Archive for 2013

Killing Season – Movie Review by Chris Stuckmann


19 Jul

“The Family” (Malavita), International Trailer


19 Jul

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La maschera(ta) della Morte Rossa di Edgar Allan Poe


18 Jul

Prefazione: esegesi dell’Arte, esigenza! So che spesso, in Passato non poche volte accadde (quindi caddi…), fraintendeste il mio umorismo nero. Mi pare il caso, anzi il racconto che calza a “trucco”. 

Dietro un resoconto di vita, qualcuno deve fare i conti!
Anche col proprio raccontarsela
Sin da infante, son sempre stato un grande ammiratore del supremo, imbattibile Edgar, vero genio d’acutezza mentale forse scaturita dalla sua vita tribolata.
Per esperienze personali, posso infatti attestare e comprovar alla mano che non v’è Arte senza sofferenze interiori.
Innanzitutto, definiamo “Arte”, concetto assai suscettibile di molteplici significa(n)ti ma, proprio in tali variazioni di metrica e giudizio, dal de gustibusdiscutibile, nasce il primo inghippo.

C’è chi considera “Arte” qualsiasi forma espressiva della personalità (non) mostrata. E quindi inglobano in tale “ginepraio” (sì, lo è ché il concetto tanto amplificato… si morde la coda da solo d’orticaria…) oramai tutto.
E, generalizzando, accorpando anche le più furbe, ricattatorie e a prima vista avvenenti “carezzine” al piacere, spesso omologato, s’include (dunque s’espande a iosa e “rose di spine” ritorsive) anche il brutto.
E il brutto, sempre secondo il discutandum est, a taluni appar(v)e-irà bellissimo. Addirittura, dinanzi a quattro schizzi di “sperma” su una tela, eiaculati per escogitar lo stratagemma “ludico” del far soldi, leggasi volgarmente e, per pari “teorema” (in)direttamente proporzionale, gettar fumo (piccante) agli occhi, spennando le coscienze di quattro creduloni pronti, dirimpetto a questi “stopposi petti pornografici” così “pendenti” dalle loro labbra, a farsi (in)coscientemente spellare semmai da chi li ha persuasi che arte sia, “ivi” spacc(i)ata a lettere cubitali in prima pagina del pennivendolo, a sua volta finto e suggestionante, dall’“alto” molto labile dell’esser già stato reputato “grande” e “credibile”… (eh sì, ha quattro lauree… se n’intenderà, se lo dice lui, bisogna credergli, può “certificarlo” appunto di “consolidata”, solidissima… reputazione eh, non si sputtanerebbe nel celebrar puttanate).
Finiamo, travolti dalla miriade d’informazioni (multi)mediatiche del bombardamento appiattente degli spiriti critici, con l’annebbiarci.
Prima, venivamo accecati da Michelangelo e la Letteratura di Dostoevskij c’ipnotizzava col suo carico, anche giustamente doloroso, d’addiction e tormenti, noi stessi ai limiti del misticismo e del rapimento estasiato.

Oggi, in questo Mondo alla cianfrusaglia, imbevuto di troppe “latrine”, anche il piscio a mo’ di graffito non è urina ma “adorabile”. Un Mondo appisolato di pis(ch)elli.
Insomma, non allunghiamo il brodo, la brodaglia puzza, non ho “quella” sotto il naso, ma vorrei annusare una bellissima Donna, senza che se la tiri da diva di Hollywood… oltre a nessun film in curriculum, ha solo un grande culo.
(S)oggettivamente è figa(ta). Per il resto, fa cagare.

Identico discorso “allusivo”, possiamo spostarlo in un versante più “elevato”. Le virgolette, che uso spesso, son qui ancor più necessarie per accentuar il sen(s)o d’ambiguità in cui raccapezzarsi è oramai impresa impossibile. Fra tale valle di capricci, arricciatevi e le acconciature eleganti vi sembreran sconce. Ah, scontato. Questo è già visto. Ma cosa è visto se reinventato?

Se vai al cinema e stronchi il film che va per la maggiore (semmai sei “obiettivo), ti dan del cretino perché oggi “spinge” il “cinema” con la maggiorata, a prescindere che compaia “allodola” solo nel trailer già “da lodare e Dio ti benedica…, oh, si chiamerà Benedetta, quindi ben detto” idolatrante giacché, per “vederla” priva di “giacchetta”, sudi freddo ma poi resti di ghiaccio quando “scopri” che all’oca han tagliato la parte “migliore”. Non è l’occhio, ma dove vorresti “pararli”. La “ravvedrai” completamente lussuriosa solo negli extra del Dvd deluxe formato “Max”, un po’ calendario e un po’ Patrizia D’Addario. Sì, dai al pubblico il “pube”, e crescerà “al cubo”- molto cubista da dadaismo…

Insomma, se hai talento, impegnati tanto lei la dà e di soldi pretende pure l’aborto dopo che il produttore corrotto l’ha “impregnata”, censurando la recitazione “orale” di “Sono cazzi suoi”. Sempre impegnato, non disturbatelo!

Ah sì, ironizziamo. Ché mi trovo in libreria davanti a una pila-“davanzale” di “bestseller” con in copertina peli pubici “pudicissimi”, “inneggianti” all’“altezza” scatologica delle più luride schifezze smerciate come “purissima” lindezza. Indecentemente, invece, la libreria più “fornita” di Bologna non ha più copie dei racconti… di Poe. Vado dal commesso e gli chiedo, anzi esigo, di parlare col direttore, al fine di poter esporgli uno scandalo “annunciato”.

Vendono solo i corpi “spogli”, nudi alla “Helmut Newton”… uguali, tendenti alla fotocopia delle cosiddette bellezze. Al bagno o ai bagnini?

Che cos’è quest’inversione balorda delle e(ste)tiche? E delle na(u)tiche?
Si rema a rotta contraria, nessuno vuol contrastare il prossimo. E si dichiarano però democratici con vezzi artistoidi da spacciatori.

Il commesso dichiara, a viva voce-urlatore, che va così e così bisogna (s)vendere. Minaccia di chiamare le forze dell’ordine e blocca anche la mia “ordinazione” del Poe.

Dopo tre secondi netti, entrano in libreria dei fascisti teppisti fasciati di “nervi”. Insomma, dei nerboruti manigoldi col manganello senza distintivo qualificante ma “quantitativo” per l’istinto lor brado del da pollo marchiarmi in quanto voglio ancora comprare Poe nel 2013, dunque sono solo che un puerile e non posso perfino spillar di tasca mia.
Però, mi riempiono le palle di “palate”. Eh già, ne fan a “patate”, a polpette sul chi crede all’Arte fra questa “sensibile” contemporaneità!

Mah.

Di mio, nonostante vari lividi all’attivo, visibili e non “passibili di denuncia”, poiché acquirente sorpassato, non voglio acclararmi nei cori ma insisto, “masochista”, a raschiarmi di vera Arte depurativa come il Vim Clorex.

Ho recitato “La mascherata della Morte Rossa”, alcuni testi poco puristi riportano solo “Maschera”, ma qual è davvero il titolo originale? Quello “valido?”
Altri “vetusti”, “vegliardamente” han adattato ne “La pantomima della Morte Rossa”. Insomma, è tutta una “festa”.
Ma c’è da perder la testa fra queste maschere carnevalesche, fra i mascara delle donne fra maschi animaleschi, fratricidi, omicidi e appunto il porno attore che fa… “artista” ma a me sembra solo “apri-aragoste” di “carisma” spermicida. Ad Agosto, tutti al mare, ma ti girano per gli altri mesi lavorativi, un girarrosto di girasole. Sì, appassiti autunnalmente e dipendenti per il festivo, concesso loro dal padrone coi festini eterni.
Alcuni si rivolgono al Padreterno. Altri alle tenerezze, altri alla monnezza.

Insomma, ecco il testo integrale, da leggere e imparare a memoria.

Dopo di che, recitatelo con la mia voce, e capirete che sono Arte col suo perché:

