I più grandi attori contemporanei nei capolavori a venire, con l’ultimo che non “verrà”: “C’è sempre un motivo” alla Celentano per essere mutevoli
Sento sempre dire che l’attore non fa un film. Verità vera, appunto, sino a un certo punto.
Sostenuta da Harvey Keitel, fra l’altro. Che, in una sua vecchia intervista, quando gli chiesero come poteva spiegarsi di essere tornato fra i grandi (parliamo della fine degli anni 90), rispose lapidariamente e anche in modo decisamente superbo: “Sono sempre stato un grande attore. Il problema era solo che i registi importanti non mi chiamavano più. Da quando ho conosciuto e lavorato con gente come Jane Campion, Ferrara, Tarantino, Spike Lee… (sì, vabbe’, avete capito), eccomi di nuovo glorificato”.
Ora, soprassiederei sulla dichiarazione del nostro amato-non amato Harvey che, asserendo ciò, trascura comunque le collaborazioni importanti della sua lunga “vacanza” italiana avvenuta a metà della sua carriera, e dissento apertamente con chi, a spada tratta, declama che è il regista a fare l’interpretazione. I meriti sono sempre da spartire. Perché Nic Cage non è Robert De Niro di Taxi Driver, in Al di là della vita è lontano anni luce dal febbrile nervosismo di Travis e dalla sua insonnia da complessi di colpa schraderiani. Per non parlare di Tom Cruise in Eyes Wide Shut. Efficace, al massimo funzionale. Figuratevi al minimo. Ma Malcolm McDowell di Arancia meccanica rende Kubrick più storico.
Insomma, non è sempre la solita “storia”, appunto.
Diciamo che il cineasta coi “controcazzi” dà la marcia in più e può “spingere”. Salvare cani, capre e cavoli, carne e merde.
Ora, penso a Leo DiCaprio. Voi avreste scommesso che, dal pur ottimo Jack dell’epocale comunque Titanic, sarebbe stato l’attore che oggi conosciamo e non potete assolutamente discutere, altrimenti bestemmiereste peggio di una comare dinanzi alla morte del marito mafioso? Ah ah.
Ci voleva lo zampino di Martino, eh eh, lo Scorsese già citato in “apertura”.
Il montaggio fa da sé il resto assieme alla fotografia e allo Zio che sa come dosare la messa in scena, fra cambi di rotta, musica che (s)colonna, sonore jam mai alla marmellata su cazzuto jazz e nostalgia, rock nei tempi giusti, dei comprimari a reggere il gioco che spacca il culo a tutti. Se non amate Marty, e lo credete superato, non andate al cinema, leggete sullo stradario in quale cimiteri siete ubicati. Le vostre anime, infatti, son da un pezzo già morte, essiccate nella panza che balla e canta su tragedia d’ordinanza che Scorsese ha invece catturato di zoom più avanti dei luoghi comuni da danzatori del ventre molle. Egli sa, vi annusa, vi fotte nel deretano. Marty è di statura “nano”, di testa spaventosa te la combina di brutto. Egli piazza, svia, depista, svalvola, è un flipper d’idee imprendibili, scova il previsto e svolta a inquietarti di “sinistro” con rallentare e poi brusc’accelerata in cabina.
L’attore fa, fa eccome anche quando è uno strafare alla Al Pacino.
Al conosce la mimica (in)espressiva che urla nell’attimo di monologhi magnetici, ringhia, furoreggia, sbraita, si dimena ma non è mai osceno. Anzi, padrone anche del palcoscenico.
Applauso!
Qui, citerò i sette più grandi del Mondo. Living, miei “viventi”.
Se non vi piacciono, c’è sempre Gabriel Garko nei panni di Rodolfo Valentino.
Gabriel, essendo bisessuale, piace a ogni scemo (a)sessuato, altrimenti abbiamo anche Manuela Arcuri. Una che recita come il culo, sebbene debbo ammettere che lo metterei in quel sen(s)o.
Scusate la “porcatella” finale, avevo tenuto un profilo sexy sin qua.
Ma ci sta? Non so, secondo me con te no.
Dunque sappilo. Non stapperà. Ah ah.
