Pregate, in silenzio, e ammirate l’inconfutabile grandezza
Affannati, e affaristi senza scrupoli nel monopolio capitalista, decapitaste le anime con “indubbia” arma “non convenzionale” dell’ambizione “ammaestrante” per “saggi” diritti ad affievolir anche le savie ansie.
Mal ve ne sortì, il vostro sortilegio, dirimpetto a cotanto Uomo, il sottoscritto “in calce” e nessun calcificato, “cacciato” e adocchiato, fu un sorvegliarmi solo ispido nel non scagionarvi dai vostri imperdonabili peccati.
Ora, seduti alla mia Destra, baciando le mie mani in “segno” di cordoglio, affranti dalle stigmate del vostro lento, abulico “stingervi” nella Notte a voi più profonda, celebrate costui che (di)scese da (Monte)Cristo robusto per non saziarsi di facezie e inutile “spezia”, ma dotato, per via naturale-Benedizione paterna, e non putativa, al trascendere immane. Oggi asceta e domani, quindi qui, poeta, nel mai ottemperar le “fusioni nucleari” delle vostre atomiche di “bombe” guerrafondaie, sedimentate, dunque avvilite, d’invidie reciproche e “coccole” da invero nemici falsamente amicali.
Sono il Tempo temprato dell’agonia, nella battaglia mai chinata. Rinacqui!
Mai di “varichine” indottrinato. Sono acqua e fuoco!
Lavico e libero, disincagliato dai precetti delle vostre confetture mielose che ebbero la vile pervicacia di volermi smorzare e demoralizzare dietro intenti moralizzanti e prediche da educande.
Son io che ammicco, estraggo l’inchiostro e lo “tasto” al fin d’espandere la vostra plastificata “realtà”, sempre agguerrita, appunto, nel “lusso” impertinente d’abrogar chi, a tal orrenda, crudele “tranquillità”, non s’atterrà mai, ma preferisce atterrar su un giardino segreto colmo e rigoglioso di fantasie ed emozioni, inalando i sonniferi “sommi” degli altri per vegliare sulle coscienze sporche.
All’erta e al comando del suo imbattibile veliero, pirata eccentrico, De Niro Stardust in questo mare di stelle. Vi polverizzo! Feroce contro chi ne annerì la sete d’avorio, pelle mie d’ambra, amatissima e mai livorosa da predatori dei velli “aurei”.
Valoroso!
A voi mi rivolgo, congrega che sogna e non s’ancora alla certezza dei lidi (in)felici. Portatrici solo d’abitudinaria contemplazione. Si sa, ah le sabbie, al primo “scoccar” di vento, verrete tranciati nello scem(pi)o.
Non son blasfemo, l’empio è solo un Uomo che guida il gregge, e carezza i deboli per (indi)rizzarli a nuove e fantasmagoriche leggerezze. Leggete di quando il Messia, (D)io incarnato e non nei vostri canali di “scolo”, scottò la borghesia solo non annuendo alle loro ipocrite ipocondrie.
Di quando girai attorno al Mondo come Jules Verne, pur rimanendo immobile come Novecento–Tim Roth. Di quando m’immersi in tutte le cascate del Niagara e attraversai, anche di traverso, le catene montuose della Mesopotamia, conservando il mio “muso” infrangibile come i samurai Ronin.
Di quando con Robert De Niro al Cuore, letargico e poi finissimo d’energia, abbrancai la mia grinta, spronandola a ribelli pulsioni nelle virtuose “croci” della Luna.
Di quando il suo neo, liscio come l’olio, pindarico, astratto e “volubile”, (non) declinò l’orgiastica offerta dei luridi pranzi ma fu, invece, già (un) prediletto al vaneggiare senz’arietta fritt(ur)a.
Di quando le donne, tutte in fila, posero le loro “sporgenze” che Io, sola(re)-mente, con solerzia erettissima, spiai dal buco della serratura, per non unirmi alle loro orche mammifere e assassine, al loro squallido “ozono”. Non m’accontento d’un patetico abbrustolir nel calore da botanico orto.
Sì, miei orchi, lunga vita al Robert! Siate contenti!
Comprate questa perla (in)trovabile, e la vostra vita sarà più salubre.
Odorerà d’amore, gioia, Bellezza, e dimenticherete le malvagità, inchinati alla sapienza mia color estro e creatività.
Sono o non sono il cratere del vulcano?
