di Stefano Falotico
Personalmente, associo questi tre capolavori ad altrettanti capolavori musicali, ed è poesia
Prefazione
Ho una strana, stupenda percezione che mi pervade ma, insistente, credo sia quella giusta, cioè la via imboccata d’una ritrovata felicità. Quanto durerà? Ciò non importa, quel che conta è un racconto, e questo è un grande racconto da storyteller puro… come l’alabastro scolpito negli zigomi taglienti di un fabbro con smussature del cuore d’artista e il vento nei polmoni che, ancheggiando nel suo sangue, respira la “pelle” morbida del marmo, lo colpisce duramente, prima non lo scalfisce, un cazzo capisce di quel che è venuto fuori, un pastrocchio, un obbrobrio e poi, con certosina pazienza, egregiamente lo rifà daccapo, solleticando gli angoli affinché possano restaurarsi in ripristinata armonia delle forme. Sì, son grazioso. Grazie, applauso. Anche se non faccio molto per meritarmele… spesso, me le gratto ma vi sto lavorando “duro”.
Generando dal nulla, o meglio dalla rozzezza, una perfezione stilistica che grida al miracolo. Le donne invece fan gli urletti ma non sono affari miei. Anche sì, sì, ancora.
Ebbene, non perdiamoci in chiacchiere, anche se adoro le donne scultoree e decanterei la Monica Bellucci che fu in modo “irreversibile”, tanto che, stupefatta da tanta beltà riflessa, mi bacerebbe nobilmente, (non) dando a vedere ai suoi spasimanti che preferisce maggiormente la mia Gioconda. E ridendocela bellamente, di brutto, con un po’ di burro che facilita la mia anguilla di olive e la sua giuliva grulla, combatteremo l’ipocrisia, mordendola a fasi alterne in un balletto ipnotico d’ansie soggiacenti al cristallino torpore della notte e alle sue meteore fottutamente vampirizzate da uno stellare firmamento con tanto di nostre firme, “in cal(i)ce”, appunto.
Questo racconto s’intitola “L’estate più bella della mia vita”. E non raccontatevela, volendomene suonare. È molto sexy, sì, da morire, fa quasi paura da brivido caldo… e molto effetto doccia fredd(ur)a.
Ieri sera, son stato da un mio amico. All’improvviso, mentre stava giocando a un video-poker, mi fa:
– Stefano, hai mai visto Nove settimane e mezzo? Sai, ho quasi quarant’anni ma non l’ho mai visto. Le ragazze, quando frequentavo ragioneria, me ne parlavano sempre. Ma no, preferii mantenermi “vergine” alla visione.
– Sì, hai fatto bene, anche se non lo so… ti mancano i soldi per il “visone”.
– Cosa non sai? Se ho fatto bene, a quei tempi, a non “sverginarmi” col “dolciume” di quella roba?
Che intendi con visone? La pelliccia o la mia faccia da schiaffi (s)fatta?
– No, potevi essere Mickey Rourke e invece oggi assomigli a Kim Basinger. A volte, la vita va così, non sai che “donna” prenda… Comunque, “visone” sta per faccia da culo. E tu non ne hai avuto molto…
– Che cazzo vuoi dire? A che stai alludendo? Che sono frocio e lo piglio lì e basta?
– No, ma piaci agli uomini. Questo è inevitabile, prendine cosc(i)e(nza, e fattene… una ragione e poi anche qualcuno. Va così, è andata… insomma, dovevi “spingere” in quel frangente. L’attesa, dolcificandoti nella melanconia, t’ha reso melenso ed eppure è meglio una mela oggi che un domani marcio. Quindi marcia e lascia che ti manginino.
– A parte gli scherzi. Di che parla quel film?
– Non parla. C’è uno spogliarello storico verso la metà ma la storia è più semplice che non si può, vorrebbero sposarsi ma si spossano troppo presto. E, alla fine, (si) mollano. Per tutto il film, non aprono bocca ma riempion le loro labbra.
Prendono una sbandata, s’innamorano, scopano come conigli, lei non rimane incinta e non dovrà dunque aspettare nove mesi prima di chiedere il divorzio. Sarà una separazione “amichevole”, che abortisce dopo la durata della settimana del “titolo”.
Tutto qui.
– Un film per ragazzine, dunque?
– Sì, su per giù… Mickey Rourke però continua a eccitar le donne. Sarà il “movimento lento” del tempo che passa eppur ci son sempre le passere. Anche se oggi le sue amanti son le vecchie galline che fanno il brodo. Mickey, oggi, mangia risotto in bianco come alternativa.
Ma, si sa, se questo è un uomo, nella frittata ci vogliono le uova.
– Sai, io non (ti) capisco.
– Mah, è giusto che tu non mi capisca. Ora, posso andare a pisciare? Dov’è il cesso?
– Il cesso sono io.
– Sì, ma speravo in un cesso migliore. Insomma, fai cagare.
Comunque, amico, il film è la storia di una mia re(l)azione… gastrica.
An(n)i fa, m’innamorai di una, ci stava, un po’ resistette, le fui “resistente”. Poi, a lungo andare, m’ammosciò e con lei fui impotente…
Ci salutammo. Io, arrabbiato, la mandai a prenderlo in quel posto. Lei incassò…, io ringraziai da maleducato ma, comunque, è tutto bene quel che finisce male.
Altrimenti, il film non ha quel qualcosa di rude che fa “tosto”, il troppo miele è “zucca” al palato di chi mangia i film vuoti. Come le sceme. Tu però sei scemo. Scemo più scema fa “shampoo”. Ciao.
Ah, dimenticavo. Sei pelato ma ora ho fame. Mi preparerei una pastina. Ci son dei palati per insaporir la salsa?
– Io sono calvo, vuoi ballare?
– No, preferisco far impazzir le donne come la piccante maionese Calvè.
Sì, come racconto è una stronzata.
Ma in fondo la vita è peggio.
Ed è per questo che il Cinema, accoppiato con dell’ottima mus(ic)a, m’ispira di più.
Bando alle ciance e alle gomme da masticare, ecco tre film per tre canzoni. Poi, ordinerò un calzone. Nel senso di pizza “a portafogli?”. No, di pantaloni di velluto per “intascarmele”. Ce la vogliamo dire? Sono un cazzone meraviglioso.
No, nessun film. Scopatevela!