Archive for 2013

“The Irishman” di Scorsese, ready to go


18 Jan

 

Dal 2008 se ne parla, come da tanti miei articoli.

Sarà ora che s’affrettino a iniziare le riprese, anche perché, se aspetteranno ancora un po’ (cfr. qualche anno…), non è che gireranno all’ospizio in carrozzelle?

New York… post

Oscar-nominated Robert De Niro’s next project, “The Irishman,” directed by Martin Scorsese, may be ready to go soon. Producers Jane Rosenthal, Irwin Winkler and Emma Tillinger Koskoff held a reading yesterday of Steve Zaillian’s script at the Tribeca Film Center, where De Niro, Joe Pesci and Al Pacino teamed up with Bobby CannavalePaul Herman and Frank Grillo. A spy said, “De Niro, Pacino and Pesci were going back and forth laughing with all the wiseguy humor.”

 

 

Sarà un confronto storico, epico, dopo Heat e il sottovalutato Righteous Kill?

Gli allibratori hanno aperto le scommesse.

Acqua però in bocca. Speriamo che si realizzi. Il Tempo è tiranno, i miti rischiano d’invecchiare e potrebbe saltare tutto. Anche le coronarie…

Secondo, invece, l’aggiornamento (che non s’è fatto attendere) dell’ancor più informato “Deadline”, The Irishman non sarà, ancora una volta, il prossimo film di Scorsese, che pare pronto finalmente a realizzare l’altro più volte rimandato Silence. Il suo dream project.

Eppure, questo Pacino-“cappuccino” che sgattaiola vicino agli uffici del Tribeca fa pensare altro…

La prova è schiacciante, eh eh.

 

 

 

Mereghetti Paolo


18 Jan

“Mereghello”, di righelli”, Paolo, da sputar poiché poco pulito ma imputtanito

Racconti di uomini “duri” da “Ti sp(i)ezzo in due”, sì, degli spezzatini, me li cucino nelle grigliate, affumicandoli al fulmicotone, eh già, ho il capello cotonato, e non sono idrofilo. I miei cappelli si scappellano, mia signorinella, prego, ora voglio un inchino ché, chinandoti, a me va innalzato nel cavallo

Chi è Tom Hardy? Un tizio grande e grosso? Posso dirvi che pare un orso ma non è il cattivo George Foreman, anche se viene alle mani Ali da “Beccatelo qua” nel Mohammad! Sono Maometto e tutti li ometterò!

Di mio, la vita va. Ove non so, e chi lo sa? Tu lo sai? Allora sei un incosciente. Oggi, dieci donne t’allettano, domani ti potrebbero crescere le “tettine”. Come? Ah, non ne sei a conoscenza.
Fai male. Apri il “bugiardino” della lozione al tuo bulbo erogeno, se abuserai d’erezione, potrebbe il metabolismo giocarti lo scherzo cattivello di poco “trivellare” ma, di mammelle, sessualmente voltar nell’alt-r-o da te, “odiernemente” amato, domani da appiattire, speriamo non di cervello.

Ah, la plastica. La mia vicina di casa, Lucchi, mise il lucchetto al marito ma si cuccò un Cancro al seno, appunto. Al fin d’evitare, dopo l’evirazione violenta al marito “violetto” di dolore non più “levitante”, che qualcuno potesse v-i-olarla, volle che le amputassero un capezzolo per impedire l’asportazione, nonostante la chemio…

Mah. L’operazione riuscì, al marito “entrò” del tutto, insaccato nel sacco a pelo a non dormirle sopra, ma la Lucchi desiderò poi che prendessero il “coso” del consorte per appiccicarlo nella zona mancante.

Che casino…, roba dal nuovo film di David Cronenberg, The dead zone della zotica nello zoo dei mutamenti d’una storia violence con la mosca dell’amante, anche lui non tanto piccante ma impiccato, con tanto di Spider sul soffitto delle ragnatele alla covata malefica.

Titolo wertmulleriano, altro che Travolti da un insolito destino…

Eh sì, John Travolta ballò atletico, ora ha la pancia e due coppe al posto dei pettorali.
Una pulp fiction. Ce “lo” vogliamo dire? Diciamocela!

Pochi attori contemporanei mi “soddisfano”. Uno di questi è Tom Hardy.

Interpreta, quasi sempre, il personaggio d’uno che ne ha prese tante, non solo metaforicamente, vuole sfondare ma vien “perforato”.

Accade in Warrior, rivisto ieri sera. Un cazzo di film, miei cazzetti.
Non è roba da calzette e calzoncini. Né da canzoncine.

Abbiamo un Nick Nolte distrutto dagli errori. Mollò la prole e poi ecco che vuole salvarla di “capra e cavoli… a merenda” per bere una birretta da ossesso sciagurato nel complesso di colpa da “Facciamoci una bevuta, vedrete che, ubriacandovi, non vi suiciderete”. Sua moglie morì in ospedale mentre lui era lì a brindare con qualche vacca, spedì Tom in guerra e l’altro a lezioni di Fisica, fregandosene del suo fis(i)co.

Ma è un grande Uomo. Impazzisce di vergogna e non vuol starci a lasciare un’altra volta i suoi cari nel fango e nelle poltiglie. Che si diano alle “polpette” di fegati spaccati… di pugni.

Al che, rimpatriata, nonostante le cicatrici di tutta l’allegrissima…

Allena Tom, alienato irrecuperabile, sprona Joel, Leone con una Donna commovente, soprattutto all’inizio del film, smutandata per infarti quasi migliori delle emozioni provocate nel finalone.

