Archive for April, 2013
Seven actress
Vado e tu sei onda.
Play corta eppur lungo.
Firmato il Genius
(Stefano Falotico)
- Nikita (1990)
Queste cosce sublimi di ribellione da pollastrella allo spiedo.
Piedini sobri da coccolare in amplessi mesti con un carrello della spesa, lavanderia della minigonna.
Una bambina amabile, che cresce e lo è cresciuto. Venendo, veemente di spari folli! - The Hot Spot. Il posto caldo (1991)
Virgina Madsen, un seno da lubrificare con enorme cautela, al fin di non scoppiar per troppo presto scoparsela.
Capezzoli come sciroppo, da groppi in gola e al galoppo, allattato da un immenso totale, nautico di nata figona biondissima. - Ronin (1998)
Natasha, un nome, una valigetta da aprire.
Un De Niro che, di bacio alla francese, ispeziona nel mitragliarla, mentre Nizza dorme e il suo è un Frankenheimer malinconico eppur leonino da alcova notturna dentro la pantera ubriaca e fradicia! - Basic Instinct (1992)
Sharon, chiodo fisso che mi asfissiò.
Donna che si spogliava, esigendo quel che, ergendo, la detergerà sin alla morte. Stremato, mai eppur mi sarà amore, ma total recall del richiamo alla sua foresta. Per ricordi ove Lei è orca assassina nel mio volo libero da gabbiano. Uccello e martello di punteruolo non ghiacciato. - Nome in codice: Nina (1993)
Bridget Fonda, in tutta Lei me ne fionderei. Innaffiata, in tinta unita, intingendolo, su scarpe corvine allineate a tacchi neri da Beatrice angelica ma tanto diabolica nel mirartelo. - 8 donne e 1/2 (1999)
Polly Walker, il culo per eccellenza.
A cui, eccelso, ne fui incuneato in un attimo prelibato.Non aggiungerei altro, ma sempre più in alto ad aggiungere lì nella sua parte migliore.
- Seven (1995)
Brad Pitt, la Donna.
R.I.P. Roger Ebert
Muore a 70 anni pieni, incluso il gozzo sempre “celebrity”, uno dei critici tenu-t-i più in auge dalla Critica americana.
Premio Pulitzer nel 1975, equivalente all’Oscar del giornalismo autorevole, fu il primo recensore insignito nella Hollywood Walk of Fame. Sì, “marchiava” di stellette già hollywoodiane…, egli stesso attore dietro una miopia assai in ritardo, sebbene nata prima, del più avanti Ghezzi Enrico, “occhiali” più lungimiranti. Sovraesposizione “mediat(ic)a” di personale mdp.
Per un ventennio abbondante, quasi mai sbagliava un colpo di Thumb Up (Pollice su), ma cadde nel down dopo una “paresi” causata da embolo scoppiato, soprattutto delle sue cervella svalvolate di “punteggi” all’acqua di rose. Da allora, non s’è più ripreso!
Ecco che il Mondo cinefilo, unito in aggregazione d’onorificenze, si riunisce nel cordoglio per porgere le condoglianze alla moglie e ai figli “distrutti dal dolore”.
Gestiva, un po’ alla Mereghetti Paolo, una sorta di dizionario-“archivio”, annotato sul web.
Come voi stessi potete constatare, tastare con “mano e tastiera” del click, su tale link, sono raccolte (quasi) tutte le sue recensioni.
Se dapprima sempre c’azzeccava, da un decennio “buono” le sue critiche erano “malvagie”, pura muffa di granchi colossali. Tanto che Tonino Di Pietro intentò varie cause legali per scoprire, di “Che c’azzecca?”, per quali motivi “Tangentopoli”, assai oscuri da Roberto Saviano, tutte le pellicole della Miramax venivan da Roger giudicate capolavori assoluti.
Fra l’altro, a prescindere dalle bustarelle di Harvey Weinstein, è a tutt’oggi inspiegabile il suo voto “Ottimo” alle … avventure di Rocky e Bullwinkle con un De Niro perfino “produttore” in versione Silvio Berlusconi su reminiscenza da “You talkint to me?” e monocolo-macchietta Fearless Leader.
Un film che voleva essere il Roger Rabbit del nuovo millennio, ma è una sconclusionata farsa che vale solo per il balconcione di Rene Russo, davvero “russa”, e per una Piper Perabo proprio “coniglietta” in tuta da Coyote Ugly. Piper, una bionda della Madonna (nel sen-s-o di Veronica Ciccone…), che poco s’addice a tal cartoon in carne e ossa, ma da spogliarello stop motion nel Playboy più “mobiliere” da Big Jim. Una Barbie in grado di resuscitare i morti “in salamoia”. Una Jessica platinata. La “imbionderei” tutta di “rosso”. A prima vista, acqua e sapone per l’uomo alla Carlo Verdone, invero più puttana di Shannon Tweed, la reginetta dei softcore b–movies su Gene Simmons dei Kiss.
Uno che “le canta” addosso tutta la Notte sopra e sotto, truccandosi il volto di rock anomalo.
