Quel film che passeggia cheto nella mia memoria e, dagli anfratti “irresistibili” di una coscienza mia però mai acchetatasi, ticchetta tambureggiando nel ripristinarmi giustamente “disadattato”, così come si confà alla mia anima angelica da san(t)o bevitore che non deglutirà neppur sotto sforzo le intestina d’una società che saviamente ripudio e, dal podio di questa belligeranza ostile ai buonismi, si eleva a giudice inappellabile che sfodera la sua ira funesta e la sua arroganza non mesta. Li vedo uscire da università del “pen(s)ar bene”, incravattati già come sono a una socialità “progressista” che puzza anche di sessismo, del solito “fiero” e ferreo maschilismo “produttivo”, ove le donne si “laureeranno” in attività pedagogiche, vuoi la lor innata indole materna insanabile che le costringe sin dai primi vagiti e respiri a sentirsi educatrici, vuoi l’uomo che le incatena al ruolo di eterne mamme. I maschi camminano impettiti, già proiettati al sentirsi figli del reddito capitalista, uomini laboriosi nel coacervo di pretenziosità a me stantie, che puzzano di gente “buona” a darti dei consigli e, se te ne ritrai, a trattarti da coniglio. Sì, io fuggo e sempre li rifuggirò, contento e dunque tristissimo dell’aver preso consapevolezza di quest’agghiacciante condizione (dis)umana, remoto dalla catena di montaggio dei giorni “lavorativi” e poi delle feste per ubriacarsi e riempirsi la panza di stronz(ay)e. Sì, sono oltre che misantropo, misogino convinto di acutezza insostenibile, vivo di solitudine maestosa, l’impero della mia mente fantastica e, “fanatico”, farlocco aguzzo il mio cerv(ell)o per starmene sempre più solo, al soldo di nessuno. Padrone della mia ossessione per De Niro, sperando azzecchi un ruolo ancor di gran delfino, no scusate, destino. E son sempre desto in questo “dormiveglia” che guarda con disprezzo la pornografia e alla carne sostituisce la mia “malattia metafisica”. Un po’ oltre, un po’ sottoterra. Ma tanto creperemo tutti. E anche il muro della tua cas(t)a ha già delle visibili crepe. Sopra la panca la capra campa, sotto la panca la mia capra, se creperà, sarà perché non amo gli espiatori capri. Non voglio dar la colpa a chicchessia. Abbasso anche la chiesa con le sue penitenze. Non l’avete capita? D’altronde, io sono incompreso. E mi auguro di non finire come quelli che prendono le fesse, no scusate, le compresse. Sì, si reprimono, cari depressi.
di Stefano Falotico
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