La mascherata della Morte Rossa
Da lungo tempo la Morte Rossa devastava il paese. Nessuna pestilenza era mai stata così fatale, così spaventosa. Il sangue era la sua manifestazione e il suo sigillo: il rosso e l’orrore del sangue. Provocava dolori acuti, improvvise vertigini, poi un abbondante sanguinare dai pori, e infine la dissoluzione. Le macchie scarlatte sul corpo e soprattutto sul volto delle vittime erano il marchio della pestilenza che le escludeva da ogni aiuto e simpatia dei loro simili. L’intero processo della malattia: l’attacco, l’avanzamento e la conclusione duravano non più di mezz’ora.
Ma il principe Prospero era felice, coraggioso e sagace. E, quando le sue terre furono per metà spopolate, egli convocò un migliaio di amici sani e spensierati, scelti fra i cavalieri e le dame della sua corte, e si ritirò con loro in totale isolamento in una delle sue roccaforti. Era una costruzione immensa, magnifica, una creazione che corrispondeva al gusto eccentrico e alla grandiosità del principe. Un muro forte ed altissimo la circondava. Nel muro le porte erano di ferro. Una volta entrati, i cortigiani presero incudini e martelli massicci e saldarono le serrature. Impedivano così ogni possibilità di entrata ? di uscita, per improvvisi impulsi di disperazione ? di frenesia, che potevano nascere, in chi era dentro le mura. La fortezza era ampiamente fornita di viveri. Con tutte queste precauzioni i cortigiani potevano permettersi di sfidare il contagio. Il mondo esterno provvedesse a se stesso. Era tutto sommato follia addolorarsi o pensarci troppo su. Il principe aveva pensato a tutti i divertimenti possibili. C’erano buffoni, improvvisatori, c’erano ballerini, musicanti, c’era la Bellezza e c’era il vino. Tutto chiuso là dentro. Fuori c’era la Morte Rossa.
Fu verso la fine del quinto o sesto mese di questo isolamento, mentre la pestilenza tutt’intorno infuriava al massimo, che il principe Prospero pensò di divertire i suoi mille amici con un ballo mascherato di un insolito splendore.
Fu una messa in scena voluttuosa, questa mascherata. Innanzitutto però, vorrei descrivere le stanze in cui si svolse. Sette stanze formavano un unico maestoso appartamento. In molti palazzi, simili fughe di stanze aprono a una veduta lunga e diritta; con le porte a due battenti che si aprono verso le pareti permettendo di vedere tutto in un solo colpo d’occhio. In questo caso invece la situazione era differente, come d’altronde ci si poteva aspettare dall’amore del principe per il bizzarro. Le camere erano disposte così irregolarmente da poter essere viste soltanto una alla volta. C’era, ogni venti ? trenta metri, un’improvvisa svolta che apriva di conseguenza prospettive sempre diverse. A destra e a sinistra, nel mezzo delle pareti, un’alta e strettissima finestra gotica dava su un corridoio chiuso, che seguiva le tortuosità dell’appartamento. Queste finestre, di vetro lavorato, variavano di colore secondo la tinta dominante delle decorazioni di ogni singola stanza. Quella situata all’estremità orientale aveva nella decorazione una forte dominante blu, e blu erano le finestre. Negli ornamenti e nelle tappezzerie della seconda stanza predominava il purpureo e purpuree erano le vetrate. Tutta verde la terza, altrettanto le finestre. La quarta era arredata in arancione e così anche illuminata dello stesso colore, la quinta di bianco e la sesta di violetto. La settima stanza invece era tutta avvolta in arazzi di velluto nero, che pendevano dal soffitto e dalle pareti, ricadendo su tappeti della stessa stoffa e colore. Era soltanto in questa stanza che il colore delle finestre non corrispondeva a quello delle decorazioni. Le vetrate erano di un colore scarlatto, di un cupo color sangue. Ebbene, nessuna delle sette stanze con le loro decorazioni, pur ricca di ornamenti d’oro, era illuminata da lampade o da candelabri. Non v’era luce di alcun genere proveniente da candele ? lampadari in questo succedersi di sale. Ma nei corridoi che accompagnavano le stanze erano appoggiati pesanti tripodi che sostenevano bracieri accesi, che, proiettando la loro luce raggiante attraverso il vetro colorato, illuminavano così in modo abbagliante le sale. Questo produceva un’infinità di immagini fantastiche. Ma nella stanza nera, quella a occidente, l’effetto della luce e del fuoco che si diffondeva sui drappi neri attraverso le rosse vetrate era talmente spettrale e produceva un tale effetto irreale sulle fisionomie di chi entrava, che nessuno aveva il coraggio di mettervi piede.
In questa sala si trovava pure, appoggiato contro la parete, un gigantesco orologio d’ebano. Il suo pendolo emetteva un suono cupo e monotono e quando la lancetta dei minuti compiva il giro del quadrante e batteva l’ora, veniva fuori dai suoi polmoni di bronzo un suono chiaro, forte e profondo, straordinariamente musicale ma di una tale forza, che a ogni ora i musicisti dell’orchestra erano costretti a fermare l’esecuzione dei loro pezzi, per ascoltare quel suono; e così anche le coppie interrompevano le danze e su tutta l’allegra compagnia cadeva un velo di tristezza; e mentre l’orologio scandiva ancora i suoi rintocchi si notava che i più spensierati impallidivano e i più vecchi e sereni si passavano una mano sulla fronte in un gesto di confusa visione o di meditazione. Ma non appena questi rintocchi tacevano, tutti erano subito presi da un sottile riso; i musicanti si guardavano fra di loro e sorridevano quasi imbarazzati del proprio nervosismo, e si promettevano che il prossimo scoccare della pendola non li avrebbe più messi tanto a disagio; ma poi, dopo sessanta minuti (che sono esattamente tremilaseicento secondi del Tempo che fugge), quando tornavano a risuonare i rintocchi dell’orologio, cresceva in loro lo stesso stato di smarrimento, di tremore e meditazione.
Nonostante tutto questo, la festa era allegra e incantevole. I gusti del principe erano davvero squisiti. Aveva, in particolare, occhio per i colori e per gli effetti. Disprezzava le facili decorazioni in voga. I suoi progetti erano avventurosi e bizzarri, e la loro ideazione era illuminata da incandescenze quasi barbare. Qualcuno avrebbe potuto giudicarlo pazzo. I suoi seguaci però intuivano che non lo era affatto. Bastava stargli vicino e ascoltarlo per assicurarsi del contrario.
Era stato in gran parte lui stesso a sovrintendere alle decorazioni delle sette stanze, in occasione di questa grande festa; ed era stato senz’altro il suo gusto personale a caratterizzare le maschere dell’intera compagnia. Credete, erano davvero grottesche! Di splendore e lucentezza, di intensità e fantasticheria, ce ne era tanto quanto poi se ne sarebbe visto nell’Ernani. Vi erano maschere arabesche, maschere totalmente in contrasto con i corpi che le portavano, fantasie assurde che soltanto un pazzo poteva aver inventato. Vi si trovavano in gran copia bellezza, lascivia e bizzarria, e insieme terrore, e nulla che potesse suscitare disgusto. E difatti, nelle sette stanze si muoveva una moltitudine di sogni. E questi sogni si intrecciavano, assumendo colore dalle stanze e dando la sensazione che la musica ossessionante dell’orchestra fosse soltanto l’eco dei loro passi. E poi, ancora l’orologio d’ebano, nella sala di velluto, che batte tutte le ore pietrificando per un attimo, i sogni. E cade il silenzio e l’immobilità e si sente soltanto l’orologio. Ma l’eco dei rintocchi si estingue lentamente: ancora una volta non sono durati che un istante, e un riso represso fluttua e l’insegue, mentre svaniscono. Torna la musica e i sogni riprendono vita; si incrociano e si uniscono ancora più ardentemente, illuminati dai raggi del fuoco dei tripodi, attraverso il vetro colorato. Ma verso la camera più occidentale nessuna maschera osa avventurarsi, ora che la notte avanza e dalle vetrate sanguigne viene una luce più rossiccia, e la cupezza dei drappeggi scuri spaventa più che mai. Chi posasse il piede sul tappeto nero sentirebbe il rintocco ovattato dell’orologio vicino ancora più solenne e, nello stesso tempo più vigoroso, di quanto possano sentirlo le orecchie di coloro che indugiano nei più remoti divertimenti delle altre sale.
Ma queste sale erano densamente affollate; in esse pulsava febbrile il cuore della vita. La baldoria andò avanti ancora più frenetica, finché risuonarono i primi rintocchi della mezzanotte. La musica cessò, come ho detto, i ballerini si interruppero e vi fu, come prima, una pausa generale, inquieta. Questa volta però i rintocchi erano dodici e accadde che il tempo a disposizione per lasciarsi andare a contemplazioni e pensieri fosse più lungo; e per questo forse, prima che l’ultima eco si dileguasse, più di uno della compagnia ebbe occasione di notare una figura mascherata che fino ad allora era sfuggita all’attenzione. E, quando la notizia della presenza di questo personaggio si diffuse fra i presenti, si levò un bisbiglio, un mormorio dapprima di disapprovazione e di sorpresa e alla fine di spavento, orrore e disgusto.
In una mascherata come quella appena descritta si può immaginare che non poteva essere un’apparizione normale a suscitare tutto questo trambusto. Alla fantasia e al capriccio delle maschere erano state fatte illimitate concessioni, ma la persona in questione aveva superato Erode e oltrepassato anche i limiti della stravaganza del principe. Anche nei cuori dei più sfrenati ci sono corde che non possono essere toccate senza dare forti emozioni. Persino per i più cinici, per i quali la vita e la morte sono oggetto di beffa, esistono cose su cui non si può scherzare. Era ovvio ormai che tutta la compagnia sentiva profondamente che nel costume e nel comportamento dell’individuo non vi erano né umorismo né dignità. La figura era alta e ossuta, ed era coperta dalla testa ai piedi dei vestimenti per i defunti. La maschera che portava sul viso era talmente simile all’aspetto di un cadavere irrigidito che anche l’occhio più accorto avrebbe avuto difficoltà a scoprire l’inganno. Eppure tutto questo avrebbe potuto essere sopportato, se non approvato, dai pazzi festaioli tutt’intorno. Ma l’individuo aveva avuto il coraggio di mascherarsi a guisa di Morte Rossa. Le sue vesti erano fradicie di sangue e anche la sua faccia dall’ampia fronte era cosparsa dell’orrore scarlatto.
Quando gli occhi del principe Prospero caddero per la prima volta su questa immagine lugubre (che solennemente, quasi a simulare il ruolo scelto, camminava maestosamente fra gli ospiti) sul suo viso sconvolto si disegnarono terrore e disgusto; subito dopo avvampò di rabbia.
 «Chi osa?», domandò con voce rauca ai cortigiani più vicini, «chi osa insultarci con questa bestemmia? Prendetelo e smascheratelo, e che si sappia chi impiccheremo all’alba sui bastioni del nostro castello.»
Mentre pronunciava queste parole, il principe Prospero si trovava nella sala orientale, cioè nella sala blu e la sua voce risuonò alta e chiara per le sette sale, poiché il principe era fiero ed energico, e a un cenno della sua mano l’orchestra s’era taciuta.
Era nella stanza blu, che si trovava il principe, circondato da un gruppo di cortigiani impalliditi. Al suo parlare dapprima i cortigiani fecero l’atto di scagliarsi contro l’intruso, che in quel momento si trovava nei pressi e che ora si stava avvicinando maestosamente al principe, con passo lento e deciso. Ma per l’indicibile terrore che la folle messa in scena della maschera aveva suscitato nell’intera compagnia, nessuno osò afferrarlo, e così passò indisturbato vicino al principe. E mentre la folla si allontanava di scatto, come colta da un comune impulso, dal centro delle stanze e si appiattiva alle pareti, presa da una paura incontrollabile, costui continuò ad avanzare con quel suo passo solenne e misurato che lo aveva distinto fin dall’inizio, senza incontrare ostacoli da una sala all’altra. Attraversò la sala blu, la sala purpurea e da quella passò alla sala verde, dalla sala verde a quella arancione, e poi alla bianca, e da questa si spinse anche nella sala violetta, prima che fosse fatto un solo tentativo di arrestarlo. Fu in quel momento però, che il principe Prospero, furioso anche della propria momentanea vigliaccheria, si precipitò attraverso le sei stanze, senza che nessuno dei suoi lo seguisse, per il folle terrore che li paralizzava. Impugnava una daga e d’impeto si era avvicinato alla figura che si ritirava, ed era già a pochi passi quando questa, giunta all’estremità della stanza di velluto, si girò di scatto verso il suo inseguitore. Si sentì un grido straziante. La spada cadde scintillando sul tappeto nero, sul quale subito dopo si accasciò morto il principe Prospero. Con il coraggio della disperazione un gruppo di gaudenti si precipitò nella sala e afferrò il mascherato, la cui alta figura stava maestosamente immobile nell’ombra della pendola d’ebano; e fu allora che con un gemito d’orrore si accorsero che le vesti funerarie e la maschera di cadavere che avevano afferrato con tanta violenza, non contenevano alcuna forma tangibile.
E allora si seppe che la Morte Rossa era là, e tutti la riconobbero. Era arrivata come un ladro nella notte. Uno dopo l’altro caddero i festanti nelle sale ormai invase di sangue; morivano così, nella disperazione. E quando l’ultimo morì, anche l’orologio d’ebano tacque, e le fiamme dei tripodi si spensero. E il Buio, il Disfacimento e la Morte Rossa dominarono indisturbati su tutto.