Russi alla Ivan Drago, mohicani, mosse carpiato su smottamento della testa sbullonata, prese, “Acchiappa l’occasione al volo”, presidi scolastici che tifano per la “lott(eri)a”, e un simpaticissimo trainer semi meridionale nell’America più industriale.

A parte gli scherzi e, tralasciando qualche ingenuità, un gran bel già classico.

Un film d’amalgama.

Una domanda, però. Io tifavo per l’altro, Tom, appunto.

Chi cazzo ha deciso che doveva perdere? Non aveva già perso abbastanza?
Che ci frega di Edgerton? Ah, gli avrebbero tolto la casa. Capisco. Sì, ma Hardy non ha adesso neanche più la capanna dello zio…, manca la caparra, sotto la panca degli addominali la capra crepa, e rimane pure con le costole fracassate e la spalla slogata.

Ah, capisco. Però ha avuto le “palle” di resistere.

La perplessità resta.

Racconto numero 1, numero tre, se lo rapportiamo a quello d’ieri. Ieri, o dopo il dì che fu, quel che importa è se sarà redditizio. Che poi attizzi, son “falli” che riguarderannono le donne che guardan solo a “quello”. Cos’è quello? “Lo” incontrai prima di castrarmelo, poi si disincagliò da solo, dicesi autoerotismo, dunque fu dappertutto, un po’ in una e poi nell’altra. Metà mai, m’interessa la meta, non la “mela”

Sottotitolo: un guercio che si credeva Tony Montana e finì a letto con una montagna di debiti da drogato, “smitragliando” offese al suo cane. Ma anche il cane si ribellò, abbaiò, lo disarmò e, da quadrupede, si tramutò “impuntato in piedi” e non in punte, come le sue puttane, accusandolo di pedofilia dietro un notaio che scoprì i loschi affari del suo padrone.

Questa è la storia di un “tozzo” chiamato Fabrizio, dal soprannome “Er fringuello Aristogatto”, non aristocratico ma per tutte le gatte più “alla romana”. Sì, ogni Notte le serviva della sua “ostrica”, dopo averle concupite all’osteria “Hostel, qui i conti son tosti, ma ogni pollastrella, pagandoci, ve la rosolerete arrosto, basta non farsela addosso se vi chiederemo di più”.

Fabrizio, detto anche, fra i suoi mille nick, “Il fabbro delle labbra”, “Il farmacista della cubista”, “L’ostetrico che le spolpa fin a ischeletrirle”, e appunto “Il puerpiero delle pere”, è, adesso non ne sarei sicurissimo dopo che di “sicure” s’ammalò di veneree da “assicurato” all’assistenza anche dei suoi genitali, sì, “gelato”, un “uomo” che sapeva il fatto suo.

Dopo studi davvero diligenti e raccomandazioni al dottore (di)dietro le civette sul comò per una vita più comoda, si garantì un lavoro come portaborse del garante della privacy.
E, così, poté (un “grande” poeta, eh già) “potare” tutte le “selve” da “impomatare”.
La donna va matta per uno che rispetta il suo “corpetto”, e “la” protegge da eventuali “mani” lì intenzionate di “tizzone”.

Fabrizio, grazie a questo “lascia… passere”, tutte se le passò, fra una ripassatina e un Passato da oscurare nelle “scure” da imbiancare.

Se ne montò tante, come la sua testa, e, oltre alle patonze-patatone, tanti soldi a palate fece.
Che merda. Che “culi”.

Chi, oggi, ne fa le “feci?”. Tu facesti? No, non fosti sfacciato come Fabrizio, che ce l’ha sempre rizzo fra ricce e lisce e a pelo da pettin(g)-are. Almeno questo… ac-cadeva sin all’altro Giorno.

“Sorgeva” dal tramonto all’alba, ma non “pene” gliene sortì con la psichiatra delle sue “geriatrie”, Donna più dura di ogni Lee Ermey.

Lei lo fregò in codesti, “er-t-i” termini. Lo sedusse, recapitandogli a casa una foto di Lei nuda, con tale “augurio”: “Caro, spero che mi garantirai asilo nella mia aiuola. Fai presto, ma vieni… con calma, e pazienta, sono una che adora i preliminari”.

Ma glielo tagliò.

Fabrizio, eccitatissimo, arrivò infatti a casa sua, in via “Amami d’anima e soffiami con dolcezza, vesto Armani mio a-r-matore”.

Ma, appena aprì la porta, proprio mentre stava pregustando di “aprirgliela”, tutti i mariti di coloro che s’era trombato, in vari sen-s-i, imbracciarono i fucili.

Al che, Fabrizio assunse davvero il coraggio delle proprie azioni”, si slacciò la cerniera e gridò: “Sono Tony Montana! Il mio è già fuori, non intendo ritirarmi. Mi tirerà anche da morto. Ammazzatelo e ne stramazzerò altre, ribaltandole sotto e sopra nei sottosuoli”.

Lo uccisero, ma pare che la sua “legge(nda)” non detti più regole neppure all’Inferno, ove Lucifero “lo” usa come detersivo quando fa il bucato alle fedifraghe cadute nelle sue “fiamme”.

Ora, vi chiederete che c’entra il cane e la storia della pedofilia?
Pare che tutte le “donne” ebeti, che ebbe ove di “crema” crebbe senza mai credere a nulla, fossero delle cagne.

Ho detto tutto.

Anzi no…

Racconto contro Mereghetti, il critico delle “paperelle”. Infatti, mentre guarda i film, gioca nella vasca “idromassaggio” delle Escort del “Corri-ere” ché scoreggio ed evacuo cazz(at)one.

Leggiamo le stronzatine che, infatti, seguono di susseguirsi senza punteggiatura. Ecco Paolo, anziché (ap)puntare di stellette, io userei meglio le virgole. Qui sei diventato uno schiavista dell’analfabetismo più incatenato senza regole grammaticali.

