Formula che vince non si cambia. Questo è il motto di David O. Russell che, dopo lo straordinario successo de Il lato positivo, costruisce i suoi film rispettando fedelmente i punti fondamentali dell’adattamento dell’opera diMatthew Quick. Tornano infatti una storia sui generis, un cast d’eccezione guidato da Jennifer Lawrence e composto da Bradley Cooper, Robert De Niro, Virginia Madsen e Isabella Rossellini e un’America che profuma di soap-opera; punti di forza che, indiscutibilmente, rendono Joy uno dei film più apprezzati e criticati dell’anno. Il motivo è David O’ Russell, uno dei pochissimi autori ad aver trovato la strategia per costruire il perfetto “film da Oscar”. Quello che si può criticare a Joy è infatti la furbizia che lo contraddistingue perché pochi film possono permettersi di annoverare tanti aspetti vincenti tutti insieme. Partendo dalla trama, semplice e accattivante, Joyincuriosisce lo spettatore raccontando la storia di Joy Mangano (Jennifer Lawrence), una brillante mamma single costretta a reprimere il suo talento creativo per badare a due figli, un marito pigro, un padre egoista e una madre con problemi di dipendenza da tv. L’unica che crede in lei è la nonna che, sin da bambina, la incoraggia a realizzare i suoi sogni. Ma la strada per il successo è lunga e, perfino una invenzione rivoluzionaria come quella del mocio auto-strizzante, può fallire se la tua famiglia non crede in te e le società rivali cercano di rubarti l’idea.
Caratterizzata da un’atmosfera sognante, una colonna sonora divertente e tanti personaggi grotteschi, Joy è una fiaba moderna che racconta una storia straordinaria in un modo tutt’altro che ordinario. Lo humour nero e il cinema dell’assurdo sono infatti le chiavi di lettura scelte da O. Russell per costruire un biopic originale che abbandona la linearità del racconto in nome di una messa in scena che va aldilà della realtà. Il regista di Three Kings, permettendo allo spettatore di perdersi nei bizzarri sogni di Joy, trasforma la vita della protagonista nella soap-opera preferita di sua madre; una situazione costrittiva e opprimente che si scontra con l’ottimismo di Joy, uno degli esempi più interessanti di girl-power degli ultimi venti anni. Inoltre O’Russell, uno dei registi più abili nel rappresentare l’American Way of Life, costruisce nelle interpretazioni, nella gestione degli spazi (tra le sequenze più riuscite c’è il lungo piano sequenza che catapulta Joy sul palcoscenico di una televendita) e nelle scenografie un vero e proprio capolavoro che strizza più volte l’occhio al teatro. E non è tutto. Le straordinarie Virginia Madsen eIsabella Rossellini, nei loro personaggi sui generis, rubano la scena a Jennifer Lawrence che si limita qui ad una interpretazione buona ma che non lascia il segno. Invece il ritmo, l’ironia e le emozioni di questa furba ma efficace opera di O’Russell rendono Joy il tributo perfetto a una donna che ha fatto del coraggio l’arma per diventare una delle imprenditrici più potenti degli Stati Uniti.
di Carlo Andriani
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