Archive for February, 2014

La famiglia di matt(e)i


16 Feb

In onore impeccabile, persevero nella via maestra ma mai mesta dell’a(r)mato nichilismo traverso, in giusto rachitico di me “buffone” a cor(t)e, nel dilapidare una famiglia di merda, qui i nomi…

Già li denunciai per oltraggio al pudore e mi va di “enumerarli” per filo e per marchio di segno acu(s)t(i)co. Perché è inammissibile che tal vili vivano e voglian anche godersela, dopo esser scelleratamente voluti entrare nella mia anima per “dom(in)arla” a lor frivolezza carnale. Vanno sottilmente, di tal fioretto, ah ah, puniti finemente a sfilettarli.

Non faccio assolutamente ammenda di averli “sbeccati”, anzi, orgoglioso del mio savio peccare, da codesti “fermato” momentaneamente con assurde accuse di mentale infermità, proseguo nell’opera di macellazione, a invertire il lor crimine da pervertiti.

Ecco il cognome, tale famiglia si chiama non lo dico, formata da un patetico pagliaccio che ha “educato” i figli al porco rubare dietro le etichette formali, indirizzandoli alla “virtù” del rizzo cazzo sempre da “pomiciare” con qualche patatina da sforbiciare, reo confesso della sua latente omosessualità da impaurito d’una invero sua sana sessualità mai ammessa.

Sì, si spacciò per giornalista e invece era un messo da messaline, leggasi le prostitute meno frigide della moglie che a stento però riuscivano a spompinarlo, pur “(s)pompandolo” di unte pere ammuffenti il suo uccellin già rinsecchito, rimpicciolito dall’adipe (es)crescente del suo salir di panza e sperar di riuscir a trombare per un (lavor)etto di spruzzatina “piccante” nell’alleviar una vita in sott’aceto già “lì”, ingiallendolo eppur su colorito paonazzo, andata. La consorte, moralista di sottana, intimò i figli ad andar a “brave” puttane, leggasi le ragazzine succhiacazzoncelli loro da quant’è bello il “grunge” e, mungendoli di tal allattamento, crebbero “felici”, non so se cornuti, molto probabilmente fratricidi anche delle zoccole spartendosele, nella valle comunque insanabile d’un nucleo familiare a cui mi prosterno per compatirne le lacrime amare.

Sì, con persone che vollero sbattermi in manicomio, “causa” la mia elevatezza morale, che dei loro troiai se ne fotte bellamente, non belando da “pecorone”, bisogna agire di stessa vendetta arida.

E mi do anche delle arie, scaraventandoli contro il muro se oseranno infrangermi con altro maialesco osé, appunto, da tromboni.

Sentite condoglianze.

Uno della vostra razza? Dio ve ne scampi.

San Valentino è morto!


15 Feb

San Valentino è morto e io, scoccata la mezzanotte, son stato illuminato: “Valentine’s Day” di Springtseen è una canzone per misantropi, come me…