Lei, più che uno sceriffo con la stella di latta, mi sembra un lattaio della “critica”. Dai, Paolo, un consiglio da “conigli”: “Prendi la Bignardi e arrostiscila al Jamie Foxx, detto la volpe per l’uva delle vulve”.

Forse dalle «catene» che lo imprigionano bisognerebbe liberare anche il film di Tarantino, non solo il suo protagonista nero. Perché prima ancora che sbarchi sui nostri schermi, Django Unchained è già stato bell’e imprigionato dentro una gabbia di interpretazioni e decostruzioni che ne hanno fatto l’ultimo erede del western italiano e l’ennesimo centone di citazioni, allusioni e strizzatine (o strizzatone) d’occhio. Con un’operazione, bisogna aggiungere, quasi esclusivamente italiana, dove il regista di Pulp Fiction sembra condannato a essere l’ultimo alfiere di un post-modernismo cinematografico che non sembra aver più corso da alcuna parte.
Non stupisce l’erudizione e il piacere della caccia alla citazione, perché è lo stesso regista che si diverte a mettere nel film omaggi e «prestiti», dalle musiche che aprono e chiudono il film (quelle originali di Luis Bacalov per il Django di Corbucci, sui titoli di testa, e di Franco Micalizzi per Lo chiamavano Trinità…, su quelli di coda) al dialogo con Franco Nero sull’esatta pronuncia di «Django» (che quel personaggio aveva interpretato nel 1966) e a tanti altri ancora. Ma che questa debba essere l’unico metro di giudizio di un film e non per esempio la «superficialità» per cui nelle prime scene il freddo a volte fa condensare il respiro degli schiavi e a volte no… beh, la cosa mi sembra per lo meno discutibile.
Certo, i film di Tarantino ci hanno abituato a una libertà di trovate e invenzioni che non ha paragone nel cinema contemporaneo, dove la logica non sempre è di casa. In Bastardi senza gloria metteva addirittura a segno un finale che ribaltava ogni verità storica sulla Seconda Guerra Mondiale e anche qui le libertà che si prende non sono poche. E più che sul filologicamente corretto «negro» che tanto ha scandalizzato Spike Lee (anche nel «corretto» Lincoln di Spielberg si usa ovviamente «negro») ci sarebbe molto da dire sulla verosimiglianza dei «combattimenti tra Mandinghi». Spesso il divertimento per lo spettatore nasce proprio da qui, dalle libertà che il regista si prende rispetto alla struttura codificata del genere.
In un processo creativo, però, che trova la propria ragione e il proprio metro di valore (almeno per me) nella coerenza dell’invenzione e nella forza della creazione. E non solo nella quantità delle citazioni.
Per questo Django Unchained mi sembra meno divertente (e interessante) di Bastardi senza gloria, perché dopo un inizio folgorante finisce per restare schiavo della sua logica «revisionista» e si avvita in una seconda parte a volte piuttosto ripetitiva e deludente. Certo, l’inizio, con quello strano dentista tedesco che ferma nel mezzo della notte due mercanti con i loro schiavi in catene si stampa subito nella memoria: il dottor King Schultz di Christoph Waltz, aulico nei modi ma sbrigativo con le armi, è uno di quei personaggi talmente irreali da diventare subito mitico. Così come lo schiavo nero Django (Jamie Foxx), a cui Tarantino regala una coscienza di sé e del suo «ruolo sociale» che sarebbe piuttosto arduo spiegare antropologicamente e storicamente (il film è ambientato nel 1858, «due anni primi della Guerra d’Indipendenza»).
Insieme però diventano una di quelle coppie sorprendenti e mirabolanti che si adattano perfettamente alla rilettura del western che può interessare Tarantino (e di cui abbiamo un’ulteriore prova nella presa in giro dei membri del Ku Klux Klan. Una scena degna di Chaplin). Così, trasformati in una temibile coppia di cacciatori di taglie («carne per contanti», come spiega con crudo realismo Schultz a chi quella logica l’aveva vissuta sulla propria pelle di schiavo comprato e venduto), i due nuovi amici attraversano un West dove le apparenze hanno perso ogni valore (uno sceriffo può essere un bandito ricercato) e bisogna imparare a rimettere in discussione i propri sentimenti (come nell’episodio del padre ucciso davanti agli occhi del figlio).
Fin qui è il «vecchio» mondo tarantinesco dove si sono persi i parametri di riferimento e bisogna adattarsi per cercare di sopravvivere al caos. Ma nella seconda parte, quando Schultz e Django si mettono alla ricerca della moglie dell’ex schiavo, Broomhilda (Kerry Washington), comprata dal più razzista di tutti i coltivatori razzisti, Monsieur Candy (Leonardo DiCaprio), l’inventiva del regista-sceneggiatore mi sembra perdere più di un colpo. Si fa aiutare da una più accentuata esibizione di violenza (fatta intuire più che realmente mostrata, come nel combattimento tra i due Mandinghi o nella punizione dello schiavo fuggiasco D’Artagnan) ma il risultato resta ben lontano dalle cose migliori della sua carriera. Il debito che paga visivamente al cinema di Hong Kong (come ha dimostrato lucidamente Alberto Pezzotta su «la Lettura» di domenica 13 gennaio) è molto alto ma meno funzionale alla logica del racconto. E il colpo di scena di Schultz che innesca il massacro finale rischia di sembrare – rispetto alla logica precedente del personaggio – fin troppo gratuito. Lasciando l’impressione di un film dove Tarantino si è divertito a giocare con i generi e i miti più di quanto potranno fare i suoi spettatori.


