Ho sempre vissuto nella più bella pazzia e questa è bellezza spudorata. L’attimo imperituro, resistente a ogni ricatto, che se la suona e se la canta di gran parsimonia, sfoggiando il pavoneggiarmi che mi rende autoctono, con saltellanti arachidi che danzan nella mia gola dopo il pestaggio della mia lingua insaporente l’asciuttezza dell’ingoiar la delicata frittura della mia scimmia, migliore di tanti uomini per i quali nutro solo il denutrirmene con miserere da dar loro in pasto.
Ex impasticcati oggi “puliti” dopo sedazioni a base di lavande, ex scoreggioni in libera uscita ad evacuar altre stronzate, puttane che furono a baciar le “poesie” di qualche cazzone pronto a servirle e, di “ricevimento”, da me devon prenderselo in culo.
L’attimo vanesio, il cazzo dritto e grullo, il brillo, l’alcol e me ne fotto.
Allora, il Cinema ama quel bicchiere che ti spacco in testa, perché Shining è l’apice d’ogni magnitudo mia labirintica, emozionalmente fra il bambino scappante e l’orco che scopai, inchiappettandolo.
Su Facebook, un idiota si mette in posa e aspetta, trepidando di godimento da voyeur edonista del sé più egoista, peraltro molto auto-erotico di sega mentale, i Mi piace di qualche troietta.
Ma non mi stupisco delle zoccoline, mi rabbrividiscono quei vecchietti, suoi amiconi, che gli scrivon che, se ammiccava di più, ne limonava maggiormente da (di)dietro il PC di questo giochetto erotico, eroico quanto può esserlo un sodomizzato dagli asini suoi (in)fedeli piccini piccini. Porcellini! Rompiamo la porcellana!
Meglio dar da magiare ai piccioni.
E ricordate: il picciotto ti spacca la testa di cocci(o). Perché odia il mondo e tutto. Cari farabutti.
Così è, chi lo sfida, da me, essendo io il piccone, riceverà due di picche ed evviva chi più picchia.
Sì, ho sempre amato provocare. Credo sia stupendo. Vai da uno, che se ne stava be(l)ato e mansueto, e lo stuzzichi solo per il gusto di animare la fauna per poi scatenar la faida.
Allora, giù botte, calci che volano, donne prese per la gonna e sventola(n)te, gozzi recisi, un maritozzo di panna moscia ad allentar la tensione intestinale dei colpi allo stomaco, e un negro che pulisce il casino, cantando con la chitarrina della bambina bianca e poi rossina. Nel trenino di fila indiana.
Perché se la bambina stava in quel bar, non può barare. Non è una bambina. E dunque si becchi da bere, aspettando il turno del toro più da binario lungo.
Da dare, e basta con questi diari! Dai, diamoci.
Spaccare è il motto di chi si è rotto.
Tags: Follia