… quindi, ho affisso tale strofa a tutte le scrofe, solfeggiando di peti cosmici nel brindare il mio licantropo, originatosi nel plenilunio da beato alien(at)o, in grazia di Dio che, ricordiamolo, era un figlio di puttana come nessun altro, essendo l’Altissimo fattosi carne incestuosa ma castrata del figlio avuto d’inseminazione “stellare” per la Madonna vostra pregante in rispettoso silenzio. E io dovrei credere a un puttaniere del genere (dis)umano?
Sì, infatti voi siete “credenti” e avete creato la vostra società (s)porca a immagine e somiglianza.
Sapete, ho letto libri a migliaia e viaggiai già oltre la coscienza vostra “ludica” quando ancora giocavo con la tua “bambolina”, strappandole il cuoricino da cagna. Il mio nome è peluche. Quindi, irredento ma diabolicamente ridente, sguaiato accavallo le gambe, mostrando la cerniera aperta in “segno” di “Oh, Cristo, per carità”. Fatevi la via crucis. Molte donne me(n)dicano il mio giovial uccellino canterino ma io faccio del “pene” solo alla mia volontà, inedia disarmante da masturbatorio ars “amandomi”.
Lo uso a maniera d’arnese, appuntito come una baionetta in tempi bellicosi e bello sbandierato “bianco” fra un cioccolato fondente e la merda dell’esser stronzo, in quanto Dio fottendovi al tiramisù.
Ecco la mia par(ab)ola, qui volevo andar a parare. Nel tuo culo. Del tuo parere giudicante, me ne fotto tanto, non sono un santo. Se andrai su tutte le furie, io sono la cur(i)a.
No, nessun miracolo, come potete constatare, anziché rabbonirmi e addolcirmi di zuccherini, baci “affoga(n)ti” e messaggini d’amorucoli…, meglio le rucole e le mie rughe “al pesto” comunque, protendo sempre verso le notti malinconicamente “procaci”, opacizzate dall’aurora dei morti, che siete voi, illusi di viver fra cosce e zanzare.
Io rabbuio, e tu abbaierai, latrando il mio nome, quando ti scannerò di molta bua come un bue. No, non sono un buono, adoro i bovari se, assieme a me, mietono il grano? No, le granate di tale insegnamento: tu, sanguisuga, volesti mungere e d’ora in poi piangerai sul latte versato.
In remissione dei peccati. Sono vomitevole? Può darsi. Ora, m’“inclino” a un tonante tuono di “tromba”, in onore di me, signore d’ogni flatulenza. Meglio dei fetenti.
Sì, sono l’untore e vi scovo, scopatori pusillanimi, sono il refugium peccatorum che v’annusa, vi stana e vi scaccola da ogni lercia sconcezza in quanto io incarnato alla punitrice impudicizia dell’universale pulizia.
Geme(re)te, afflitti dalle vostre ipocrisie, roteando fra pantofole, cuscin(ett)i e telecomandi a mo’ di ammonimento dall’ammazzarvi domesticamente ma io, giammai addomesticato, non esisto e dunque m’infilo “astratto” dentro le lenzuola con far “solleticante” da Nightmare.
Canticchiando tal annunciato leitmotiv in loop, in lupo…

Dicono che se muori nei tuoi sogni
muori davvero nel tuo letto
ma dolcezza, la scorsa notte ho sognato

che i miei occhi si rovesciavano all’indietro

e la luce di Dio giungeva a illuminare tutto
mi sono svegliato nell’oscurità
spaventato e ansimante come un neonato
non era il letto freddo del fiume
che sentivo scorrere sopra di me
non era l’amarezza di un sogno
che non era diventato realtà
non era il vento nei campi grigi
che sentivo passare tra le mie braccia
no, no piccola eri tu
perciò stringimi forte dolcezza
dimmi che sarai per sempre mia
e dimmi che sarai la mia unica Valentina


In verità vi dico che Bruce Springsteen è uno che ha capito tutto. Vi rifilò tale puttan(at)a per parrucchiere da “Uomini e donne”, incassando soldi a “voluttà”, alla facciaccia dei “dott(or)i” che, da “sposati”, van nel fine settimana con l’Escort di Zio Carmine in quel della cascina “oscura” e delle cretine che lo seguono, leccando la ban(d)ana.

Sempre meglio degli U2.

Già, stanotte ho preso la mia macchina e sono andato a “festeggiare”. Entrato nel locale, tutti si son ammutoliti. Perché sapevano che dai baci sarebbero finiti nei loculi.

Io inculo.

Così sia scritto, così siate uccisi.

Parola di nostro Signore, pater noster, qui es incudine.

