Ora, fratelli carissimi della congrega e fanatici delle mie mirabolanti (peripe)zie, donne che mi corteggiano di cor(o), forse “lungo” e forse “cortino”, da oggi è in vendita il mio ultimo capolavoro. Opera d’oro, d’un cuor maestoso, che s’immerse nei pleniluni ludici della sua sazietà spumosa per (ar)ender le lune insaziabili di voluttà, e ben, di pene, vi sta! Ah ah!
Il Falotico intrepido e cavalleggero, con mestizia vagabonda in mezzo agl’immondi, decreta un’altra sua aurea risorsa, risorgendo e non abbeverandosi, “allunghiamo” senz’abbreviarle, alle sorgenti “fiacche” dei vigliacchi carnali che mostran, che mostri, sol le chiappe chiare. Per me, per Lui, cioè me medesimo di persona(lità), la vita non è un p(i)atto di spaghetti né un (a)mar()o, ma un “piano” andante con mo(l)to di spade, poiché v’infilo e, infilzando, della mia nobile mente corazzata e scorrazzante, non come la vostra scoreggiante e scoraggiata, vado avanzando defilato eppur presente-immor(t)ale su caffè schiumosi e fori(eri) di ribalderia gagliarda. Siete desertificati, sfigati, mentre io gusto il dessert. Questa, non quieta, è cos(ci)a bona e g(i)usta. Cari ga(ll)i, mi servo il tè fai da me, auto-pubblicando dirimpetto ai vostri pub(i) e dunque sorseggiando la vostra malasorte, fregandomi le (s)o(r)che. Cari (s)por(ch)i, ecco la mia Excalibur innalzata d’osanna in mia san(t)ità dinanzi allo sfacelo, che gelo, dei vostri “uomini” col gel(ato) sui (ca)pel(l)i. Le donne, le s(c)o(po), vi attizzano e il mio è appunt(it)o… (cavalle)rizzo. Oh, issa(lo).
Esse ululano, che lupe, cari volponi di (v)u(l)ve, e voi, (s)freg(i)ati, “schizzate” e (non) scop(pi)an le risse, talvolta le rosse, anche le mor(t)e. La mortadella, la carne!
Al podio, un uomo senz’inibizioni, che fa buon viso a cattivo drago, essendo Lui stes(s)o un (dr)agone.
Io copulo, non copio, a me la copp(i)a, taglio e inculo.
Cucitevela!
Donna, vai a cuccia in cucina!
Uomo, è scucito, attacca(ti)!
Anal(yze) that. A fette, non abb(a)iate fretta.
di Stefano Falotico