In onore impeccabile, persevero nella via maestra ma mai mesta dell’a(r)mato nichilismo traverso, in giusto rachitico di me “buffone” a cor(t)e, nel dilapidare una famiglia di merda, qui i nomi…
Già li denunciai per oltraggio al pudore e mi va di “enumerarli” per filo e per marchio di segno acu(s)t(i)co. Perché è inammissibile che tal vili vivano e voglian anche godersela, dopo esser scelleratamente voluti entrare nella mia anima per “dom(in)arla” a lor frivolezza carnale. Vanno sottilmente, di tal fioretto, ah ah, puniti finemente a sfilettarli.
Non faccio assolutamente ammenda di averli “sbeccati”, anzi, orgoglioso del mio savio peccare, da codesti “fermato” momentaneamente con assurde accuse di mentale infermità, proseguo nell’opera di macellazione, a invertire il lor crimine da pervertiti.
Ecco il cognome, tale famiglia si chiama non lo dico, formata da un patetico pagliaccio che ha “educato” i figli al porco rubare dietro le etichette formali, indirizzandoli alla “virtù” del rizzo cazzo sempre da “pomiciare” con qualche patatina da sforbiciare, reo confesso della sua latente omosessualità da impaurito d’una invero sua sana sessualità mai ammessa.
Sì, si spacciò per giornalista e invece era un messo da messaline, leggasi le prostitute meno frigide della moglie che a stento però riuscivano a spompinarlo, pur “(s)pompandolo” di unte pere ammuffenti il suo uccellin già rinsecchito, rimpicciolito dall’adipe (es)crescente del suo salir di panza e sperar di riuscir a trombare per un (lavor)etto di spruzzatina “piccante” nell’alleviar una vita in sott’aceto già “lì”, ingiallendolo eppur su colorito paonazzo, andata. La consorte, moralista di sottana, intimò i figli ad andar a “brave” puttane, leggasi le ragazzine succhiacazzoncelli loro da quant’è bello il “grunge” e, mungendoli di tal allattamento, crebbero “felici”, non so se cornuti, molto probabilmente fratricidi anche delle zoccole spartendosele, nella valle comunque insanabile d’un nucleo familiare a cui mi prosterno per compatirne le lacrime amare.
Sì, con persone che vollero sbattermi in manicomio, “causa” la mia elevatezza morale, che dei loro troiai se ne fotte bellamente, non belando da “pecorone”, bisogna agire di stessa vendetta arida.
E mi do anche delle arie, scaraventandoli contro il muro se oseranno infrangermi con altro maialesco osé, appunto, da tromboni.
Sentite condoglianze.
Uno della vostra razza? Dio ve ne scampi.