Voi cosa avete capito da quest’emblematico racconto? Che siamo pirandelliani, ognuno dietro una maschera per l’opportunismo di circostanza?
Carlo d’Inghilterra è il Principe che “prosperò” traditore di Lady Diana per “fotterla” nel “tunnel” della buzzicona? Potrebbe essere un’interpretazione molto sui generis, una vaccata meglio della vaccona di Kate Middleton.
Sì, secondo me le principesse, anche se magre e slanciate, han un che di lardoso. E vanno (s)munte.

Ora, alza la mano uno studente senza denti:

– Professore, ce lo spieghi Lei?

– Ma io non ce l’ho piegato! Non devo spiegare proprio un cazzo. Devi impararla/a da solo. Ricorda: non troppo analizzare, se no diventi un analista da penali, e ti faccio l’anale.

– Come, prego?

– Niente, era una cazzata. Vuoi la spiegazione del racconto?

– Certo.

Il Principe Prospero pensa di poter pappare tutte le prosperose e invece niente cena della sua maschera di cera da morto.
I panegirici servono al panettiere per le “rosette”. La verità va dritta e abbrustolita. Come lo “sfilatino” rizzo, non arrotolato… in inutili (rag)giri(ni). Deve essere caldo e basta. Farina del suo sacco, senza scopiazzature e altri “cazzi” che tengano, leggi Viagra e Bignami.
Da me, il professore, otterrai solo il tuo gnomo se oserai “magnarmi” da falsità professorali. Non sono magnanimo, sono quel che sono. A volte non ci sei, perché dormi. I sonniferi rilassano, per un po’ non ci sarai, poi canterai con Claudio Baglioni la tarantella assieme a Vasco Rossi, al ritmo di sono vivo, sono qui, sono ancora qui, eh già. Secondo me, è già finita. Ti ve(n)do in zona Verdone quando canta la canzone “Binario”…

Rammenta, demente. Nella vita, non esistono equazioni binarie e spiegazioni logiche. Devi calcolare anche il digitale dopo l’analogico. Infatti, adesso dove li butterò i vecchi VHS che non “entrano” nel “lettore?”.
Io leggo ma gli altri no. Sembrano delle stampanti. Parlan per frasi fatte. Io non mi faccio, gli altri strafatti ti dicono di farti gli affari tuoi. Il loro affare però è ammosciato. Troppa droga e i ventenni han già le rughe. Se a quaranta diverran a novanta, a ottanta rinsaviranno o salirà ancora? Chissà. Lasciano il Tempo che trovano. Ma lo troveranno in mezzo alle troie. Il mestiere più antico. Sì.
Un Tempo, guidavano le Vespette. Amavan la donzelletta che “vien” dalla campagna, adesso mirano a carriere “facili” eppur “arrivate” in cima al “monte”.
C’è Monti, Vespa Bruno, Brunetta va con le brunette, la verruca di De Niro è sempre più vecchia.

Insomma: “La maschera della Morte Rossa” è la metafora della condizione (dis)umana, che tocca anche ai “potenti”. Si credon “untouchable”, ribaltando le regole da Al Capone, ma se li tocchi… nell’intimo… (vedi Berlusconi con le mignotte), s’incazzano e rigiran di porcate. Tutto un Travaglio, da che posizione la guardi, sei ingravidato da quando sei uscito uterino, forse anche Martin Lutero era invero papale. Sì, Martin non ha mai pappato, sol di sapone bolle.

Gli uomini coi soldi, prima o poi, si rivelan stronzi. Le stronzette, da me solo che cazzotti. Comunque, ce n’erano molte nell’orgia di Eyes Wide Shut.

Tom Cruise scelse la fulva in modo poco furbo, di lievito “infornante” sull’inculata che levita.

Si toglie la mask, diventa Jim Carrey di Bugiardo Bugiardo e tanto va il porco al largo che fa la fine del Prospero.

Una fine da vero dottore del Principato… di Monaco?

No, di me che glielo monco.

La Morte Rossa sono io.

Così scrisse, così è.

Amen, salutami la bionda morta dell’obitorio.

Anzi no, aspetta. Ma la bionda era la stessa della festa? E chi l’ha resa rossa? Come? Era sempre bionda? Son io che confondo?
Siamo in un doppio sogno?

Mah, secondo me l’ha ammazzata il parrucchiere.

E Nicole Kidman rimase una cagna anche con Kubrick. Il resto è una “montatura”. Rimarrà negli an(n)ali.

Fidati. La vita è Arte per Natura, il bisogno dell’artista è consolarla.

Certo, se non hai i soldi per neanche un piatto d’insalata e la testa di Stanley Kubrick, poi ci scappa la frittata.

E nessuna scopata. Ci sarà qualche scappatoia? Voglio solo la scappatoia. Al massimo, posso pretendere una scaloppina. Non voglio galoppare di fritte patatine.

Oh, non friggerti. Pensa al tuo uovo, mi sa che l’Uomo non sei tu. Mi sembri uno da Vov. Dammi retta, quale genio della lampada.
Non sei nessuno, io sono qualunque. Il problema non mi passa. Svolto mentre ti aspetta la sedia elettrica da Alessandro Volta(ggio).

Insomma, mi tengo Poe-ta, anche squattrinato, tu tieniti le tette guadagnate di molta marchetta.

Ciao, ci rivediamo, eh?!

Non è una spiegazione? Invece, lo è. E se non t’ho convinto, se vuoi avvincermi al tuo vanto, da me lo riceverai poco davanti.

In realtà, l’esegesi di questo grande racconto è questa, sintetizziamola però per questioni logi(sti)che: il “Principe” Prospero pensa di scacciare via i suoi demoni interiori e crede di trovar conforto in una “fortezza”, attorniato solo da persone che può “soggiogare”.
Ma la coscienza silenziosa serpeggia, striscia, entra senza che nessuno possa vederla, il Principe l’ha sempre saputo/a. Sperava che si fossero per sempre calmate le acque, ma le acque delle anime “rinnegate”, soprattutto la propria, tornano prima o poi a galla.
Tormentano di pari persecuzione. Per se stessi nello specchio delle bugie. Di tutti, purtroppo.

M(or)ale: se fai il gallo, anche i ricchi piangono.

Non fa rima. Non segue un filo logico?

Sì, ho sempre preferito gli incubi di Lynch a Shining.

Possiamo dirci la bestemmia? Va detta. E ci sta pure il Dio dopo il?

