Sì, giunge la Domenica e i (mis)credenti vanno a messa, pregando che iddio li grazi nell’ascensione dei loro peccati ven(i)ali. E io invece, abbuffandomi da goloso, “svengo” in piatti di ziti al sugo immersi nel parmigiano, solleticando poi delle patate, anche femminili, fra una portata e le fragoline “addomesticate” nell’amarezza cremosa del mio pasticcino vivente. Impazzano sulla rete donne dal degrado mentale che prendono a “sberle” quattro fessi la cui saliva, desiderosa di leccatine “spugnose”, cola a picco di ormoni che non sanno invece alimentarsi nel cibo veramente afrodisiaco, quello del “tiramisù” col mascarpone sciolto per la futura, “digestiva” sciolta. La “cantante” Levante, a cui frega niente di niente, sciorina il suo lamento cagnesco come una massaia lavatrice del bagno isterico della sua psicosi da frigida, e il mondo segue questa scem(enz)a collettiva, “accollandosi” i colon fradici di quest’umanità schifosa. Io, prima di cagarla, vado al bar(o) delle mie ansie, ingurgitando ancora caffè nella lietezza del mio stomaco (ri)bollente, caldo come una macchina alle prime albe del tramonto dei miei sogni affogati nell’essere permaloso del mio cor(e).
Questa è poesia, questo invece è un piatto di maccheroni, buoni al ragù della mia superiorità non solo gastronomica, ma gastrointestinale del mio farmi i fegatini miei. Come un gatto, come un cane, come un maialino. È presto per farsi mangiare dal lupo Ezechiele. Sappiatelo, porcelli.
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