Firmato Paolo Beghelli, la lampada salva la sua vitina.

Tale e quale a quella di Aladino. Aladino almeno fu alano nelle luccioline, Paoletto invece ha un pisellin…

Domani, dopo aver visto questo Tarantino, potrei anche stringerle la mano.

Al momento, mi sento di staccarle le palle.

Perché al mio mulo non piace la gente che ride di cos(c)e che non sa.

Ora, vi domanderete voi: “E il racconto dove sta?”.

In Mereghetti che non sveste, neppure di sveltina, le “negre”, beve il Negroni e siam noi tutti incazzati neri…
Ora, mi domanderete ancora: “Ma non c’è una trama?”.

Risposta: “La trama ficcatela su per il culo. David Lynch ha deciso di girare un altro capolavoro con Laura Dern. La trama si farà da sé”.
Perché mai sa(li)rà?

Ora, oggi un mio amico di Facebook ha inserito un’immagine che non avevo mai visto né “toccato con manubrio”: Laura Dern che, sul set di Cuore selvaggio, tasta i testicoli del Cage Nicolas.

Laura pare che si fidanzò con Nic, tralasciando Bobby/Willem Dafoe e pure Piero Pelù.

Però, però, perché?

Lynch girò la s-cenetta, per il film che vedremo, immaginandolo d’oniriche astrazione nel bulbo oculare strabuzzato.

Lynch è occhio “lupino”, cupido e arrossò la nostra “Laurina”.

E non mi pare che sia “laureato”.

Della serie, i geni come me non han bisogno di pararselo.

Ma sapere come metterlo, anche in modo “surreale”.

Come? Dite che ha la Laurea? Davvero?

Allora a Laura, parafrasando Totò, ci pen(s)o io.

Tre film che valgono la tarantinata, a prescindere se Lei ti cingerà, se ti stringerà, se sarà ristretto espresso o diretto da dritto.

Di mio, so che son retto quando ergo di verga.

Firmato il Genius
(Stefano Falotico)

  1. Per un pugno di dollari (1964)
    In un paese ove ci si fa la guerra di pugnette, arrivai io col poncho.
  2. Dead Man (1995)
    Sono William Blake, quindi morirà quella zoccola di tua sorella.Morto sarò dopo aver succhiato una mortadellona del genere…
  3. Terra di confine – Open Range (2003)
    Ecco.

Warrior(s), conosci il tuo nemico


17 Jan

 

Sempre guardinghi noi lupi.

Pacino & De Palma, new reunion


17 Jan

La notizia, come da “Deadline”, ha dell’incredibile.

 

By MIKE FLEMING JR | Wednesday January 16, 2013 @ 5:24pm EST

 

EXCLUSIVE: The Scarface team of director Brian De Palma and Al Pacino are re-teaming for Happy Valley, the working title of a film that will tell the story of Penn State head football coach Joe Paterno. Paterno’s legend was undone by revelations he and others in the football program were aware that former defensive coordinator Jerry Sandusky was molesting children, and did little to stop it, supposedly fearing bad publicity for the powerhouse gridiron program they presided over. Wall Street producer Edward R. Pressman has optioned the bestselling book Paterno by Joe Posnanski. Dave McKenna (American History X and Blow) is making a deal to write the script. The Edward R. Pressman Film Corporation is backing the project.

 

Pacino became attached to play Paterno when a package including the book was shopped by ICM last fall. Pressman will produce with Pacino’s manager, Rick Nicita, who was part of that original package. They are keeping a somewhat low profile on the focus of the film for now. “Happy Valley reunites the Scarface and Carlito’s Way team of De Palma & Pacino for the third time and I can’t think of a better duo to tell this story of a complex, intensely righteous man who was brought down by his own tragic flaw,” said Pressman in confirming the deal to Deadline.

 

 

Paterno’s fall from grace was Shakespearean and when he died shortly after his firing, many felt it was from a broken heart as much as cancer. He was in the twilight of a coaching career that left him the winningest coach in college football history, an iconic and beloved campus figure. Until his former defensive coordinator Sandusky was revealed to be a prolific pedophile, something that Paterno had been told about. While he informed an administrator, they did not call police, even after a graduate assistant and future assistant coach witnessed Sandusky in an encounter that looked like an act of sodomy with a child in the locker room showers.

An investigation led the university to abruptly fire Paterno, and his cherished football program was crushed. Penn State is reeling after unprecedented sanctions dropped by the NCAA. The university tore down a fabled statue of Paterno, and the NCAA stripped the coach’s wins going back to the coverup. Posthumously, he is no longer the winniningest college coach in history. More importantly, Sandusky was found guilty on 45 counts of sexual abuse against young boys and is expected to spend the rest of his life in prison.

 

 

There are so many themes to deal with here, from Paterno’s rise and his loyalty to a football program he spent his life building, to the obvious question of how a molder of young men could possibly have stood silently by when told that one of his former coaches started a charity for underprivileged kids and used it as a way to ingratiate himself into vulnerable young fatherless boys for sexual encounters,? The failure of Paterno and university officials to act allowed Sandusky to continue molesting boys for years, which was borne out in court testimony leading to his conviction and incarceration. Posnanski was working on a book about Paterno and was well into it when the scandal broke. The book is as much about what made Paterno tick as anything else, and capturing complex characters is something Pacino does well. He played a conflicted pro football coach in Any Given Sunday, and Jack Kevorkian in the HBO film You Don’t Know Jack.

De Palma most recently directed Passion, the Rachel McAdams/Noomi Rapace-starrer that premiered at the Venice Film Festival. Pressman’s COO Jon Katz will be exec producer and Posnanski co-producer. De Palma is repped by ICM, Pacino by CAA and Nicita, McKenna by Paradigm and Mosaic.