Il pranzo di Prospero. Perché non puoi (pro)sperare a lungo.

Applauso!
Firmato il Genius
(Stefano Falotico)

  1. Apocalypse Now (1979)
  2. La maschera della morte rossa (1964)
  3. All’inseguimento della pietra verde (1984)

Who is Bobby Cannavale? Un attore da popò al babà! Al bacio, sì!


16 Jul

Chi è Bobby Cannavale?

 

Bobby Cannavale, attore carnevalesco, come voi, idioti carnascialeschi!

La mia (r)esistenza da “pueril” puledro alla sporcizia delle massaie, si misura da quanto odio Cannavale Bobby eppur abbaio mentre voi vi rabbuiate: evviva gli anni ’90!

Ma che pensi che sia Carnevale? No, sono Cannavale al bacio, al popò di babà!

Altri tempi, che voi non avete vissuto né di memorie rivivrete, ché mi vibravo fra cosce mie spaparanzata versione Eminflex del giusto e sacrosanto onanismo galoppante, inverecondo, sguaiato e altisonante nel trombar da solo, perso tra fantasie “criminose” di gambe accavallanti, discinte con garbo e “gambali” miei di sudato “coraggio. Tempi oramai arenati, dopo tanto e pedissequo, equino “allenamento”. Di bone len(z)e, ricordo le mie masturbazioni che tutte le coglievano, compresa l’impresentabile Antonella Boralevi.

Pomeriggi “casalingui” di liscio fai da te, una, due, tre e poi innumerevoli giravolte sul (di)vano.

Tempi d’aria salubre e “mansueta”, d’un puberale impudico mio “pugnale”. Ah, pugnette che mai gettavano la spugna nonostante il sudore tanto. A capovolto osso lombare, capriole nel sacrilego edolor all’anca sacral per anelar al buchino mentre i miei coetanei si bucavano.
Ah, meglio i miei pann(olin)i sporchi, davvero di film alla Porky’s. Da playboy allietato nel late night, ululante a luculliane donne dal grande culo.

Ma poi giunse l’età adulta e la prugna ti fan ammuffire. Per amarla, t’ammorban di ricette  e devi implorarledi pietistico, devi pagar il pegno se vuoi “impregnarle” col pene. Pane al pane, vino mio poco papale. Ah, come le palpo. Devi guadagnarti le penne all’arrabbiata, condir di pomodoro d’Adamo le dame se vuoi papparle da damone.
Come tutti gli altri che son già stati liofilizzati nell’ovatta a idrofila pancia piena. Ingurgitano d’appetito mai sazio e preferiscono il dolce alle salate.
E non salì poi più. Ti rendon Padre Pio, ti castigan nella stigmata se osi sfregar di mani accalorate nel sangue più verace, pugliese e bestemmiante come a Bari(lla), con tanto di pasta al “pestaggio” se non ti piace Benedetta Parodi. Canta con Minà e sarai poco minatore in Lei in calore.
Sì, guida il trattore e recati in trattoria, ove troie a non finire potrai addolcire. Ti danno anche la panna e il latte da mescere nel cappuccino.
Il cameriere ha il cappello, caspita come la pennelli, sai già che lei, minuscola di l stavolta, ti strapperà le bretelle, poi da barbaro bretone, le sarai barbabietola. Eh sì, dopo la bettola, il tuo abete, mio ebete.
Lei te lo beve, poi andate a pregare nelle cappelle. Confessandovi, fessi, tu reciterai la sua Maria, che di fessure è tutto duro.

Altri tempi in cui il Cinema potevi gustare di rassegne. E assegnar vo(l)ti a chi volevi. Non il volgo modaiolo.

Un nuovo “grande attore” sta ottenendo ruoli a raf-fica, viene dal nulla più “terrone” d’esportazione americana della matrice italo-ascendente sul globalismo cinematografico da vero “cul(inari)o”

Si chiama Cannavale di cognome, ma la faccia non è da divo, perlopiù da panettiere “siculo” emigrato USA con la “Coppola” d’uno nato nel New Jersey e la sua faccia non m’è nuova di padrini e da panino con la mostarda nel performer di merda…

Per forza, Bobby è delle donne “perforatore”, e v’incula a sangue. Letteralmente tradotto così: “Se non gli dan la parte, piglia la tua partner e si becca la sua porzione”.
Egli scippa. Egli scopa. Egli ti fotte e scappa in un altro “ruolo”. Dentro un’altra “immedesimazione”. Occhi penetranti, bucan lo schermo, alle donne gioca di scherma. E spalma le creme!

Infatti, ora è chef per la trasposizione del Palahniuk peggiore che speriamo blocchino nelle forchette alle sue origini “roventi”. Quest’attore non s’allinea ai miei delicati gusti, eppur piace e sta mangiando pellicole su sua pellaccia in filmografia sempre più “allungata”.
Mah, non è dotato d’espressività, sembra Fabio Volo nel Fred Buscaglione più trimone, eppur sarà “dotato” di “qualcosa” che io non vedo. Non pensate “malvagi”, non a “quello” mi riferisco, bensì al suo colluttar con la mafietta. E poi va di cariche e trombette! Anche Frank Sinatra faceva così. La sua voice superò le giuste accuse al suo boss.
Già. Per arrivar lì, a recitare con Pacino di spalla e protagonista di Woody Allen, mai Cannavale leccò culi di “pene” (non fraintendetemi, parlo della “gavetta” che faticar devi “darti da fare”). “Alludo” che qualche spintarella avrà avuto della “ricevuta…” come Emilio Fede e i destrorsi alla Carfagna. Mara lo mirò e, ammirando Silvio, guardarono Omar quanto è bello.
Sì, Bobby è come un nostro “parlamentare” di Destra. Nessuno dichiara d’averlo votato, e allora come fa Bobby a star lassù nella Mecca? Non è, ripetiamolo, “fortuna” di dura “minchia” ma di svendersi al “miglior” offerente.
Bobby contattò la Warner Bros per un provino, ne uscì bocciato, dunque provato. Al che, tornò negli “studi”, legò il direttore e lo ricattò nel puntargli una pallottola da “uomo di palle”. Che non può essere ferito nell’onore.
Da allora, nessun più si permette di scartarlo. E Bobby “sale”… Ogni riferimento al nostro ex Presidente del Con(s)iglio è puramente vero tanto quanto Silvio le verginelle tocca di atti impuri e casuali.
Comunque, un certo fascino del “cazzo(ne)” c’è. “Ammettiamolo”. Cannavale ha il suo perché. Come no.
Tant’è che può vantare una relazione triennale con Sciorra Annabella, alla quale cantava di “mandolino” tutte le notti nel riesploso “Vesuvio” partenopeo, sciorinandole anal. Litigarono per colpa delle sue “pizze” con troppa salsa, leggi percosse da manesco “cuoco”.
Bobby si scaldà, e Annabella pianse in una lacrima sul viso.
Annabella è ancora però cotta del Cannavale, si strugge disperatamente per avergli strappato il coglione rimasto che è. Bobby non ha risentito della “botta”. Nient’affatto indebolito, sta rafforzandosi da “intoccabile”.
S’estende a macchia d’olio e compare, anche simil torta “Ca(m)meo” al bu(d)i(n)o, nel centrar di “cavolo” burinissimo, al burro sulla merenda dei film d’ogni cucina, è la ciliegina che m’induce al caffè senza zucchero.
Sì, il film mi sembra delizioso ma, appena “avvisto” Bobby, mi scende il latte alle ginocchia. E opto per l’amarezza.
Qualcuno ha un cannone per frantumarle tal testicoli di cannolo? Ah, cremoso si scioglie Bobby.

Recensione al righteous kill per Cannavale!

L’omicidio perpetrato alla f(r)eccia dev’esser virtuoso, scagliato d’ira repressa dietro abiti da poliziotto intonso. Altrimenti, è sol che assassinio dietro leguleia “etica” ancor più da stella di “latta”.
Non arzigogolato tra false maschere, sfacciato come un Pacino (spoilero) logorato, “ansiolitico” dell’angoscia sua geniale oggi qui invecchiata, recidiva anche agli impeti urlanti ma “schiamazzato” d’interpretazione sorda, anonima, trasparente ai limiti del brezzolato.
Un grigio lupo di mare nella giungla, scalcinato di zigomi, acido muriatico di teschio in capelli sfibrati, ischeletrito nel ventre dell’Al(ba) che fu, tramontato senilmente, ma non sereno affatto.
Affilatissimo di grilletto facile da “buco” in mezzo alla fronte, forse drogato dell’esser marcito nell’integerrimo codice che (ci) ha tradito.

Non c’è heat in questo freddo poliziesco che non è all’italiana, nonostante le insegne al neon di ristorantini“emigranti”, polar-avanguardismo patetico d’un Cinema tronfio di schiettezza cruda. Tanto da scarnirsi la cena delle sparatorie. A essiccar anche di poco spargimento di sangue.
Lurido underground del sottobosco “inguardabile”.
Amarognolo nel “retrogrado” essere anni settanta in abiti cattivi d’un montaggio schizzato, di testacoda e split screennella messa a fuoco di calibro sfiatate, di recitazioni “lombrosiane” nel Pacino meno se stesso e nel Bob bolso, smemorati dai due miti di Michael Mann.