 

Gary Oldman imita Robert De Niro


13 Feb

Bar no Man


13 Feb

l bar dei Big Jim alla Barbie di lor (no)bili da lavoro ferroviario sul dopobarba

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Sottotitolo e sotto il tavolo:

La se(le)zione ero(t)ica di un uomo anomalo che preferisce il suo cappello “Canguro” ai cazzoni “duri” delle cappelle da mammarie, som(m)ar(i)e s(ed)uzioni da cammelli per le donnone da “Porca la Madonna!”, cioè le marsupiali di salivari ghiandole “avare” soltanto b(u)one per gli insultanti lor “sultani” da Marlboro a sputar nel piatto avido in cui magnano poi da (s)lavare… in “godibilissimo” (c)oro. Uomini di “cuore”, come si suol dire in lor lordante “brindare”. Sì, io sono l’erede di Alighieri Dante, loro se le scolano su alcolisti da Chianti!

Già, ieri sera mi sono inoltrato con la mia macchina, a tarda notte… nuvolosa, quando si dice il serale nottambulo sereno-variabile ficcato nel “posteriore” (u)morale, in quel di un bar frequentato da molte “birre” immorali fra tavoli da biliardo in mezzo alle “palle” dei bari con la bile e l’asta degli amari caffè in burrasca fra sbraitate bestemmie incontenibili nel buttar la cameriera in vacca. Sì, non molto colti ragazzi di barbina incolta con la brillantina per la moglie “barbona” del barista da servir col cazzon schizzante volgarità pesanti d’“apprezzamenti” fra i vecchietti “ridenti” al “cannolo”, goliardicamente gozzoviglianti in pelate talvolta di nere lacche brizzolanti.

Tumefatto da tal “maschi” orrendi di “cremosi cornetti”, ordinai un cappuccino per scremarli col “marrone” del mio star lì come un pesce fuor d’acquoline lor in bocca, sempre sgranocchianti salate “patatine” di “stuzzichini”, e grattandomi compiaciuto il mio “coglione”, preso in mezzo da codesti in maniera “ambidestra”. Anche a manca fra tirchie mance e peli fuori dalla sinistra manica.

Uomini villici davvero di pet(t)o in fuori e panzona villosa a mettermelo dentro in modo pe(rma)loso a lor piazzate di mancino tir(o)!

Al che, “onorato” di tanto mio trovarmi “agiato” fra tal mangioni di cozze e di “Ostrica, ficcala in buca, mica fichi”, uscii, pagando lo scott(at)o con in man lo scont(r)ino del “biscotto”, causa il “contante” del mio esser troppo conte ma non aver previsto l’oste bastardo e la sua “mostarda” di conto.

Intascai dunque il mio ferito orgoglio, su gargarismi di tosse nervosa, asciugata tra la mia fronte da questi spaccata e una sigaretta stronza ma più roca della barista racchia, eppur da tali esemplari molto “corteggiata” all’urlo di “Zoccola da Lavazza, quanto sei gnocca, e ora vogliam gli gnocchi, vaffanculo ai finocchi!”.

Infilai la “chiave” e accesi il motore, gironzolando ai 50 Km all’ora lungo la “superstrada” digerente il mio “multato” per eccesso di nobiltà. Sono un “dirigente”.
“Vincente”, lampeggiante…

E, divorato da una rosicante raucedine, alzai il volume dell’auto(radiografia) su mio coraggioso fegato… canticchiante.

Al che, improvvisamente, sostai in una piazzetta e dal cruscotto tirai fuori una “margherita” di piadina del mio viso alla piastra preso da ta(vo)li di puzza all’aglio nei pizzicotti dell’esser stato “brindato” per pazzo con tanto di lor mozzarella e pizzette alla faccia mia… al motto di “Osteria numero 8, chi lo dà in culo a Gianna, tu o Pinotto?”.

Sì, questa storia mi fa comprendere l’aspetto involutivo, anche “involtini”, della razz(i)a umana di selezione darwiniana.

Se dai di cultura all’umanità, i disumani t’inculano per “ottima” cottura di “qualità”.

Insomma, fai la fine del pollo arrosto? No, della quaglia. E devi prevedere anche il bavaglio.
Insomma, ti rendon pan per focaccia e non gliene frega un cazzo di aver solo la fissa delle figaccione per inumidire il pienotto lor penoso pene.

