Issati a gemito e poderose membra nella dilaniata brace, a solfeggio di vigorie abissali ove l’alba, promiscua, piove ai docili profumi e odori neri
Indefinita è proprio la vaghezza, polmonare striscia aromatica e di romantiche guglie, assapora vette inarcate di ciglia mie tinte, e se n’estingue con disinvolti ghirigori ad aereo matto, flemma che luccica e, ammantata nell’armonioso drappeggio, grappolo d’uva a labbra mia color dissolvenza, con futile squittio s’affligge sinergica alle chiese morenti dal “cipiglio” oscurato in grotte ove s’attenta a incolumi innocenze, filastrocca ripugnante di rughe già assassinate di questa tenebra “mansueta”, omertà che scricchiola, bacia lembi sol lambiti e poi guasconi di risa e irto odore, nell’orrore che spegne le iridi e, ipnotico, così come si nutre d’essenza vanesia, n’opprime l’alcolico nostro gioire non più e già ocra di giallo svanire.
Udii singhiozzi e brama, straziato mio svenire e baci che tingono il pallore da sublimare, da soggiogare in pitture astrali o astratto Cuore.
Feroci assalti e scoppiati nitori, a bordo d’un roseo non esserci. Non più crepuscolo.
Potenza di fuoco, rispetto all’essere sé. In un Mondo mendace e bugiardo di vanaglorie e sospetti a uccidere.
Assedio. Porte cigolanti, scardinate, divelte da una furia che sposa la vendetta più raffinata, coltelli affilati, un occhio di vetro a febbre vorace, irreprimibile da tacere il mostro, soffocarlo in ogni mossa e tentazioni sue a “scolpire” altro nervo che s’infiammerà.
Un’arsa e magniloquente virtù ch’è mitragliatrice e cenacolo delle ingiustizie, “vinto” sangue al volteggiare come “ossidrica” morte, ché diluirà gli abomini per accenderli nei vagiti della lussuria, dell’incompresa anima ora eretta a santificarsi e mordere di famelico “feretro” reciso.
Scagliata dalla tomba a resurrezione e avido asfissiarli, casa nel bosco a stritolarli nella paura, nell’orlo luciferino del rapimento e del ri-morso.
Una vendetta paurosa, nel brivido tesissimo del grido agghiacciante, sparato in gola a ghigliottina del terrore e dell’arma non genuflessa al “pittarli” con baldoria goliardica nel rosso ammazzarli.
Tutti, tutti moriranno, nel taglio inferto, distruttore!
E la punizione sarà diletto e pari atrocità!
Firmato il Genius
(Stefano Falotico)
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