Essere o non essere? Questo è il problema. Oggi, divenuto una moltiplicazione di casini…
E tu ne hai molti, fidati. Assonnato, ingerisci pastiglie per dormire ma sei “insoddisfatto”, ululi, maschio assatanato dei tuoi orribili specchi che puzzan di cadaveri nella tua “tana”. Hai perduto la freschezza e t’affidi alla fiaschetta, ma i suoi fianchi non godi, (non) essendo un teschio.
Amami. E la Donna ti porterà consiglio!
Introduzione alla mia forza, segmento già depositato, quindi non plagiatelo ché non potete plasmarmi a vostre immagini, fra l’altro repellenti di fronte al mio gaudio esservi superbamente “tronfio” di repulsione scatenata, come pretendo che Io sia Messia in tal vostra inezia e prosapie da “pii” pulcini solo se non vi s’attacca con le stesse “fragilità”, di cui soffrite ma, nei paraventi, nascondete per altri saccheggi dietro sparviere e furfanti idiozie da “grandi” ceremonie-eri-eravate-non siete a cui invece apparecchiai una pietosa cena in grembo al Tito Andronico mio titan(i)o non attenuto ai comandi dei vostri denti da tenente.
Mi spiace, proseguo nella mia strada che non imboccò scorciatoie “serene” per facili applausi “a scena aperta”. Preferisco la colazione appena sveglio, dopo un’ingorda Notte profumo di Donna e Insomnia a fissare la vostra psicopatia da Robin Williams doppiogiochista.
Amen, rendetemi Grazie. Sono “gratuito”, d’altronde, e la mia fronte è spaziosa d’aleggiare senza ali tarpate. Prego, Signore e non i vostri “signorini”.
Dico a voi, “comodi” e “agiati”. Accomodatevi ché sono scomodo ai benpensanti e, soprattutto, a coloro che “hanno” un pene non tanto “entrante”.
Lama “nitrita” d’un impavido baffo beffardo che (s)filò fra gli assassini con “lacustre” ferita nel meandro lor più a incubo
Inenarrabile delitto, d’un brutal disprezzo ad altezzosi, “attrezzati”, ora tremebondi incauti, affiora l’ossigeno e si minan le “allegrie” d’una vecchia “compagnia”, al bersaglio di mie compagini mentali, usurate da tal “smargiassi”.
Corrode, sì, la filastrocca che li rapirà e, dolenti, d’atroci bagni di sangue, in “rozza” cicatrice slabbrata urleranno, a vibrazione d’ogni sciocca loro “esibizione”.
Con qual “manto” fu alto il desiderio di vacue noie ad “ammattire” il prossimo, ma il “naufragio” dell’emarginato generò una violenza così irreprimibile che oscillan le mani stesse degli impostori tanto “furbi”, architetti d’un complotto sadico a mia “amante” libertà sventolata in totale affliggerli, perseguitarli, un’insistenza d’arco intrepido e arcigno mirino, centro sempre più prossimo alla carne che sarà “scarna” come scannarono.
Il monito avvertirono e corsero fuggitivi. Per adescar altro protrarre dello scherzo “eccelso”, ma non calcolando il tuono dello schianto di lì a breve “rumor” fulmineo.
Imbizzarrito, un taglio lancinante ad affamarmi, e la loro pelle issata a ogni anima “sedata”.
Scatta con più ardore il rinnovato Cuore, e piangeranno di come lo spensero a “spese” del lor “produrre” e tanto addolorare nei pudori..
Esterrefatti, infallibile shock, di bambini “cresciuti” nel frivolo malessere sull’espugnar chi scelse il non immondo viversi fra orrori loro.
Ma non ascoltarono e oppressero con ancor maggiore “giovialità”. Inducendo a “obblighi penitenziari”, ché si prostrasse la vittima ai carnefici, al binario madido del sudore in tinta unita.
“Professori” della “sana letizia”, del futile guadagno, per arginar e infangare chi al “guado”, al bavaglio, alle ossa dell’opulenza esteriore, non fiorisse in sfoggio di sé.
Assediarono, tormentarono, così sicuri che perpetrare non combaciasse con tremare.
Oscurarono!
Mura di portoni divelti, gole ammutolite dell’ammainare prima che rinascessi!
Un fucile desto nella sparatoria dei murati vivi!
Ciondola l’orologeria e “balbetta” il rintocco. Altro allarme, il crollo dei mostri è vicino e io lo odo(ro).
Dinanzi a un genio, morirono nel già trapassati.
La vendetta sarà, fu già un’efferatezza di mia Altezza.
Complimenti, condoglianze vostre!
Firmato il Genius
(Stefano Falotico)
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