Cristo lo “prese” fra le dita e lo “spezzò”. Che cenetta di pen(n)a all’arrabbiata!

Poi, disse “Vogliatene e beviamoci sopra”.

Eh, a far del bene… Sì, era anche lui (di)vino…

Quindi, chiudendo(mi) del “lutto”, dopo tal porchette, in mezzo al parchetto, molto di me reso “parco”, riflettei nel pianto al tergicristallo su irreparabile retrovisore del mio gridare allucinato, a vita oramai danneggiata, “Autolavaggio, aiuto, da solo non ce la faccio!”.

Perciò, andai a far un (bi)sognino.

Ah, sì. Dopo che tal “umane” feci mi fecero in gastrite da fave di Fuca, smaltii la lor “fame” di gran cagata di liberat(ori)o “culo”.

Sì, sono un’araba fenice.

“Felice” di tante rabbie alla Moka.

TotoOscar, Leo DiCaprio!


12 Feb

Per la prima volta in (non) vita mia, ho scommesso: la “sesquipedale” cifra di 5 Euro sulla vittoria di DiCaprio! E dunque evviva Leonardo e abbasso “Gravity”, sale la febbre della vittoria di (s)figa

Non scommetto mai, ci tengo a sottolinearlo. Ma stasera sono andato alla SNAI e ho puntato 5 Euro sulla vittoria di DiCaprio (impossibile, dato a 70 e dunque salente in caso di vincita a mettervelo a novanta) e sulla miglior regia di David O. Russell. Vinceranno rispettivamente McConaughey e il Cuarone, ah ah, di Gravity. Ma io ho scommesso apposta. Dovessi miracolosamente azzeccarla, con solo 5 Euro, ne porterei a casa 2250. Azz. E dunque viva Leonardo. Matthew addà perdere! Anche se lo merita.

Comunque, la cassiera è stata una cagacazzi della Madonna. Prima, avevo scommesso anche sul miglior film, sempre American Hustle. Mi strappa però il biglietto, dicendomi che la cifra del possibile incasso sarebbe stata più di diecimila Euro.

Le ho chiesto: – Ah, capisco, è una soglia al di sopra della quale non si può andare, vero?

Mi ha risposto: – No, non ha la (s)faccia(taggine) di uno da 10 mila. Anche perché, non sparga la voce in giro, io la do gratis.

Al che, ho puntato giocoforza solo sulle due opzioni combinanti più potenzialmente fruttuose. Ci sarà rimasta male? Sì, ho ritirato lo scontrino fiscale della “schedina” e lei ha pianto nell’urlo: “Volevo il tuo Oscar fra le mani! Arido, ti coprirò di merda, sogni d’oro, figlio di puttana! Ma perché non me l’hai dato?!”.

Poi, ho origliato la sua telefonata ai membri… dell’Academy: – Cazzo, è entrato uno con la soffiata. Cristo! Ma come ha fatto a sapere chi vincerà per vincere?.

A loro volta le hanno replicato: – Cara, non hai la faccia per uno così. Stai dietro il b(r)ancone e bocca chiusa. Succhia i soldi e basta, bagascia! Vai poi a scopare a terra! Vedrai il Kodak Theatre col binocolo, mignotta!

Evviva Falotico!

  1. 12 anni schiavo (2013)
    Schiavo a chi?
  2. The Wolf of Wall Street (2013)
    Leo fotte.
  3. Gravity (2013)
    Giù, gravità.

 

 

La pronuncia di POI e del sen(n)o


12 Feb

Oggi, ho scoperto che sono io a pronunciare bene POI, con la o chiusa e non aperta.