Se rido se piango ci sarà un motivo
se penso se canto mi sento più vivo
se vinco se perdo rientra nel gioco
ma in fondo mi basta che mi pensi un poco
Se guardo se sento è perché ci credo
se parlo e ascolto è perché ci vedo
adesso se pensi che sono appagato
hai fatto un errore non ho ancora finito
Se grido più forte è per farmi sentire
E poi mi conosci, non amo mentire
Se cerco ancora la strada più breve
Lavoro di notte, ne ho date di prove
E cammino cammino quando il sole è vicino
e stringo i denti quando tu non mi senti
e cerco di stare un po’ più tranquillo
se intorno la vita mi vuole che oscillo
E cammino cammino vado incontro al domani
mi sento più forte se ti tengo le mani
e cerco e o m’invento, stravolgo la vita
perché tu non dica stavolta è finita.
Se penso se dico c’è sempre un motivo
se a volte mi estranio è perché non approvo
e cerco parole che diano più senso
aspetta un momento adesso ci penso
ecco ci sono c’è sempre un motivo
a volte nascosto a volte intuitivo
dipende dal caso oppure è già scritto
ed ora ad esempio non so se ti aspetto… e
Cammino cammino quando il sole è vicino
e stringo i denti quando tu non mi senti
e cerco di stare un po’ più tranquillo
se intorno la vita mi vuole che oscillo
E cammino cammino vado incontro al domani
mi sento più forte se ti tengo le mani
e cerco e o m’invento, stravolgo la vita
perché tu non dica stavolta è finita.
Se penso e mi sento un po’ più nervoso
è solo un momento che sa di noioso
poi passa poi torna non so come dire
c’è sempre un motivo… per tornare a capire
Questa è bella, non si discute. Nonostante Celentano non è che sia un lord.
Poi, a parte i frizzi e i lazzi, sette come Dio comanda. Mamma li ha fatti, e loro si fecero attoriali:
Leonardo DiCaprio, figlio di un semi-italiano e di una tedesca, ha occhi azzurri su tramonti mai domi di un Cuore romantico. Si diverte il nostro monellaccio, viene schiaffeggiato ma prova a prenderlo.
Tom Hanks, questo panzone che dimagrisce a stento, che nessun Castaway ha smaltito la tendenza al “gozzo” del doppio mento con pancetta da commendatore. Un attore che sembrava da “Zecchino d’Oro”, che invece ha vinto due Oscar ed è in pole position per il terzo. Spielberghizzato, zemeckiszato, osannato oltre i suoi reali meriti, di Rita Wilson a milf quasi bona, sembrava sparito e invece è tornato. Quasi grasso come un papponcello che non recita a pappagallo. Impara le battute a inaudita velocità, pur con la sordina vi batterà. Non agitatevi! Blaterate e Tom sarà abluzione da sguardo rassicurante. Un prete, forse un puttaniere in abiti che non fan il mon(a)co, un Gump che ha saltato i gap generazionali. Cari rincoglioniti! Di gola, insomma, è tozzissimo nel gargarozzo, sembrava annegato nel glup e invece vi mangia in un sol boccon’.
Robert De Niro, questo mito che cazzeggia, si svende, accetta ogni parte da deficiente, è autoparodia da Dio, i critici adesso gliele danno ma lui incassa… ah ah, pensa al Tribeca, a The Irishman, a settant’anni suonati vuole suonarle a Stallone, si butta via, è un porco, manda a monte tutto e sta in collina a bersi il vino. Ricordate: al primo neo come non si deve, De Niro diventa noir. E, mentre i titoli di coda virano solo al nero senza crediti bianchi, spunta e urla “Au revoir!” assieme a Catherine Deneuve. Secondo me, se l’è fottuta. Con tanto di lo(cu)zione adieu nel dietr’, celebre “r” non tanto moscia sulla francese “intonazione”. Da cui la pulizia col bidet. E la polizia a Nizza? Quello è Ronin!
Al Pacino, che vi manda dei bei bacini e invecchia come i migliori vini. Fagli un bocchino!
Daniel Day-Lewis, che non fa quasi mai un cazzo. Ma ogni volta che gira… ve lo ficca.
Biancaneve, famosa meretrice dei sette nani.
E il settimo?
Rimarrà all’asciutto. Ah ah!
Vi svelo un “trucco”, la vita è tutta qua.
Il resto è una “finzione”. Non l’avevate capito?
Tutto è illusione, senza quello la vita non esiste.
Firmato il Genius
(Stefano Falotico)
- The Wolf of Wall Street (2013)
- Captain Phillips – Attacco in mare aperto (2013)
- Il grande match (2013)
- Imagine (2014)
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