 

Un coach leggendario che ne ha passato delle brutte. Malato di Cancro, salvato a rotta di collo, poi accusato di pedofilia, e incarcerato.

 

Materiale che scotta!

 

Intanto, rimanendo in tema di personaggio “biografici”, ecco sempre la spettrale voce di Al Pacino nel teaser misteriosissimo del Phil Spector di David Mamet.

Come da post di ieri.

 

(Stefano Falotico)

“Phi Spector”, Teaser


16 Jan

   Inquietante promo per il film scritto e diretto da David Mamet, con Al Pacino nei panni del controverso Phil Spector. Mostro, genio, freak o dubbio della sua “permanente?”. Lo scopriremo solo vedendolo.

 

“The Iceman”, Trailer ufficiale


16 Jan

 

L’ho molto apprezzato a Venezia. Un film che, se fosse uscito prima, credo sicuramente avrebbe garantito a Michael Shannon qualche premio per la sua notevole interpretazione.

Un attore strepitoso, anche qui forse relegato al ruolo da Tempo assegnatogli da più registi, quello dello “psicopatico”. Ma di questo killer fornisce, anche solo di “dettagli” visivi delle sue iridi increspate, un ritratto sfaccettatissimo, doppio, trino, quadruplo, deformato nelle sue mille personalità d’una vita obbligata al crimine, divenuto quindi vizio, usanza per circostanze d’un destino erroneo che non poteva andare diversamente né si può invertire. Un padre amorevole, che mai tradisce la sua sposa eterna, m’anche un sicario “leggendario” che mette(rà) i brividi. Secco, brusco, un mostro.

 

Un puro, un segnato, un immigrato, un clandestino perfino della “trama” alla sua vita andata. Un fantasma, un non c’è, un enigma a lui.

 

La “vera” storia dell’assassino di ghiaccio.

 

 

 

Alle origini di Tarantino


16 Jan

Saggio monografico su uno che non è diplomato in “Grafica pubblicitaria”, sebbene par che sia stato a letto con molte “figate”


Breve prefazione a carisma delle mie scelte inconfutabili di vita: mi giunge voce, come da predizione, mia e della famiglia, che ho ricevuto una certa segnalazione

Vengo chiamato per risponderne e platealmente riferisco senza battere ciglio, essendo combattivo, e cioè che, se nero su bianco, non verrà concessa piena libertà a una persona di poter vivere secondo ciò che sempre ha desiderato, godere di sé e non del piacere mercificando il mio Cuore, per nascita principesca e superiorità genetica, accostabile alla mia impareggiabile anima, saremo costretti a citare per danni la famigliola, responsabile di calunnie e di tutto quel che ne conseguì.
E riaprire tutto il caso chiedendo (e in tale atto giudiziario sono perfino appoggiato da chi ha toccato con mano le mie ragioni) a quel nucleo di nazifascisti un risarcimento che neppure tutta la generazione di Berlusconi potrebbe sostenere, causa immediata arresto per mancati pagamenti.

Come potete constatare sono qui, tranquillo, anzi, nei prossimi giorni, la persona da me, telefonicamente, interpellata, nel caso dovesse servire da testimone, sarà a sua volta contattato dalle istituzioni per un cosiddetto chiarimento secondo il quale Falotico persegue nella sua linea e, dopo averne appurato il genio che non si sottoporrà a nessuna regoluccia piccolo borghese, prediligendo la sua diligenza negletta alla prostituzione di massa, opterà per altre ingiunzioni penali.

Passiamo al Cinema.

Quentin. Sì, certo. Lo conosco. Anni fa, durante le presidenziali di Barack Obama, si trovava nel Maine con Stephen King, ove stavan “cespugliando” di picnic, meditando sulle “votazioni”. Più che politiche, non di clausura ma di “crocerossine” per la crocetta nella “casella”. Stephen, maritato di nuziale, elargì orrorifici lamenti ispirati dal bosco lì adiacente, alla “diaccio”, brividissimo, Quentin, fra una tartina e un tartaruga, ballò la tarantella con delle pischelle. A cui offrì pasta e fagioli, su pet(t)o anomalo, disturbante la quiete notturna, condito con dei “piselli”.

Spuntai dall’imboscata, offrendo ai due astanti un fiorellino lilla sapor “Adesso, in tre, ci succhiam le vaniglie. Si diedero ai monologhi della vagina, con Quentin capobanda di mafiette con delle smorfioncine. Dai Stephen, spingi di splatter, Quentin spiaccicale, io intanto mi berrò il tè del fai da te fra quest’arrosti di maialini”.

M’ingozzai, mentre le loro donne “strabuzzavano” e, fra un singhiozzo, i gozzi e tutti i “rospi sputati”, alla fine ci sdraiammo a contemplare la foresta.