Sinonimi e Contrari

poi /’pɔi/ (ant. tronc. po’, solo come avv.) [lat. post “dopo”]. – ■ avv. 1. [in un tempo successivo] ≈ appresso, (lett.) dipoi, dopo, in seguito, più tardi, (lett.) poscia, posteriormente, successivamente. ↔ anteriormente, (lett.) dianzi, in precedenza, precedentemente, prima.
Espressioni: prima o poi → □. 2. (estens.) [in secondo luogo: tieni conto p. che è ancora molto giovane] ≈ in aggiunta, inoltre, per di più, tra l’altro. 3. [sempre posposto, con valore conclusivo: è partito p.?] ≈ dunque, infine, insomma, quindi. 4.[con valore avversativo: non è p. un grande affare] ≈ d’altra parte, d’altro canto, d’altronde, del resto. ↔ certamente, senza dubbio, sicuramente. ■ s. m., solo al sing. [il tempo che seguirà: bisogna pensare al p.] ≈ avvenire, domani, futuro. ↔ ieri, passato. □ prima o poi [per significare che in un tempo o in un altro un fatto, un’azione e sim., dovranno comunque accadere] ≈ presto o tardi, una volta o l’altra, un giorno o l’altro.

Il femminismo ha rovinato il Cinema, no!


11 Feb

Il Cinema odierno è stato spazzato via e stuprato dalle “palle” dolci del femminismo castrante, ove i capolavori, sanamente “violenti”, son stati deturpati dal buonismo “carezzevole”

Le donne… La mia non è misoginia, perché adoro levigare la mia mano a “scioglimento” liturgico d’amanuense indurirmi penetrante in cosce strizzanti e accaloranti, baciando lo scroscio ormonale del mio maschio più insuperbito, strangolato d’avvinghiamenti torbidi, lisci e avviluppanti, lupeschi e inebriandomi di soffici, ondose e belle godute pesche del navigar mansueto in notti sguazzanti fr’aromi “levitanti”, eppur le donne hanno rovinato la visione del Cinema, piegandolo alle loro castrazioni da mater catechistiche e di bontà mielosa dalla puzza rotocalco rosa.

Invece, voglio indietro il Cinema sano, scalzo e “maniscalco” dell’età della pietra color oro di quando l’uomo era duro, secco, tagliante d’aceto e sguardo d’accetta.

Come Clint Eastwood, senza evirazioni al suo Munny.

Quali mamme(lle)!

Inside Llewin Davis, evviva De Niro in Pacino Isaac


09 Feb

 

