capigliatura brizzolata per rinascite “pasquali” degne del settantenne ingrigito eppur ancor fascinoso che Gere è in baldanza del suo sessappiglio col dopobarba sensibile del borghese anomalo, piccante di sguardo “pruriginoso” nella Cindy Crawford sua che fu. Esce The Dinner e le recensioni americane ne parlano come di una stronzata colossale, sesquipedale. Di mio, so che stamane ho bevuto un cappuccino e poi il caffè, ammirando le cosce di una vecchia che conosce l’odore del tempo e sa che le sue “uova” non sono più quelle di una volta in cui, anche lei, sognava la lingua del Gere in stati bradi del suo non essere “cristologica”. D’altronde, Gere sarà protagonista di Three Christs. Ogni povero Cristo ha l’agnello che si merita. E quella vecchia al dito, nonostante la morte del marito, porta ancora l’anello mentre le donne “sensuali” sognavano Gianni Agnelli. Sappiatelo, quando il buonismo vi sopraffarà e vorrete tanti farvene al “cioccolato”.
Con questa stronzata, vi lascio mangiare.
Siate Norman, non normali.
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