Io, Uomo d’acqua dolce, e gli altri due da “duri” rudi.
Amarono con violenza, possedendo ogni lunatica tra una macedonia di fragoline e varie “montatine” di panna “deliziosa”. Ma poi, rilassati, “ammosciati” finalmente, dissertammo sul Cinema del nostro Tarantino:

Quentin: – Voglio delle recensioni coi controcazzi. Coglioni, merda, forza! Sparatele!
Stephen: – Durante le pause, invero pochine, fra un mio tomo letterario e l’altro, ogni sera scelgo un tuo film, a ripetizione, a raffica. Mi fornisce l’umore cazzeggiante per poi scrivere delirando.
Stefano: – Innanzitutto, signor Quentin mi stringa la mano. Sa, questa mano più volte s’è masturbata su Bridget Fonda di Jackie Brown. Grazie mille.
Quentin: – Non c’è di che. E l’altra invece, che fine ha fatto?
Stephen: – Gliel’ho amputata io. Sono un feticista come i miei mostri cannibali. Abusava dei piedi di Uma Thurman.
Quentin: – Stefano, non l’hai denunciato per questo Scevola?
Stefano: – No, io e Stephen abbiam pattuito quest’accordo. Lui mi concesse la sua “mansarda”, ove posso scrivere ispirato, a condizione che lui guardasse un film di Michael Mann.
Quentin: – Perché non ne ha mai visto uno?
Stefano: – Questo è nulla. Da molto Tempo, non vede neanche quella della moglie.
Pare che siano in causa nonostante la stessa “casina degli orrori”. Vengon poco, ma alle mani sì.
Quentin: – Ottimo “spuntino” per una sceneggiatura “dialogica” di liti coniugali per “fumettizzare” la crisi matrimoniale con un nuovo capolavoro intitolato Metti il dito nel Kill, ove lei mette su qualche chilo e lui è sanguigno di carne con chili nel mattatoio.

Ci demmo alla vendemmia, quindi al concime. Conciati per le feste di goliardiche “botte”.

Ricordate: amate Falotico, Uomo fantasia da tanga che va via.
Vi sembrerà un’idiozia, invece è un colpo di culo.
Anche di reni, infatti la Ferrarelle aiuta la mia diuresi…

Di mio, a parte tragicomiche avventure d’un “peperone” spericolato fra paperette e paperoni, posso solo regalarvi tale aneddoto, che va annotato:

di Notte, quando vengo invaso dalle paranoie altrui, ah gente dabbene sempre famelica d’aggressività “potente”, sogno, stiracchiandomi le gambe dello sgranchirle “appaiate”, un miraggio di tal “fatto”, cioè me sdraiato vicino a un albero di ulivi, con tante oche giulive che vogliono le mie “olive”, e Wilde Olivia che ambisce al mio Braccio di ferro, bicipite Popeye nello stiro con l’acciaio Inox al Minosse, il quale, nel labirinto del mio onirico labirinto, vien sempre scippato dalla sua Arianna, donna che fila come Berta di Rino Gaetano. E mi “scappa” dai pantaloni, acchiappandola d’inchiappettate. Un po’ dentro di lei, e un po’ “(ri)tirato” nel non averlo “spiccato” in costei da “sbeccare” ma che, di due di picche, chiamò il suo Bruto per picchiarmi.
Scattò la rissa, da orbi, e mi consolai spruzzando il mio “pomodoro” d’Adamo in Eva Green, verde come il frutteto dell’orto botanico e rossa dunque di “clorofilla” per la mia respirazione “bocca-bocca”, molto albicocche fra le sue trecce e il mio “biscotto” nel latte.

Sì, in campagna va la mugnaia e, mungendo, l’inguine (pre)tende il mio “salendo”.
Si chiama saliva, si chiama “salvia”, si chiama selvatico, forse anal-gesico.

Eh già, di genealogia son genitale. Fra the tree di Terrence Malick e “quello” di Alvaro Vitali, attore adorato, “in odore d’Oscar”, dal nostro Tarantino.

Firmato il Genius
(Stefano Falotico)

  1. Le iene. Cani da rapina (1992)
    Film costruito su geniali stronzate. Come dev’essere. Madonna nella tavola “calda”, eh, più bollentona della Ciccone neppure Maria Annunziata detta “La lucana amara per la pummarola ‘en cop’ dato suo corpo”.
  2. Pulp Fiction (1994)
    Film antilineare, “goniometrista” delle analessi, del lessico. Con John Travolta pettinato come Lassie.
    Tutti “lessi”, tranne Willis.
  3. Jackie Brown (1997)
    De Niro spompato da “Che ti sei fumato se non sai fumare?”, una Pam Grier grintosa e un Michael Keaton versione Gordon del Batman di Nolan.
  4. Kill Bill. Vol. 2 (2004)
    Non c’è due senza mille morti ammazzati.
  5. Grindhouse. A prova di morte (2007)
    Lo stunt se ne incula. Ammacca, le prende, glielo spaccano ma è uno spaccone. Come me.
  6. Bastardi senza gloria (2009)
    Eli Roth dimostrò che, quando vuole, può essere stronzo.
    Waltz di più, Pitt nel però “Te lo ficco qui”.
  7. Django Unchained (2012)
    Ogni Sergio Leone ama le pennette all’arrabbiata.

“Silver Linings Playbook”, Oscar race


15 Jan

 

Scommetto tutto su questo film. Instant classic?

Il Calcio al Cinema, e tanti calci nel culo


14 Jan

Tre grandi film e una stronzata italiana, come sempre avviene, essendo il tricolore un Paesello d’Italietta

Evviva le tagliatelle!

Stefano Falotico, Padre Quintana, qui s’inoltra nei cespugli notturni delle falsità, del caos imbroglione, di chi fugge e non confessa, di chi, dietro mezze frasi, distorce il vero “ammainandolo” alle contraccezioni, al ripudiarlo per poco onore della giustizia, “legalizzata” sempre di casini da seppellire, da tappare, prima che scoppierà un “bordello” di tutta…

I vili fuggono, in difetto, ché han cara la pellaccia, da me spellata di “scoperchiarli”.

Invero, la storia, in generale anche le preistorie, essendo io volatile raptor che sfuggì ai radar, maculandosi nel blu più nero dell’inabissamento vorace al me più delirante nel De Niro filtrato nel diluirlo secondo la mia ottica.