Serata indigesta domenicale, ove devo accendere l’autoradio e prendere contatto, via etere, con urlanti terragne del “cavo” del mio Pioneer, udendone mai intimidite sconcezze a cui offro di “Off” un secco girar la manovella e “posizionare” il pollice opponibile su palle basculanti da “regolatore” del “minimo” alzato a reclinato onanismo mentale, contemplativo e incantato, meglio comunque degli ottusi con poca musica nel cervello e molto rumore di uccelli. Così, stupefatto di tanta lasciva (dis)umanità, lascio che le dita medie s’infilino nell’airbag in mezzo alle mutande, e sguazzo felicemente di “contromano” in corsia di (sor)pass(er)o.
Carezzo lo scroto a pericoloso, sbandante, sballante autoscont(r)o a me in disarmanti far sì che tutto (s)tiri, al “folle” galoppo lungo la carreggiata di possibili scoregge in caso di dossi e curve “mozzafiato”. Che (tram)busto, che fus(t)o, che albero piantato da ebete a modo di abete. Comunque, non me la bevo di Autogrill(etti). Poi, mi fermo a pompar benzina, e rifletto… su come tornerò a casa e sfoglierò il pelo della mia rossa gatta in calore dagli occhi verdi, di fusa diluenti questo mio “fusibile” che viaggiò già, anche non rispettando i g(i)alli.
Adoro il manto autunnale del mio fogliame secco, imbrunente nel tramonto prima che potessi mai risvegliarmi al giorno da me odiato e da an(n)i ripudiato senza contraffarmi un attimo. Scontai contravvenzioni, multe e il rischio di “mutismo” per troppo strapparmi i punti della sociale patente, ove tutti s’addobbano di laurea per rendersi aurei alle visioni avvaloranti, sì come no, altrui da pendolari di quest’esistenza vostra mesta e colma di bugie da cui non penderò dalle labbrine. Gonfio i polmoni e insufflo d’aria il mio galleggiante gommone, eppur affogo di sublime, docile niente assoluto. Spurgando il primo “venuto” in quanto incompetente perfino della masturbazione da “prendilo” appunto come “verrà”. D’olio e odio super(bo) schizza e inzacchera le piene pozzanghere di tal vicoli vostri ciechi da uomini che carburate diesel, osservatori infimi della cosiddetta “realtà” ove vendereste vostra madre per farvene un’altra di stessa età. A “misura” dei “portavalori” del guardrail.
La melanconia assume quindi per me un gusto unico, inspiegabilmente soffice “bile” che liscia è combustibile di commestibilità.
Sgranocchio delle patatine al bar dei gonzi, danzo fra tavoli di biliardo con la chitarrina in mano e osservo il panorama triste e languido dalla mia finestra sporca di tanto vostro abbagliarvi da ipocriti “zitti e mosch(e)e”. La morra cinese è il mio gioco preferito, chiudo il pugno e non stringo i denti, taglio a forbici e avvoltolo nel cartoccio senza sfidar nessuno da falsi carrozzoni, principessine sul “pisello” in (car)rozze e baci della buonanotte da leccaculo del prossimo a cui “porgo” la guancia sol di “plettro” morbidissimo quanto un’ugola “zigrinata” alla carta mia vetrata da Oscar Isaac, irredento incazzato alla Al Pacino.
Anche se De Niro rimane il re delle malinconie. E se ne sbatte da cazzotti in faccia e punisce al motto di poche cazzate di fisting, festini a luci rosse in virtù delle borghesi famiglie da trombare…
Sì, sono uno stronzo appetitoso e da macellaio ti appendo al “chiodo” da tamarro. Sono una merda amarognola che crede all’amore speranzoso quanto i miracoli fallimentari della Madonna di Medjugorje, da me “ribattezzata” dei patetici da cicorie.
Schiaffami pure sul naso il pomodoro, io De Niro adoro, in quanto questa è la mia storia e tu non puoi contestarla, altrimenti da me riceverai solo testate e pochi “attestati” di stima. Io ti (ar)renderò flaccido… e piegato dalla più vulnerabile atimia, e me ne fotto platealmente dei tuoi meccanismi di difesa da timido buono solo a coltivar rancori e tigne. Io (ti) spingo e ora t’imbavaglio. A ungimento di te, untore, che udirai le mie ire di gran sapore. La tua testolina, peraltro già annacquata, io insaponerò e poi di “colori” sciacquerò nella detergente varichina su mia… delle valchirie. Oggi sono vampiro, domani d’altra era e ieri quel che fu(i) già trapassato anteriore nel tuo posteriore. Dove pensi di fuggire? Ti addomesticherò con garbo e senza garze, caro ganzo. E poi ti sfilaccerò come una fettina di Manzotin. Perché, solo davvero “gelatinato”, sarai (s)pettinato dal mio sorriso non tanto “brillante” gelatello, da leccatine dei tuoi “avvenenti” labbrini per le sciocche cocchine, caro Leprotto, ma a punizione delle scopate con quelle di ciuffo acciuffate nella tua “gagliarda” brillantina del cazzo. Dove credi di scappare? Io ti acchiappo e te lo metto nelle chiappe. Chiama pure la pulizia e finiremo, assieme all’ambulanza tua funeraria, d’inacidirtelo con tanto di “mozzarella” in faccia… e insalata. Quindi, ti spolperemo da salame.
Io ti devasto, ti apro il cranio e, dopo avervi cagato, di euforica pisciata ti vendo come shampoo al mercato ortofrutticolo in cui sarai barattato in cambio delle tue “limonate”.
Ecco la ce(d)ra(ta)…
Odiami, offendimi, coprimi di (ver)gogna, attenta alla mia “verga”, ma io sono il Verbo e tu devi stare solo attento. Io comando di ordini da cattivo tenente e rabbonisciti, a petto in fuori e “panzona” dentro sull’attenti, se non vuoi che ti sfondi i polmoni oltre ad averti “risanato” le ferite dei tuoi già fiacchi polmoni. Io ti prendo per i coglioni e ti faccio… rotear come una banderuola, oh oh, mio trombone. Ascolterai il rombo del tuo(no) a fracassartelo di tutto “core”. In coro, elevatemi in tanti aromi ecamaleontici troni come De Niro, l’alto figlio di puttana che non ti lascia scampo(lo). Io sono scapolo e di scalpo. Ancora scappi e vuoi scopare? Giochiamo alle mie carte! Con tanto di bastone a mia corona!
Sì, sono il Re di Roma. E tu invece la lupa del mio rubarti la puttana da cui mungi e dalla quale “estrarrò” il latte dello spomparla.
Tu, povero menestrello del tuo uccellino nelle passerotte, quando mai sognasti di voler ammazzarmi? Fu la sciagurata pazzia del tuo attimo che, per sempre, rimpiangerai. E pigerò su di te, neanche in pigiama, in quanto umiliato nello svestirti a ossobuco, affinché vendemmierai l’uva della tua “volpe” col Diavolo a ficcarti di corna, accecandoti, dunque bucandoti le corna dopo averti sbudellato a sanguinaccio del suo Satanasso! Cornuto, dove son sparite le cornee del tuo “veder oltre?”.
Tu non sapevi nulla di me e mi accusasti d’esser dolcino come la morbida cremina, non di risma della tua crème, caro “caramello” da belline belanti e Nutella slinguazzante. Scambiasti un genio per un merlo e dunque tale punizione vigorosa e implacabile ti meriti nell’an(n)o di Cristo nostro Signore di chi, a differenza di te, non vive da Cam(m)el(li).
Io ti sarò “cameo” ad apparizioni violente come Max Cady, ti spaventerò a fuoco lento e il terrore della tua tragedia ti perseguiterà finché morte non ci s(e)pari.
Te la sei andata a cercare. Quante volte t’avevo avvertito di rispettarmi? E di obbedire alle mie scelte?
Io ho sempre superbamente odiato la tua vita da fighetto, mezza calzetta.
Chiamami Dio. O Diavolo se preferisci. Chiama soprattutto la Croce Rossa!
L’importante è comunque che strisci. Il Verbo al tuo verme!
Perché quando poggerò i miei piedi caprini sopra il tuo “capo”… ecco, piangerai come un matt(atatoi)o.
Io sono il Vangelo secondo Matteo!
Ti sono stato chiaro fascista di merda?