Quindi vetta da studiare a memoria per ogni (de)generazione futura. Spacca le tempie nell’accecarci con due icone fuori sincrono laddove in Mann, pur comparendo in sole due scene, fra cui una “cenetta”, erano più tavola calda di specchi delle medaglie…

Jon Avnet è mestierante, arrabatta, la butta lì, cazzeggia in una sceneggiatura discreta firmata dal creatore di Inside Man.

Produce Avi Lerner, quindi già impacchetta la paccottiglia, infila Carla Gugino per un paio di tette “di sbieco” neanche inquadrate in modo davvero birbante, la vediamo semi-oscurata da un De Niro montante a sodomizzarla ma da nostro groppo in gola.
Una cavallina triste, una cantilena per concludere in quattro e “quattrocchi” lo scontro di un Cinema senza Sguardo. Ma non è liquame, c’è più melma in tanto degrado che nel Cinema che voi definite elitario, dunque automatica.-mente piacente.

Ma per piacere. Rispettate Bob e Al, ammirateli nel finale “a bersaglio”. Saranno un po’ andati ma la stronzata va ch’è ancora due pezzi da novanta.

Per il resto, rispetta sia la Legge e sia le tue chiacchiere e distintivo…

Come dice il detto, togliamoci il dente e leviamoci dalle palle il Cannavale, Carnevale e pure i caviali.

I sassolini son mie scarpe letterarie da Stephen.

Invero, dovete amare Cannavale, quello di Bombolo, grande viveur che sfotteva tutti gli innamorati falsi

Sì, grande coppia con Bombolo, ma Cannavale era caratterista che derideva le cretine. Suonavano da batteriste, Lui e Bombolo. Arrivavano le bombe! Alla Zucchero Fornaciari.

Dopo aver recitato in farse napoletane sulla disoccupazione, sulla crisi, sull’identità del figlio omosessuale tendente al tenente moscio, pigliava la macchina, si recava nei bar sotto il vulcano di San Gennaro.

E consolava le donnicciole, cantando loro questa strofa di Celentano:

Amica mia, quanto costa una bugia
un dolore che dividiamo in due tra noi
La gelosia, quando arriva non va più via
col silenzio tu mi rispondi che
col tuo pianto tu mi rispondi che
coi tuoi occhi tu mi rispondi che lo sai

La gelosia… più la scacci e più l’avrai
tu eri mia di chi sei più non lo sai
complicità ma che gran valore ha
sincerità che fortuna chi c’è l’ha

Poi, ordinava una marinara e si ficcava l’acciuga. Con tanto di cappero al peperoncino della Campania più verace.

Firmato il Genius
(Stefano Falotico)

  1. Chef (2014)
  2. Blue Jasmine (2013)
  3. Il padrino – parte III (1990)

La società odierna, quindi anche il “Cinema” che vi meritate, idioti!


16 Jul

Capitolo 1

Tatuaggi sull’addome carnoso del mio “lebbroso”, i miei libri son migliori dei tuoi aforismi, io vergo il Ver(b)o vitale dei vostri nervosi, spruzzo l’ingrediente del non gradirvi

Vedo gente stanca e la irrido perché posso permettermi il lusso di sbeffeggiarli quando, cortesi di “baciamani”, corteggian sol che fraudolenze a caudine sessualità già lorde in “candore” così schiaffato in faccia senza dignità.
Passeggio, arrotolando del tabacco mesto e, di fanfare, innaffio i “copricapi” testardi, programmaticamente stolti, nel venerarmi più piacente a mio sorriso “camuffato” dietro un’aria seria speculare a quest’idiozia “sincera” e tanto sfacciata da indurmi al vomito.
Acciuffo le mie ossa e me ne ingurgito, nell’odore secco di tanto vostro essiccare e annuir con far “cotanto”. Ah, sarà l’aurora boreale che, dall’Africa, in squittii maestosi delle sue cavalcate, soffia sin qui, in tal tetra città ove l’Estate è sempre immutabilmente grigia e noiosa.
Spettino i miei capelli e, arruffatissimo, arraffo a man bassa, nel loro palmo non solo di cartilagine ma di sradicate narici, ché ne inalo i veleni lor da inetti, iniettandomi carezze soffuse nell’umanità mia non gravitazionale a tali (os)curati.
Ah, miei pagliacci ipocondriaci, additatemi da matto e vi sarò mattanza, nel massaggio “taumaturgico” che vi sanerà d’ogni ferita poc’aromatica. Lo so, patite il reumatismo di troppe “flessioni ginniche” moderate da studi “classici” d’un Ginnasio che a me pare asino e da graffiar con forza e mai loffio “infermo”. Gioisco a deridere le ragazzine tristi, “giocherellone” delle loro unghiette, son spezzatino quando se le rompono, illuse di spaccarmi il cranio perché non son a codeste coccodè un figlio di puttana per scoparmele di sana pianta.
Eh sì, sono erboristico e m’impunto, meglio dei punti e crocette di vostro “lustrarvi” fra orecchini e un paio di “gioielli”. Bevo la litania delle mie ma(n)i malinconie, in quanto fresca euforia, miei festanti frivoletti.
Son oggi pargolo e domani a pascolarvi nel pianto così colmo di lagrime, poi domani paradossi trasformisti nel saltarvi addosso. Preferisco il tè al farlo dandoti del “Lei”.
Da me, allietata non sarai, io salirò e non mescerò salivare la mia lingua in tal porcile anale. Son il cane, son la cruna dell’ago, son crudo e voi “bagnate”.
Immergetevi in questa colica renale, frizzanti nei bollori, da me sol che bollicine al vostro schifoso “sapone”. Sì, insaporisco il mio viso nel deturparlo in quanto non laido come voi ladri “puliti”.
Mi travesto da clown, di contraltare e son anche poco tenue di soprano, un soprammobile accidioso, un menefreghista a tenore del non attenuarmi come i buonisti.
No, non addolcisco la mia voce fuori dal cor(te)o, affilo i coltelli e raschio la gola, fin a giugulari golose del mio eremita e non nelle “delizie del palato” come tali sposalizi invero oziosi.
Mie viziate, vi donerò l’orzata amara, son la malattia venerea a una vita che voi adorate in quanto volete, volenti o nolenti nonostante la dolenza e le lenze di lisca d’abboccate esche, durar nel galleggiare per la vostra galleria degli orrori.
Preferirò la galera a questi galli cedroni e una limonata gelata alla pesca del mio “frigorifero” a questo sbaciucchiarvi e brindanti stappati.

Sono l’irriverenza assoluta, il codice morale sviato per avvitarti ai tuoi obblighi “estetici”, ché dell’etica son afflizione e indemoniato a non “attivarmi” come voi passivi, già trapassati in quanto mai nati, delinquenti d’oratorie orali e di lingue sguaiate.

Capitolo 2

Quando Cronenberg sostenne che, dai cinecomics, non si può ricavar Arte, gli caverei gli occhi come Daredevil…, che sono io
Certo, se danno a Nolan la trasposizione commerciale dell’“Uomo nero con le ali”, il Cinema atterra mediocre di sopravvalutato, se danno a me la profondità delle sfaccettature a tema del mio “doppio”, ne salterà fuori un Superman fortificato dal mio Kick-Ass

Sono John Lennon, critico Bale Christian, la falsa cristianità e le vostre vite che non vivono la propria!

Christian Bale è il più grande del Mondo, dunque anche storiografico del Pianeta Krypton, in quanto superomista delle trasformazioni mutanti alla Wolverine oggi e domani Batman, l’X Man t’incula e cambia forma.
Gli manca Cronenberg, ma lo vedrei bene catapultato in un suo “carnaio”, che voi definite “chirurgico”, per la serie “La frase fatta dedicata al cineasta di vostra ignoranza superflua e alla bona, quant’è bona”, Chris a involarsi, avvoltolato nel sangue schizzante, purulento e poi veloce di pus nel più “lestofante” amplesso (s)garbato, da bad guy anche un po’ gaio nell’ambiguità sopraffina delle sue sopracciglia alla Beppe Bergomi, questo Chris pittato nei levigati zigomi anneriti dietro una maschera “pipistrellesca”, che deride il Joker con voce cavernosa ed è mobile più di Big Jim su fisico tutto d’un pezzo a (s)montare Catwoman e cazzoni vari mentre si sbarba col maggiordomo versione “rasoio” d’un servigio Barbie e stile integerrimo del doggie ad apparecchiare le sue gatte in calore con tanto di tacchi(no).
Stessa classe di Michael Caine. Bale è un cagnaccio!

Wayne distinto, di stile, come no. Uno spiritello porcello alla Michael KeatonUn mani di forbice più “wonderland”, nel senso di Val Kilmer/John Holmes. Sì, per mantenersi in forma, non va in palestra, ma usa la “balestra” scoccante nel mangiarsi tutte le alici…

Le adesca a paraventi di ventosa. Loro pensano infatti, “in fallo” che, dietro il trucco indelebile e resistente, forse potrebbe spingere indistruttibile di marmo.

