Crollato, esausto?
Giammai, non mi sfiancherete e saran invece vostri i dolori intercostali, ché non accettate il mio stil di vita libertino e marineggiante, volendomi soffocare, a cosa anelate se non a perder, contro di me, di colossal disfatta?
Ora basta! Tonitruante, elevo il grido di battaglia, non infrangerete il mio esser non affranto come voi, ché infatti combattete il prossimo diverso sol per non alleviar il vostro (d)an(n)o, voi, sì, soffrite, e questo mio pezzo includo qui, inculiamoli, scudieri appoggiatemi, non è arrivata la giornata stanca. Tu, non stravaccarti, alzati e cammina, non poltrire! Soprattutto, non pontificare, ché il mio ponte ha visto passar moltitudini di acque sacre, non violarle, innaffiando da putrescente spermatico la tua vita partorita (di) male, di mal di pancia, il mare! Tuffiamoci, uffa!
Pluf, che flop, che flipper di palle sciacquate, scialacquiamoci.
Non mi ammaino, ma mi voglio rammaricare, perché no?
Donna, strappati la gonna, mostra la figa al maschio rampante e siine pianta rampicante. Tu, zoppo, usa quello di mezzo e infil(z)a il coltell’ nella piaga, non piangere, usa la gamba di erezione mastodontica e fai, eccome, cazzate, brulica da b(r)uco scopatore, scoppia, poi ridi, avanti, è un ordine, mie urine!
Orsù, evviva gli orsi, si sfogassero e le foche ingroppino, offrendo loro della grappa, evviva i ca(va)lli al galoppo, glup, bevitela e succhia con charme, senza calma, non (d)osare, devi essere rosso, osé, fottiti, (o)carina.
Ora, rispetta il mio vaffanculo e ingurgitati un caffè. Togliti i cazzi dalla testa e non rompere, altrimenti saran spappolati tuoi coglioni a moltiplicazione del solo che sei.
Crollato, esausto?
Sì, e allora?
Firmato Stefano Falotico