  1. Barton Fink – È successo a Hollywood (1991)
  2. Fargo (1996)
  3. Non è un paese per vecchi (2007)
  4. Il grande Lebowski (1998)
  5. Ladykillers (2004)
  6. Il Grinta (2010)
  7. A proposito di Davis (2013)

Weekend tra amici


07 Feb

Particolare recensione del sottoscritto:

Un weekend tra amici…

Ad opera del filmaker Stefano Simone, quest’inquietante mediometraggio colorato di sapore ansia. Ansiogeno in crescendo, potremmo definirlo, specchio di vite, “normali” all’apparenza, in esplosione allucinante di vivido sangue a inebriarci d’un senso angoscioso, “letargico” e morboso di mortifera atmosfera “tranquilla” pronta a colpirci in suspense essa stessa inaspettata. Quattro amici decidono di trascorrere un fine settimana in una villetta di campagna, per brindare… alle loro vite e al contempo per allentare le tensioni dei soliti giorni noiosi e lavorativi. S’aggregano da (ex) compagnoni… “di scuola” e troveranno i cadaveri… dei loro scheletri nell’armadio. Perché un intellettuale è forse colui che si rifugia nel sonno del mostro saccente ma gelido e l’ignorante è chi trattiene il senso di disfatta della giustezza troppo onesta da non “impazzire”, l’avvocato è un pezzo “grosso” soltanto delle sue pagliacciate e delle polemiche al “vino rosé”, e non c’è mai tre senza il quarto “anonimo”.