Che Batman sia un maniaco sessuale è cosciotto accertato, nevrotizza la pulsione castrata della corazza nel “Tutto fuoco e niente arrosto”, con armi a raggi “microonde” su moto dalle gomme pneumatiche. Le “bombastiche” lui mastica ed appiccica il “mastino” nel tirato a lucido…
Batman sterza, in quanto “sterile” e per di più anestetizzato da quel che di Notte, solitamente, dovrebbe alluparsi. Cioè, quando la Luna brilla lassù, uno con un corpo alla Bale dovrebbe sbatterle sopra e sotto di “brillantine”, ululando. Invece, cazzeggia per purificare Gotham. Pensasse a come arrossire le gote e godrà senza il suo Notre-Dame.
Sì, il Batman di Bale è un gobbo, legge pure male le battute.

Un vero falco nel buio, un aquilotto che “spicca”, spacca il culo ai cattivi ma le donne lo picchiano. Da cui The Dark Knight che non rises in quanto poco riso e il cazzo non abbonda nello stolto che rosica e aspetta l’alba in bianco.

Ma il Batman di Nolan è anomalo. Per questo dobbiamo “(e)levarlo” in “pompa”. Un “losco” figuro a cui non frega un cazzo delle fighe. Egli bisbiglia, imbroglia, spinge, annusa e ammicca d’occhi neri nello spu(n)tar di visiera impercettibile. Quindi, schizza… altrove, da paladino che tutti impala e poche “impallina”. Anzi, nessuna.
Chi si crede d’essere? Batman è misogino o misantropo alla Capitano Nemo? Batman è ancor più “sommergibile”, naviga sott’acqua e scova i topi che scopan tra le fogne, li affoga di tutte foghe e quindi ottiene il suo “sfogo” senza bisogno d’infuocar le topine.

Non è un personaggio della Disney, ma un folle che “scoreggia” in città nel silenzio assordante dell’omertà. Gordon lo scambia per il corvo Brandon Lee, come look siam quasi lì se si confonde nel suo nemico per antonomasia, Heath Ledger “defunto” prima della fine delle riprese, con tanto di mitomania del compianto per far più cassetta. No, poiché supereroe, dunque filantropico è pure amico dei fruttivendoli, in piazza egli appare vestito da Pinguino di Elio… con Tom Hardy/Bane urlatore su doppiator Filippo Timi/Mussolini al fin di smerciar più banane e cicorie.

Se andava al mare, più cocomeri avrebbe rifilato alle “melone”. Eh sì, nonostante “tutto”, Batman è un “duro” grossissimo.
Testa di cocco bello!

Ce la vogliamo dire? Chi paragona Nolan a Kubrick, da me solo calci nel culo e vada a lavorare anziché allestire teorie “gasate” del suo eye wide shut.
Ma non distraiamoci. Torniamo a Bale. Bale non racconta balle, non è un cazzaro alla Nic Cage, non balla come il John Travolta che fu ma di pelle è camaleontico alla De Niro dei tempi d’oro.

Tant’è che comparirà, “irriconoscibile”, di nuova “muta” impressionante proprio col Bob.

Bale è inespressivo, basa tutto sul “carisma” del fregare lo spettatore. Lo spettatore va al cinema, guarda il “suo” nuovo film e rimane ipnotizzato per due ore circa dal Chris nuovamente “diverso”. E, mentre il pubblico continua a ripeter fra sé e sé, “Incredibile, cazzo, non sembra lui”, il film è finito.
Così, Bale si fa bono con tutti i soldi che vi frega da sotto il nasino.
“Ma quant’è bravo Bale”.

Più che altro, voi bevetevi Bale e la vostra vita, a forza di guardare i cazzi degli altri, non vedrete né Michelle Pfeiffer né Anne Hathaway “dal vivo” ma, soprattutto, neanche il vostro “uccello”. Detto piffero violato, poco volante di manubrio incastrato.

Sì, la vita vola via, e tu stai a osannar Batman nell’alto dei cieli. Pensa al tuo uccello prima di ammirar il pipistrello.

Ho detto tutto.
Che c’entra Cronenberg? Anche i geni come Lui sparano cazzate. Sì, avete una visione distorta dell’eXistenZ.

Quando capirete che è tutto un giocattolo, tuo figlio avrà scopato tua moglie. E saranno cazzi. Prenderete coscienza che avete invertito il giudizio frettoloso sulle “tappe” mentre vostro figlio è sempre stato Tom Stall.

Non potevate capirlo subito perché, quando nacque, stavate scopando con una prostituta sui viali. Sì, vostra moglie partorì e voi avevate la testa “altrove”.
Cioè “a culo”.

Da me, società di ritardati, solo che pugni in faccia. Come vuole la massa. Va al cinema e, se non assiste a scazzottate, torna a casa “abbattuta”.

Ecco cosa s’è perso oggi. Il senso della misura… di mio, posso garantirle un “Batman” che impenna di ottime proporzioni, tant’è che fui contattato an(n)i fa da Burt Reynolds di Boogie Nights ma preferii Demi Moore di Stripteasnella sua controfigura.

Un Tempo, sì, maschi e femmine si commuovevano per Ghost, quando è poi morto invece Patrick Swayze, dopo un agonizzante, incurabile Cancro, le donne sono diventate come Bridget Fonda di Jackie Brown… nello sfotterlo a mo’ di Louis Gara, gli uomini son rimasti delle iene.
Soprattutto quelli che si svendono da brave “personcine”. Detta come mangio, sono sciacalli. Han lucrato anche sul dolore.

E quello che ti fa rabbia è che sono adesso loro sulle prime pagine dei giornali. Non perché abbiamo i nuovi mostri, ma Fabrizio Corona con tanto di didascalia: “Ho rovinato la vita a mezza Italia, scarceratemi, devo interpretare il remake italiano di Scarface”.

Guardate, sono Robert Forster e lo libero io su cauzione.

Poi, anziché il Pacino tamarro de no’ altri, gli do la parte di F. Murray Abraham sempre di De Palma.

E lo lascio penzolare.

Pensateci. Se firmate la petizione, mancano solo una manciata di firme, avremo una merda in meno.

Se po’ fa’? Sì sì.

Ora, secondo voi dobbiamo regalare i nostri soldi a Christopher Nolan, a Bale e compagnia belloccia, quando abbiamo l’erede di Cronenberg. Peraltro, con qualcosa in più?
L’ironia che a David manca. La fumettistica alla Tarantino.

E chi sarebbe? Come chi sarebbe?

E chi può essere?

Il qui presente-rinomato-assente. Oggi, non lo vedi, domani ti entra.

Firmato il Genius
(Stefano Falotico)

  1. American Hustle (2013)
  2. Killing Season (2013)
    Vero cult movie in quanto già inverosimile.
  3. Wolverine – L’immortale (2013)

Tonino Accolla


15 Jul

Muore Tonino Accolla, me la rido da Eddie Murphy e ammazzo gli idioti alla Homer Simpson come Frankie Machine

Morto un Tonino, se ne fa una a collo.
Sì, e ora scrivo la totale blasfemia. Tanto, a malapena conoscete i film che ha doppiato. Negli ultimi anni, gli avete dato pure del drogato.
Perché siete dei piccolo borghesi che non meritate un amico alla Nick Nolte. Quindi, uno spietato ed eastwoodiano gangster cazzuto e pure cazzone.

Frankie Machine alla De Niro: per debellare la nostra società dalla piccola borghesia sospettosa, donerò voi un falò come la Gioconda, iracondo in quanto io non ve le racconto, tu vai a raccogliere la frutta della frittata.

Fratelli della congrega, son Uomo di levatura morale eretta ove l’erectus sapiens sapiens, poco sapiente invero, è ancora arretrato in mentalità da gobbo.
Sì, passeggia malinconico, pervaso da dubbi del suo stesso ego perplesso. Cerca sempre l’ago nel pagliaio altrui, che vorrebbe impagliare per appaiarsene di tutt’ora non sconfitte, recondite paure.

Lo vedi passeggiare, “discreto”, parla da solo nel sottovoce più “irriguardoso”, soffre silenzioso in tanti rimpianti da piagnucoloso. Sempre si lamenta ma non apre la mente.
Lavora tutto il dì, spacciandosi persin da “giornalista”, poiché sa vender “bene” le sue rassegn(at)e stampe, fotocopiandole nello scremar immutabile, incancellabile, ideologico d’un fascismo che ancor gerarchico scinde l’umanità fra “bianchi” contro neri, s’immola infatti all’Altare “patriottico” del falso nazional-popolare, fuma le popolari con far da pollo che tifa, finto-sinistroide, per un populismo di facciata a salvargli il cul sempre parato, ma poi “sbocca” di “Ammazza che figaaa!” nel suo volgar palato…
Ah, sparla, chiacchiera ma non favella, seppur la fava “bella” tra le prostitute si diverte da “felice e contento”. Quante mess(alin)e il nostro “chiesastico”. Quando vien attaccato nella sua “intoccabile” dignità, con tanto d’attestati e dunque presume lui da “piedistallo(ne)”, ti borbotta contro da “educato” nelle più caudine violenze psicologiche del “mobbing”, abbindolandoti d’altro “abbigliato” nell’uso dei suoi costumi… I fessi abbaglia, dietro “dorate” carte di cotanta (im)postazione.

