Polifemo
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Quando un giorno di fine Marzo, una parola, una frase, un qualcosa che, ad altri può sembrare coincidenza, ti fa crollare addosso quella parete di certezze, come se fosse un muro da abbattere per fare posto ad altro.
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Ti guardi e pensi all’altro:
lo sconosciuto, il colpevole, il giudicante;
Ulisse, sì, Ulisse, e tu sei Polifemo
Polifemo, nonostante il grande occhio, non vede.
Non vede prima, non vede dopo e non vede durante.
Il suo senso d’elezione è l’udito, e sente sempre dire che il suo cazzo è piccolo e che lui è uno zingaro e sempre lo sarà perché non pulisce la cucina.
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Polifemo è stato incastrato.
Il suo cazzo eretto davanti alla scena di abuso di minori alla tivù ha smascherato i suoi intenti.
Essere profanato da una pizia della società contemporanea in abiti talari lo manda in orgasmo.
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Quello che affligge Polifemo è il dubbio.
Talvolta va tranquillo al bar, al mattino, assorto nei suoi pensieri e prende il solito caffè.
Altre volte, legge i fondi di quel caffè e allora ogni cosa assume un significato più grande di lui
E tutto fa parte di un certo qual disegno e la signora incontrata per strada doveva essere lì e quella pubblicità alla tivù alludeva a quella cosa là e tutto è stato scritto, e tutto è già stato detto e tu,
Polifemo, non sei che una pedina dalle prevedibili reazioni.
Pesce rosso nell’acquario, fatti un giro, e dimentica, dimentica la tua condanna, fino alla prossima ferale coincidenza.
(Giulia M.)
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