Un ritratto al vetriolo di destini “fratricidi”.

Troppo stanchi, annoiati, troppo vivi forse, fradici.

 

Autostima!


06 Feb

 

In questa playlist, è insito tutto il sen(s)o di autostima di un uomo “a farsi”, che non si sa che (non) fa, sol, la, si, do a nessuna, e assaggia, mica tanto, da saggio sul cu(cu)lo

Lapidario, secco, senza cazzi e neppur fighe per la testa

Sono arrivato a questa ovvia conclusione: noi miglioriamo e creiamo per un bisogno interiore di rinnovamento e cambiamenti. Se ci aspettiamo che, in base al nostro operato e ai nostri sacrifici, gli altri possano ritenerci persone degne di valore, stiamo freschi.

Non isperar mai venir “alle mani”, come ricordava Caronte di Dante

Camilla, me la scopai in modo denso di brividi a pelle e palle ardenti, rabbonendogliela poi di calmanti camomille… e una notte travolgente quanto i miei lacerati tendini a tendine di nostro stenderci

Poesia notturna dello smaliziato lupus “in fragola”, colto in flagranza di “ratto” e tirato in modus fragrante, quasi sbriciolante

Oggi ho incontrato una donna che mi ha turbato in modo provocante.

Ci siamo fissati, ficcante le ho detto, e dato, che ha uno sguardo, anche altro, arrogante, irriverente, sempre lì posante e me lo ha strappato in maniera esagerata su tanto mio tirante. Quindi, dopo averla incassata, ho rincasato da cane bastonato, latrando “Basta(rda!)”. E, nel frattempo, un’altra gatta ho spelato nel pelo rosso di sera ché bel tempo si spera per non spelacchiarmi o in bocca di rosa spararmi. Infilandole dello zucchero di cannella non mielosa ma ben di sale… formoso.

Corteggio così un’altra…

Ciao, esterrefatto, sei stupenda. Sei di origini straniere? Io sono uno scrittore, mi chiamo quel che firmo con lo sperma e mi barcameno in questa vita strana dalle mille sorprese schiumose. Talvolta, affoga(to), al babà seppur spesso mantenuto da mammà. Mannaggia, eppur son lupo mannaro. Non tagliarmele con la mannaia. Ahia… Abiti lontano e forse, a separarci, ci sono differenze visibili. Io, licantropo del sottobosco e tu dalla foresta in mezzo alle gambe di radura vampiristica. Cazzo. Che figa, che fitta, vado a spalar la neve, fammi spalluccia, e succhiami il muso. Io faccio legna, sono una sega. Devo scontrarmi con la tua superiore bellezza, anche se m’arrangio e ho in dote naturale espressioni buffe che abbinano il sarcasmo al sex appeal da pagliaccio che sa la risata malinconica sua, dunque emano fascino candido, eppur toccabile, sebbene (non) me ne voglia(no). Toccandomi, potresti sporgerti e ambirei a capezzoli turgidi da insaponar di lingua taumaturgica, in quanto chiromante delle dilettevoli magie a letto da gastrica lavanda, poiché, fra il dire e il non fare, me lo centrifugo di temperatura bollentissima, eh, da onanista al detergente di mar(t)ello. Sì, allettami e, allattato, ne verrei ondante e venoso di spumante. Sono un buon pastore, ex della CIA e del cis di scatto freddo su battute calde quanto la lavatrice quando puoi sbatterla a terra come i piatti. Ti amo. Vai a dar via il culo, zoccola. Ora, devo sgobbare, leggi scopare. A terra!

Atterrito, mi sto gettando dalla finestra ma mi son scordato del vetro resistente agli urti. E mi son spaccato solo la testa.

  1. Stardust (2007)
  2. La luce del giorno (1987)
  3. Spider (2002)

Genius-Pop

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