Così, i creduloni a costui si prostrano, mentre più lui li frusterà per (ar)renderli sol che più frustrati, col ricatto del “Pane e vino non ti manca, prega Iddio e la ricotta… puoi guadagnartela da fornaio, infornando quindi tutte le molli(che), come da pagnotta del porcellino… sì, pian pianino, qualche soldin’ riempirà il salvadanaio e anche tu fornicherai, ieri non hai avuto culo ma, sudando f(at)ica, vedrai che sarà poi un buon an(n)o, caro il mio suonato e asino. Intanto, ti servo il mio forcon’”.
Sì, l’uomo medio italico incarna alla “perfezione” tal teorema previo che, se ti ribelli, ti spellerà di coercizione, con sedative azioni della “sanità” ché “santifichi” appunto sol la tradizione di tal “gioiosa” società.

Per “ficcare”, devi integrarti di “pene” integrale, mai cornificare le regole “piane”, altrimenti il piano regolatore potrebbe subire delle “botte” di contraccolpo.
Meglio contenerti subito prima che tu possa dilagare e le sue donne “allargarle”, tutte bagnate al “lago” di “Gardaland”. Se sei un drago, soffoca i tuoi fuochi ardenti, perché il conformista ti deformerà a puntino, dunque al dente in quanto tu ancor “nullatenente”.
Eh sì, per mantenerti corrotto, come richiesto dal porcile, sii bad lieutenant del Ferrara. Solo dopo aver rubato, potrai guidar il Ferrarino da uomo del ferr(at)o. Non far il Messia, sei solo un povero Cristo.
Così, di generazione degenerata in “geni” mal “inseminati”, l’uomo medio placa il panico ma, da me, solo che pugni in faccia. Altro che al prosciutto panini!

Egli è omofobo, razzista, ce l’ha con le inflessioni dei meridionali perché reagiscono senza riflettere a mo’ di “grammatica” del suo soffocante diaframma, l’infiammerebbe tutti nel secessionismo più rescissorio.
Egli firma cont(r)atti ed è di “buon” tatto, che “galante”. Si profuma col borotalco e va con donne “acqua e sapone”… sì, depurando… tutti i suoi risparmi. Quelle son Escort “pulitissime” ma nessuno lo saprà mai…

Ora, da me nessun timore reverenziale. L’uomo medio è pappone e critica i ragazzini con la “pappa pronta”, dando loro dei buffetti… alla Pippo. Li considera imbranati, e li “castra” sempre più affamato nel bramar e, di tanto “amore”, appunto sbranarle…
Di mio, sono il suo sbrinatore, sì… se mi scaldo, gli gelo il sangue e da me sol che dei gelatini per leccarmi il “cioccolatino”. Visto che dolcezza, gran testa di cazzo?

Comunque, Michael Mann doveva girare il film Frankie Machine con Robert De Niro. Il film fu messo in cantiere ma s’incagliò, quindi non andò in porto.

Io ho letto la novella di Don Winslow da cui lo sceneggiatore Alex Tse trasse la sceneggiatura incompiuta, mai filmata di firma autoriale.

Machine, in origine, si chiama Machianno. Viene richiamato all’ordine dai malavitosi, che si professa(ro)no suoi “amici”. Gli consegnano una mission, cioè ritornare il sicario che fu nei luoghi dei suoi delitti, dopo che s’era impigrito “a letto”.
Frankie si accorgerà che voglion invece ammazzare proprio Lui.

Ma Lui è Lui. Guarda gli scagnozzi, impauriti… il nostro Machine. Loro, non sanno se scappare di gambe levate o di bugie corte son nelle mutande cagasotto?

Il più “tosto” grida Se machì chaminin, se nan ne machì, non ne schamiscen! Sì, detto calabro-lucano-siciliano che, tradotto, significa “Se dobbiamo andare, andiamo, altrimenti non andiamo…”.

Infatti, è la seconda… non andrete da nessuna parte, perché vi ammazza.

Ora. Ciò non ha molto a vedere con Accolla.

Ma anche sì. Leggete quel che si diceva di Lui poco prima che morisse e capirete perché non meritavate un Tonino.

Firmato il Genius
(Stefano Falotico)

  1. 48 ore (1982)
  2. Per favore non mordermi sul collo (1968)
  3. Collateral (2004)

“Oldboy”, Spike Lee Red Band Trailer


13 Jul

Samurai Man, virgin soul verso il Sole


13 Jul

Compratelo!

Eh sì, guadagno cifre “pazzesche”, infatti anche il salvadanaio più piccino piange. Ma son scrupoloso, esigente, letterato e non m’arrendo. Al Diavolo se non mi daranno il Nobel, m’accontento di qualche spicciolo per non finire a “elemosinare” dagli strozzini più picciotti. Esco e mi cagan in testa i piccioni. Ma, dopo doveroso umorismo, un po’ nero voglio pedissequamente volteggiare, in tutto ardir sfamarmi di questa vita, goloso, insaziabile, euforico e giovialmente contagioso.

Voglio, anche coi fronzoli, piazzar un altro “sereno” frontale a chi m’affrontò in Passato, schernendomi del blandir più incolto e superficiale di sue “fighelle” smpre a magnar’, per poi vomitar marciume su mia faccia intonsa.
Sì, scusate se è poco, tornisco, anche superbo d’edonismo (os)curato, il mio corpo bel che da restaurare, dopo malignità a tutto andar’ che furon lì lì per nel “lutto” frenarmi.
Ah, rimpiangessero codesti, che si professan “professori” e son invece dottorini nell’indurti ai suicidi. Gentaglia che ti dà del pazzo, e quindi posso scaraventar’ in tutto mio strafare.
Divoro i loro invidiosi livori, son io l’incarnazione trasparente, senza vergogne a differenza di lor sempre “fighi” di “sfogliatelle” e baldanzosi nell’ozio dei più perversi vizi, che acuminò l’ingegnò, sorpassò ogni vetusta regola ottusa, e qui plano oggi a Dio, mentre i calunniosi di stessi spergiuri stan crepando, oh oh non eravate degli schianti. Sono il vostro “santino”, saltimbanco e ballerin sempre più di voglietta assatanato. Attentaste tanto per assassinarmi, perché deperissi e d’amar lagrime sanguinassi.
Invece, mie sanguisughe, ecco il sugo da Tito Andronico. Di par(zial)i cannibalismi, state cenando con le vostre viscere sbudellate.
Vi consiglio, se la digestione sarà cattiva e d’aerofagia vomitante, d’evacuar il vostro abissal dolore, non solo inchinandovi davanti all’abside, a mo’ di confessionali per i vostri “crocifissi” didietro “luculliani”, m’anche(ggiar… da cui la scoreggia se il “bacino” è, nonostante calmanti, troppo “scaldato”, miei scalmanatissimi a “venir” di “mani”…, oh, rallegravi col triste domani e “gioite” del dubbio più punitore al vostro mai farmi domande ma giudicar di troppo “comando”…, per di più ad assumere appunto dei “soavi” antidoti…
Lo so, odiarmi non servì a Nu(tel)la, ché addolcisco solo il mio erotismo se Lei si spoglia belante, e alla mia savia aggressività non v’è resina perché m’arrenda.

Ah, v’ho combattuto per mille e più stagioni, al fin di cambiarvi ma ottenni solo crudeli offese sempre più reiterate. Mah, perché adirarsi se, in tiro, posso stirarvi?

Cammin impettito, a testa alta, fra voi che “martirizzaste”, aizzati in tutto desiderar che m’arricciassi per tener “eretto” il di voi “alzabandiera”. Oh, state sventolando quella bianca, mai “sfoderata” da vostre notti in bianco già luride, miei lerci, ché delle sporche federe già scremavate “lattei” e “crematori” da federalismi e an(im)alismo. Ah ah, ecco servito il primo piatto, il secondo di contorno e quindi la torta “dolce” di torni.

Sinceramente, in tutta “infedeltà”, mi tradiste e vi siete meritate la merdosa meringa delle mie (in)ascoltate arringhe. Un’altra riga da drogati in camuffa, sotto falsi vesti aspirate… di bocca buona, ma v’ho sradicato nell’inalazione del vostro stesso veleno.

Con quest’altro mi congedo. E soprattutto buona “cena”.

Come si suol dire… chi di pancia mangia, d’abbuffata è ora buffo e mi fa un baffo. Ridermi “sotto” non è godibilità or che siete esplosi di bile.

Scusate, alla vostra “capricciosa”, manca la birra. E io, lupone, posso anche regalarvi il luppolo.

Ricorda, scemo: t’appioppo e se mi dai del malinconico, non m’arrabbio, t’appendo per il labbro. Mio simpatico lebbroso.