Dopo aver primeggiato in tutto, calciatore onorato di grazie e glorie, anche di “ghirigori” (ancor ricordo Deborah detta “erica”, piantina velenosa di sue ricette “balsamiche” al mio limon “andante” nel puberale “stagno-la”), decisi di mollare e accasciarmi nel sottosuolo.
Vollero prelevarmi dall’isolamento forzato, volaron pugni e, rimanendo “in tema”, calcioni di fendenti al mittente. Per omologarmi a una massa encefalogramma di “pentagramma” sgrammaticatissimo a raggi gamma di gommine da masticare e sciocchine da “mustacchi” tamarri. Ma, con classe, rifilai vari “No, grazie, ti servo il mio pasticcino, ascoltando musica poco vicina al tuo cantuccio di baciucchini”.

Incompreso, mi respinsero e poi s’ossessionaron per la classica “Datti una mossa”, la “spinta”.

Mah, sarà che alle “spintarelle”, ho sempre preferito l’integrità del mio codice etico. E alle puttane la mia “eresia”. Lo so, un atteggiamento che infastidì e tanto ancor disturba, meglio dei loro stupri.
Eh sì, lo stupido è sempre “prodigo” nei gesti più orripilanti a deformare il prossimo, “adattandolo” alle sue visioni bislacche. Eh, per forza, fornica con una vacca e poi, di varichina, va messa la Domenica mattina, pecca tutta la settimana e gli basta una “lavatina” nella benedetta per ripartir da zero, d’altri carnai suoi assassini.

Così, inveì e volle venire, oltre che nelle sue sottanine, anche sul sottoscritto.
Accerchiandolo, o perlomeno tale fu il tentativo, per tentarlo nel suo “cenacolo”.
Orge, siringhe, divanetto suo “indaffarato” di fumo e sbuffare annoiato, nelle prese per il popò, da figlioccio di papà. Tutto “vestito a modo” per coglier l’occasione d’inchiappettate.

Ma incontrò uno che gli ribaltò la testolina, lo denunciò per atto giusto di ribellione, rigirando le frittate a suo “intenderla” di poca tenerezza, codesto ossessionato dal “Lavora e godi!”, ma gliene sortì uno sciagurato sorteggio. Tal porchetto mai si sarebbe aspettato, scambiandomi per un anatroccolino, uno che che l’avrebbe “coccolato” nel cervelletto. Il cocco ti cuccò.

Rammemoro Trasatt’ (l’apostrofo sta per depistare le “vocali” di possibili querele) Marco, oggi “eminente” secondino portaborse dell’impiegato statale (non sa però in quale “stato” abiti lo “stadio”, non solo del Bologna Football Club, ma anche del suo cul’, ammanicato di tangenti e leccate “possenti” in segno di sfogo “prostituente” dei ricostituenti con cui il padre “lo” rinforzò nell’adolescenza liceale d’uccell’ non “inguainabile”…, infatti sì prevenì il guaio dei suoi accoppiamenti tendenti alla coppa di Parma con la Champions League della Juve per cui tifava fra un latino e una “latina” molto “greca” nella sua statuina di Milo detta l’”ammaliante per tutti i maialin’ poppanti”), che si recò nella mia ubicazione per distogliermi, dietro sviolinate però non omosessuali, dall’esilio che m’indussi per ragioni “anomale” d’un mia mente prominentissima che “bucarono” in quanto già “bacato” e drogato, bucatissimo nel neo di Bob De Niro.

Secondo me, Taxi Driver riflette la vita. Un uomo che sta “a cazzo suo”, scivola nella Luna, ci prova con la bionda, sapendo di “toccarla” in zone troppo delicate alla sua “insensibilità” da borghesella “elettorale” che non tollererà il porno d’un onanista più sensuale del suo collega dalla pettinatura asessuata.

Da allora, caddi fra le braccia di Morfeo, soprattutto di Travis, traghettatore nell’Inferno metropolitano.

Quindi, fui richiamato all’ordine “civile” di servizio e, terminato, rielaborai il “lutto” della mia scomparsa, addivenendo d’un diario ancor più esistenzialista del mio puritano non esserci.

Tentai di fornire spiegazioni dell’accaduto, generato dalla mia “commedia degli equivoci”, ma l’ottusità fu ferrea e intransigente. Io risboccai, loro sboccati bocciarono.

Stavo componendo il mio “pazzo” del puzzle e, dopo un viaggio a Roma, fu il miracolo compiuto.

Urla di “giubilo”, increduli non seppero più chi fossi, se mai fui, dunque di e a nuovo. Il dì. Speriamo non de la bestia.

E finimmo tutti con avvocati, giudici, diagnosi, prognosi riservate, nevralgie, mal di testa, analgesici, diegetiche riassuntive frettolose di psichiatri superficiali, piatti che “missilizzarono”, polsi quasi tagliati, isterismi collettivi, urla del “Ti salto al collo!”, coiti interrotti, colite, amarezze, Antonio Rezza per capirci qualcosa, arretrati che non compresero il mio oltre, e io incazzato come un bisonte.

In fin dei conti, questa vita è stata come Shutter Island.

In fin di rimborsi, il signor citrullo e la sua compagnia si son macchiati dell’idiozia più pura.

E un genio come me li ha puniti in modo atroce…

– Io ti segnalo alle autorità competenti!
– Stai attento che non ti marchi la testa di lobotomia! Perché non puoi neanche immaginare con chi stai parlando!
– Voglio nome e cognome! Chi ha telefonato!?
– La vostra coscienza! E ora sta zitta!

Chiariremo tutto di confronti, basta con gli (auto)scont(r)i.

D’altronde, la loro madre è di malaffare e il padre un affarista d’altre ancor meno meritevoli.

