Mentre impazzano gli Europei e attendendo la disfida fra la nostra maccheronica Italia e la teutonica Germania di Sabato prossimo, oggi, in Estate oramai inoltrata, ripropongo questo mio vecchioRacconto di Natale, sapendo già che vi piacque e sempre vi piacerà.
Archive for June, 2016
Bud Spencer, un addio poetico
Lo sostengo a voce “inascoltata” ma nel mio cuore “auscultata”, son sempre stato uno strenuo difensore del Cinema popolare, e dunque la perdita, nonostante la “veneranda” età, di Bud mi commuove.
Poiché rievoco nel mio “vegliardo”, sveglio core i tempi (non) andati d’una spassionata infanzia quando si rideva per un cazzo(tto) e ci si lasciava trasportare da angeli che mangiano fagioli e da Terence Hill con le sue provocazioni. Chi trova un amico trova un tesoro e io sono amico, come Spencer, di queste avventure veraci, di “spaghettate” a base di pugni, di questo Cinema “basso” e “facilone”, di questo Cinema sentimentale-infantilistico e scacciapen(sier)i, oh sì, sissignori/e. Altrimenti c’arrabbiamo!
Nella mia visione “buddistica” e animistica della vita, io sto con gli ippopotami ma non mi dichiaro un animalista, nonostante abbia “amato” questo bestione, in fondo era un Bomber e Lo chiamavano Bulldozer. Sono figlio dei suoi film degli anni ottanta e mi sento alien(at)o da questa pigra generazione che si trastulla nella noia. Sono, come lui, uno sceriffo molto terrestre e chissà perché capitano tutte a me.
Bud possedeva la robustezza “malinconica” di chi nella vita poteva fare il massimo pugilatore e alla triste serietà d’un mondo, che oggi esalta Christopher Nolan coi suoi cervellotici giocattoloni, io preferirò nostalgicamente sempre la sua maestosa serenità. Basta che lassù non lo fa(re)te incazzare, se no son botte. Non so se di Natale o Lo chiamavano Trinità.
di Stefano Falotico
Lo statista aspettato: come, à la De Niro, (s)fottei una signorina “tu mi stufi” alla Hathaway, ridendo poi da Dracula/Oldman
Non avendo un cazzo da fare tutto il giorno, compreso il mio, che da tempo non “pilucco”, stasera verso le “calende” ho provocato “gratuitamente” una donna su Twitter, “confutando” la sua scrittura a mio avviso “sgrammaticata” e poco italian(izzat)a.
Sì, secondo me non si scrive à la ma alla, for example si dice un neo alla De Niro e non à la Bob.
Lei, essendo io intervenuto in modo rozzo e molto informatico, m’accusò di essere ignorante e poco “informato” riguardo le espressioni francese ereditate dal nostro linguaggio “parlato”, webwriterizzato.
Infatti, con tanto di “cornice”, si permette di dedicarmi circa tre minuti netti della sua vita in(f)etta per “crittografarmi” in un retweet. Con far astioso, quantomeno permaloso, osò provocarmi a sua (s)volta, “abbellendo” la bacheca di questa sua “uscita” che si crede(tte) intelligentona.
Ecco, io, in tutta (ris)posta, “glielo” posi in maniera altrettanto irriverente, e partì la chat “scontrosa” e scont(r)ata:
– Ora che rispondi, babbeo?
– Ho sempre sostenuto che, a proposito di Barbara, è sempre meglio per gli uomini “viaggiare” a dorso di mule…
– Bella battuta.
– No, è una battona. Sono un genio. Credo sia inconfutabile. Non lo confuti. Non obietti, non si dimostri abietta, sii/a obiettiva.
– Bel gioco di parole ma sei un mentecatto.
– Ah, pensavo di poter “mendicare” nella tua gatta.
– Anche volgare. Scrittore dei miei baffi!!!
– Dei miei stivali, semmai. Come il gatto della fava, no, scusa della fiaba.
Stringi stingendomi, codesta non me la diede e io rimango alla De Niro di Taxi Driver con l’inconveniente di essere poco adatto al mondo, in stile bambina di Danny Collins, e qui c’entra Pacino, con l’uccello di Cannavale Bobby. Ché credo sia notevole come i suoi occhi strabici.
E me la rodo, no, rido alla Dracula di Coppola.
Firmato il Genius
De Niro in The War with Grandpa
A quanto pare, prima di The Irishman di Scorsese, Robert De Niro girerà questa commedia per ragazzi,The War with Grandpa, le cui riprese inizieranno a brevissimo.
La pellicola sarà basata sull’omonima novella di Robert Kimmel Smith e sarà diretta dal regista “per l’infanzia” Tim Hill, colui che ha diretto Alvin Superstar.