Firmato il Genius
(Stefano Falotico)

  1. Ronin (1998)
  2. Takeshis’ (2005)
  3. Killer Joe (2011)

Stagione cinematografica 2012-2013, first look trailers


12 Jul

Oggi, ieri, anche domani se ci sarà… siam stati, saremo invasi (eh sì, siamo degli invasati…) da una raffica bombardante di filmati: con scrupolo, trovateli sul “Tubo” e sparat(evel)i

Oh my God, arriva l’Estate, anzi è già inoltrata e al cinema rimangon le scorte dell’annata. Ancora, qualche colpo “sfreccerà”, per ricordarci che i sogni non son “robotici”, sebbene siam quasi già “spalancati” per il nuovo Del Toro Guillermo, ché del Pacific Rim ci vertiginosamente animerà. Speriamo d’innamorarcene, stando alle americane critiche, il filmone è già culto morbido, miei ammorbanti. Gli europei son più “selettivi” ma non dimenticateci, noi nerd adoriamo Il labirinto del fauno e non tanto la “sociale” fauna.
A parte Guillermo, anche Guglielma è “taurina”. Secondo me, è ingrassata per colpa del Tavor. Ne assume a grandi dosi da “vacca”, ché la cavalla oramai non tanto chiava. Di depressione, proprio Guglielma è “pa(r)tita” ma dir che era figa, però nel presente merita la cattiva digestione quando fu, fu molti an(n)i fa…, Donna di calor e d’affissione. Ora, prego i crocefissi e le son venute le “fisse”. Ad esempio, ha la fisima per la Madonna di Medjugorie e dorme come una ghira “illibata”. Ah, di centrini è “ghirigoro”, guarda sempre Magnolia di Anderson e legge le favole buoniste di Andersen. Col finale sempre dolceamaro, proprio Guglielma che tutti, roventi, addolciva ben “in tiro”, mentre il Tempo rode e purtroppo “stira” di Rowenta, non tanto dunque gode di “culo e camicia”, micina or tardona che spera nella santa “provvidenza” sociale dell’imprenditore Giorgio Gori. Che talvolta Guglielma confonde e piglia per Cecchi… Paone e con quella pavida di Cristina Parodi, mentre canta d’Avena…, sempre meglio della Pavone Rita, da Pavesini e non Pavese ma di Reno Teddy. Non fa rima, ma rumina.
Un Tempo, eh sì, “veniva”. Mai peccò di peccati capitali, di “cappelle” molto, eh già…, mutanti fra “veniali” mutandine e parecchia montatina su panna oggi di penne e molti fagioli.
Alla scoreggiona…, per cui val la regola (co)desta: se troppo abusi di “svelta”, vestiti or che in mezzo alle gambe non (r)esiste. Ah, nessuno “desistette” quando Gugliema tutti gli orsi erse. Che carne alla pizzaiola. E, in piazza, impazzivano quando nuda strillava. Avercene di Guglielme.
Son tutte fottute.
Adesso, anche Ercole non gliela farebbe… Misuratele la febbrina…
Va bene, passiamo a cosce… più serie. Ché di questa tramontata sera di Guglielma, non ce n’importa una “sega”. D’altra parte, Guglielma non “riempie” neanche la più spaziosa e “confortevole” sedia…
Per tal irriverenza, senza riverenze alla vecchia, vorreste forse bruciarmi d’elettrica “corrente” dell’Enel o a inalazione avvelenante? Pensa alle tue narici, alle “mie” c’è il pene ancor attaccato. Voglio metter radici su sigarette accese di roc(ci)a.
Si chiama “in presa diretta”. Per molto Tempo, si scollegò, tramite mille faticose imprese a qualcuno lo “impressi”. Ah, comunque le donne… che stress.
Più che altro, son quasi tutte stronze. Prima, non ti cagano, poi pian piano te la danno e quindi tanti “dann(at)i”. Ancor porto le ferite addosso ma son meglio di te che, a trent’anni, sei attorniato da ragazzine coi “riporti”.
Scopano con quelli sotto i portici, hanno aperto anche un “elegante” portale, ove esibiscono i lor bestiali accoppiamenti per vincere la “coppa” della “Partnership”, previo “visualizzazioni” nascoste.
Più si vede perversa, più si guadagna in modo traverso. Ed è tutta una c(ucc)agna. Ah, abbiam invertito ogni valore. I valorosi vengon dichiarati invalidi e Guglielma anche quelli validò. Te lo dico io che lo so.

Ce la vogliamo dire? Questa vita abbaia, più che da lupo, appunto la vedo buia…, meglio di te, bue!
Ma non m’oscurerete, ho il mio talento non trascurabile. Da cinofilo…, scusate volevo dire cinefilo (vedete che succede a incagnirsi, causa i bastardi?), voglio nonostante…, a prescindere poco “discinto”-assai scisso in zona “scimmia”, illustrarvi i trailer che, se vi son sfuggiti, dovete “ficcarvi”.

Ah, (s)fortunatamente, a voi non scappa mai un cazzo. Il problema è ques(i)to: “Se il cazzo s’incazzò, poi tornò scazzato o cazzaro?”.

Sul dilemma “atavico”, forse è meglio il Tavor di Guglielma.
Ah, il resto è una chiavica. Se stai troppo male Guglielma, chiama gli infermieri. Son peggio dei militari con gli elmetti.
(De)ambulando, la sirena vedrai che, sebbene intermittente, suonerà la carica di tuo ustionarli da crocerossina.

Ok, è passata la Mezzanotte e mi metto a tavola. Come per Banfi Lino, gli spaghetti son cornetti alla “crema”.
Ricorda però che ti faccio cornuto. Sai perché? Al posto delle cornee, spruzzo di “purè”.

E su tal stronzata “culinaria”, andate a pigliarvelo nel… “loculo”.

Mi trovate al mare, vendo il cocco.
Meglio di te, bello come il cazzo.
Per Guglielma, tal frase non vale. A lei piaceva eccome anche se era brutto.

Firmato il Genius
(Stefano Falotico)

  1. Oldboy (2013)
    Spike Lee è tornato, cazzo. Qualche capolavoro ha azzeccato, per altri film andrebbe “ghigliottinato”. Sinceramente, non ho mai capito che cazzo, appunto, di strada ha mai perseguito il suo Cinema.
    Una volta “imita” Scorsese, gli “ruba” anche la sceneggiatura di Clockers, si crede Michael Jordan col fisico “annerito” di Woody Allen, indossa le Nike, adora allo spasmo il nostro compianto Michael Jackson ma s’accanisce da Malcolm X contro i bianchi.
    Tranne Denzel Washington, sceglie sempre protagonisti statunitensi di “madrepelle” ariana… adesso Josh Brolin/Bush addirittura nel “remake” del giapponese.A inizio filmato, sembra Schwarzenegger versione Jake LaMotta/De Niro dell’ultima mezz’ora dei Chicagoraging” bull, uno spaccatutto rovinato che non hai mai fatto centro. Una ciambella al suo buco.
    Un Max Cady versione centuplicata della Vengeance is mine. Verso la fine del trailer, non gli va tanto male. Ottiene una grande… “mela” di scopatona interraziale. Da cui la Red Band.Ecco, il Cinema di Spike Lee sta tutto qui. Fumo negli occhi, tanta carne arrosto ma, quasi quasi, meglio Oliver Stone.
    Oliver, chiama Brolin e dagli adesso la parte che si merita questo “Cinema” americano: il porco.
    Ce la vogliamo dire? Tolti tre film di Spike, gli altri son da spaccargli da “negro”.
  2. Out of the Furnace (2013)
    Christian Bale, se non ce la fa a vincere l’Oscar con questo, ha American Hustle da sbatterti. Metodo sempre alla De Niro scorsesiano di camaleontismo. Infatti, De Niro interpreta Victor Tellegio nel cameo durante la scena del casinò.
  3. Saving Mr. Banks (2013)
    Hanno sempre infantilizzato Tom Hanks. Tranne Sam Mendes e un’altra manciata, gli altri lo dipingono “Big”.
    Qui è Walt Disney. Abbiamo un po’ esagerato, eh…
    Tom Hanks comunque sa che Rita Wilson è una topolona…
    Si fa seviziar da Paperino eppur nuota nell’ora da Zio…
  4. The Seventh Son (2013)
    Aveva ragione Jim Morrison. Meglio i sogni della realtà.Esco di casa, un’altra mi aggredisce di tal “nobiltà” e filastrocca da “elegante” gnocca:- Secondo me, Stefano non ce la fa, trallallà. Io invece la dona su e là, come è lilla. Vuoi scommettere che sempre lì lo prenderà a meno che non si suiciderà?

    Sterzo l’occhio finto-ergastolano per provare a essere “credibile” nella parte cazzuta:

    – Cosa intendi per farcela? Che (non) ce la farò? Hai una bella faccia, sai? Vuoi che coniughi di congiuntivo “Facci” e ti sfianchi? Mi vuoi facchino o preferisci la varichina nella tua testolina d’asinella, qui a Bologna ove “torreggian” le Asinelli, che mangi i tortelloni e sia “prosciuttino” come tutti i maialini? Un lavoretto da bravo “bambino”, a guardar le partitelle come i babb(uin)i, tante “care” troiettine, qualche cannellone in trattoria, una cannonata di “p(i)atti” e un “cannone”, ed eccoti servito l’appiattimento da piattola!
    Piantala subito o i miei testicoli gireranno poco “trombanti” di “girini” ma a farti girar la testa proprio di decapitazione. Da me, puttana, nessun “capitone”, ma il capitombolo e non eccedere, altrimenti prima nella fogna da tombini e quindi lo “spurgo” totale, senza Purgatorio”, nella tomba della Certosa. Affare fatto?
    Ce l’ho fatta? Ho uno stile dantesco da gironi. Sono il tuo Inferno, mia demente inferma. Ecco, il blocco, ecco il lucchetto al culetto.

    Sì, fratelli, la vita è tosta, le teste son testarde e pensan sempre alla “mostarda”, alla crost(at)e, io riceverò molte “palate” ma mangio lo stesso le “patate”… al forno… crematorio. Sì, evviva il Drugo! Adesso, combatte pure da “drago”.

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“Seventh Son”, Trailer


11 Jul

Qui, tocchiamo vette di superfigata.

A parte Julianne Moore.

 

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