E con me saran solo che scazzottati pagando pure il caffè del secco “zuccherarli” in lavatrice a 90 e forse di più. Igiene salutista dello smacchiamento a chi, in bianco e Nerone, annerì le mie sfumature.

Persevereranno, “duri” con gli insulti peggiori del genere loro zoologico: “Scimmia, t’ammaestro, vai al circo!”.

Di mio, conosco che il circo è bellissimo. Mi ricordo che, con “costoro”, da “piccolo” andai a vedere uno spettacolo della figlia Orfei.
Loro applaudirono alle sue giravolte, io so che, già all’epoca, avrò avuto “su” e poco giù, otto anni, volevo serenamente, più che il suo autografo, i graffi della sua “giraffa” di sue vite in cui avvitarlo…
Della serie: se puoi serenamente insederarla, falli. Dumbo lo sa, ha orecchie per la sventola…

In quanto Falotico, uno che non fa l’ottico perché “la” vede, tutta tutta, “nerissimo”, possibilmente allietabile nel letto. Allentatissima, lentissimo pompa poi più svelto.
Superlativo.

Firmato il Genius
(Stefano Falotico)

  1. L’allenatore nel pallone (1984)
    Qui si toccano vertici sublimi di comicità “squallida”. Banfi a capo della Longobarda, squadretta cadetta di mezze calzette, col “diamantino” Speroni, gigolò per la moglie del “direttore”, che “consola” di notti di “sfondamento”.Il Presidente inverte il mot(t)o di Mussolini, “Perdere e perderemo!”, perché non ha i soldi per mantenere la compagine in serie A.
    Quindi, obbliga Banfi a non schierare Aristoteles, appunto.Banfi, pur di conservare il contratto da rinnovare per la stagione successiva, accetta l’affronto.
    Ma la figlia è innamorata di Aristoteles, e il padre si fa sentire. Sostituisce proprio Speroni e incita Arì a “Fagli un c… così!”.Arì infila due pappine,  i gemelloni in tribuna “trombano” di trombetta e “prendon Lino per un coglione”, il Presidente, distrutto, licenzia “in diretta” il nostro, che se ne frega platealmente con tanto di corna.La vita è un corner. E comunque Ryan Conner, pornoattrice, ha un fondoschiena da “sciarci” sopra.In modo “brasiliano-neretto”.
    In questo Mondo, dominato da falsi valori, arrovesciato di morali a “privilegio” di chi comanda, di chi cattur’, di chi aggiusta e addomestica per mentire solo ai loro specchi, Falotico è un Uomo allenatore nel pallone, che sconvolge l’ordine “costituito”, ribaltando di 5-5-5 le tattiche che van per la maggiore. Parte sulla difensiva, poi incalza d’attacchi e di nuovo retrocede, in “trincea” nel “catenaccio”, per ripartir scatenato in quinta a confondere ogni avversario, dribblando le sue logiche malsane e “cucche”.

    Basta con queste ziette, delle mezze professorucole sicule, con la mentalità fascista che han fatto regredire i figliocci all’età irragionevole del raziocinio più bieco. Basta con questi panzoni, che allestiscon spettacolini teatrali per guadagnarsi il plauso di rancorosi finiti lor amici di zingarate che furono. Bolognesacci con la panna dei tortellini al posto dei neuroni e i fusilli delle loro fusa a prostitute che pagaron di lauti pranzetti, con tanto d’emulazion d’attori navigati nel mar della loro giovinezza mai vissuta e inanellata di filastrocche ridicole da pomodori e ortaggi in faccia.

    Chi pensa(ro)no d’impaurire? Coi loro cazzoni, i loro schiaffi, le lor acque bollenti (eh già sempre bolliti, fra patate e contorno di bicchierini, questi cherichetti cheti cheti di “magniloquente”, pomposa quanto lercia merda, i migliori anni della loro mai vi-s-ta).

    Quindi, come il grande Aristoteles, afferro le “palle”, volteggio nel campo, metto al tappeto tutti e insacco per la folla in visibilio che tifa per la grandezza.

    Andrea e Gigi, commossi, esultano, il Presidente (di che?) vien spiazzato da una freddura peggiore delle tre reti di Paolo Rossi al Mondial’ 82, e l’eroe vien portato in trionfo.

  2. Fuga per la vittoria (1981)
    Partita storica, emozioni a gogò.Veri assi calcistici per la magistrale regia di John Huston. Mezzi ergastolani incastrati nella rivincita che vale tutta una vita. Michael Caine guida le fila del discorso “nazista” che non fila, potrebbero evadere ma preferiscono la dignità.
    E tornano a combattere. Finirà in pareggio con Stallone che para di labbro “storto” un rigore “imprendibile”. E tanto di centravanti tedesco annichilito, che crolla e piange la sciagura di Hitler.Poi, la platea spacca tutto, salva i giusti ed è festa per tutti.I cattivoni, di stessa “classe”, lì lo presero.Prendeteci!
  3. Italia-Germania 4 -3 (1990)
    Film patetico, di depressi, mosci, falliti, ma Rivera è stato più forte di Gigi Riva?
Ultimo minuto (1987)
Tognazzi vive da “merda”, non crede più a nulla, ma Abatantuono sa che la “giovane speranza” è l’ultima a morire. E, in zona Cesarini, il ragazzino salva capra e cavoli, con un “cazzo” di goal della Madonna! Alla Maradona… incoronet!
Che incornata!Del tipo “Dove l’avete pescato?”.
Spostato perché mi va.

“I promessi sposi”, Notte d’imbrogli & sotterfugi


14 Jan

 

Imbroglioni, mani in alto, siete stati scoperti. Urge confessione salvo rovina del vostro risarcimento!

Genius-Pop

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