La trama è alquanto spassosa e bizzarra e, come nel libro, sarà incentrata su un ragazzino diviso tra l’affetto per il nonno e per la sua camera da letto… O meglio, quando la nonna muore, il nonno va a vivere a casa del ragazzo, non potendo “trasferirsi” sull’attico a causa di una gamba malandata e vista l’età. Il ragazzo però non “ci sta” e scatena col nonno una vera e propria “battaglia” per la conquista del suo “dominio”, mettendo in atto scherzi sempre più terribili però prontamente ribattuti dal nonno super arzillo e ancora in forma.
The War with Grandpa sarà scritto da Matt Ember e Tom Astle.
Un’altra incursione per De Niro nella commedia dopo il recentissimo e discusso Nonno scatenato, il cui titolo originale, Dirty Grandpa, assomigliava tanto a questo.
di Stefano Falotico
Molte persone mi contestano ma, con De Niro, ho testa. E questa mia bambinata (non) fa testo, eppur tesoro sono.
True Detective 3?
Opinione lunga, “prolissa” all’insegna, anche Pino Insegno, del pessimismo
Io mi considero una persona realista, ma in termini filosofici sono quello che definiresti un pessimista.
Non vedo molte prospettive perché si realizzi e concretizzi, “pragmaticamente”, una terza stagione seriale-antologica.
Questa serie, specie la prima, ha inaugurato e fatto esplodere un “feroce” fenomeno di costume ove the man is the cruelest animal. Scatenando, immediatamente, deflagranti processi d’identificazione fra personaggi e spettatori. Ecco che allora la persona “traumatizzata” da una vita resiliente crede(tte) di essere Rust Cohle, vivendo “pienamente” nel suo an(s)imo le virtuose “par(ab)ole” di McConaughey, pronunciate nelle sue interiora con viscerale auto-sbudellamento d’una sua vi(t)a funestata da problematiche irreversibili. Il ragazzo di questa generazione maleodorante e putrescente si rispecchiò nel “corpus” non solo attoriale di Rust, condividendo, anche su Facebook, le sue “folli” dissertazioni sulla società “carnivora” e tritatutto, in quanto annichilito dalla sua tardo-adolescenza ancor purtroppo acerba e accidiosa, negativa e in totale, perenne contestazione con un mondo che lo “decotenstualizza” dal godimento. Il “nerd” medio delle sue illazioni buttate al vento, perso nel marasma proprio del suo essere (a)socialmente asmatico e poco amato. Vive di allucinazioni, di deliri, di nottate insonni, di crocefissi appesi alla sua caduca (r)esistenza irrespirabile.
Credo che la coscienza umana sia un tragico passo falso dell’evoluzione. Siamo troppo consapevoli di noi stessi. La natura ha creato un aspetto della natura separato da se stessa. Siamo creature che non dovrebbero esistere… per le leggi della natura.
È di questo che sto parlando, è questo che intendo quando parlo del tempo e della morte e della futilità. CI sono considerazioni più ampie all’opera… principalmente l’idea di quello che ci è dovuto in quanto società per le nostre reciproche illusioni. Li guardi negli occhi anche in una foto, non ha importanza se siano vivi o morti, puoi comunque leggerli e sai cosa capisci? Che loro l’hanno colta. Non subito ma, proprio lì all’ultimo istante, un sollievo inequivocabile. Certo erano spaventati e poi hanno visto per la prima volta quanto fosse facile lasciarsi andare. L’hanno visto in quell’ultimo nanosecondo. Hanno visto quello che erano, che noi, ognuno di noi, in tutto questo grande dramma, non è mai stato altro che un cumulo di presunzione ed ottusa volontà e allora poi lasciarti andare, alla fine non devi aggrapparti così forte per capire che tutta la tua vita, tutto il tuo amore, il tuo odio, la tua memoria, il tuo dolore erano la stessa cosa, erano semplicemente un sogno, un sogno che si è svolto in una stanza sprangata e grazie al quale hai pensato di essere una persona.
Banalità fatte passare per genialità da un Pizzolatto al “fulmicotone”, imbrigliato da una stagione successiva deludente, ove il nerd ecco che (non) s’identificò in Ray Velcoro/Colin Farrell, trasognando la sua disperazione nel “pub(e)” serale, con una canzone amara in sottofondo e una faccia da pesce lesso “drogato”. Vero “hard boiled” d’una vita “noir”.
Perché mai dovremmo sperare in True Detective 3? Per altri fe(ga)ti tristi?
Ma che “bella cosa” che ho scritto, illuminante. No, questa è Carcosa…
di Stefano Falotico