Comunque sia, se ne va una firma importantissima. Amico di Scorsese col quale, nelle domeniche uggiose, girovagava per New York, discutendo se Taxi Driver è meglio di tutta l’opera omnia dell’Orson Welles.
L’animosa dissertazione giungeva sempre ai piedi dell’ardito Bronx, con Chazz Palminteri a rivendicare una tacca in più.
Minacciati da Chazz, Ebert e Martin tiravan fuori un disco di Lucio Battisti, provando a smorzare la sua rabbia incontenibile da boss sotto stress. Sì, quando il gangster è incazzato, bisogna alleggerire di “chiamale se vuoi… emozioni”. Palminteri, calmato e sedato dalla musica leggera del Lucio, comprese la differenza fra i Subsonica e il paroliere Mogol, assumendo un’espressione rimbambita più di Ebert. Dicesi anche da “mongoli”.
Diciamocela. Grande Critico all’epoca, dunque da annali, “trascurando”, offuscando di fascicoli da CIA, un migliaio di ultimi suoi voti da cancellare per non macchiargli la carriera.
J. Edgar sta indagando. Queste tre stellette e mezzo sono da discutere:
Ho detto tutto.
La questione del giocarsela ad armi pari: preferisco l’imparzialità e anche il latte parzialmente scremato, più “allattato” al mio “non adatto” orgoglioso e gorgoglio di candore!
Ieri sera, un mio amico mi bombardò di consigli provocatori per sortire una stimolazione al fine d’indurmi in tentazione, ché mi “vincessi”, indurito, nelle azioni “comuni” dei “vincenti”. A “durezza” del (de)formare il carattere. Eh sì, quando si vuole, “violenti”, agitare il vulcano per l’esplosione craterica.
Ma non v’è criterio in tal manipolar il “magma” del mio dissotterrare il bollente-piacevolmente “freddo”. Anestetizzato dalle asettiche visioni del vederla “distruttiva”. Alle calamità oppongo il mio calamitarmi anche da eremita.
Non vivo a Pompei, prediligo la melanconia delle “pompe funebri”. Ove io, il becchino, spargo le ceneri, gli altri vorrebbero incendiarmi, ché esalassi l’ultimo respiro fatale nelle fetali urla, solo per “adattarmi” al “tiro” di chi non si rannicchia nell’utero. L’utero si sposa al mio Martin Lutero, famoso sacerdote di “contromano” all’armato dogma. Stilo le regole in Beata Pace del mio Dio!
Ove vige il codice, pare indistruttibile, della divisione appunto fra “classi inappuntabili” e “La classe non è acqua”, io emergo dagli abissi per sommergerti di detersione. Sarò una mente contorta ma nessuno può torcermi nelle sue et(n)iche “stropiccianti”.
In cui, chi non s’incunea ai “valori” portanti del “portamento” sociale vien deportato ad Auschwitz, previo “marchio” del tatuargli una “pelliccia” al suo addolorarlo, da inconsolabile vedova, senza penicillina né morfina. Mi sei smorfioso perché io venga (in)formato o infornato? Meglio le endorfine del mio analgesico esserti lassativo. I nobili e i principi dell’anima oggi non van per il “maggiore”. Poiché vengon spogliati a nude crudezze della “gerarchia”. Insostenibile! Indifendibile!
Un bruciarne e soffocarli lentamente, con asfittiche oppressioni, alla radice, da loro reputata “malsana”, dello stato autarchico e non “monarca” al nuovo “moderno”, forse è sempre stato così, jus primae noctis. Anche “Ius” nel senso di “nostro”… diritto mostruoso a “raddrizzarti” dietro sottili e persistenti violenze psicologiche.
La questione del giocarsela ad armi pari è una fottuta stronzata del Monopoli(o) occidentale.
Ed è perciò che più trascorre il Tempo e più m’oriento a Oriente. Altra Cultura, contemplativa e metodica della non violenza. Immolo, e “in moto” neuronale, apparentemente immobile eppur già oltre le mosse di chi “domina(nte)” nel (s)piegarti gli addominali da in pectore impettito.
No, m’addormo e “dardeggio” in questo florilegio di luoghi, a me oramai nauseanti.
Sei un ispettore delle mie emozioni e della “buoncostume?”. Io espettoro la mia anima con un plettro melodico.
Coltivo i fiori e un Bonsai da saggio sempre più florido, senza la vostra flora batterica.
Alle flotte e ai battelli di chi “abbatte”, preferisco batter le mani a Takeshi Kitano!
Appena vorrebbero intralciarmi e intaccare l’intatto mio “tattile” goderla anche senza “digitale” Sguardo, premo l’opzione della non interferenza. Solo mi feriranno se desidereranno che il mio sedere si “spacchi” il culo a loro direttive e di-(e)re-zioni.
Non ho mai percepito la vita come una gara ma come poesia. Ché sia arcana, arcaica e anche aulica!
Se non viene carpita, io non voglio capirti. Ma insisto a non desistere, in quanto esisto.
Tu ti credi “vivo” ma invero sei già morto.
L’emblema di Edward Norton, appunto, in versione IKEA del suo sognarsi Brad Pitt ma mai vero e lottatore. Edward, che sei tu, è solo colui che ammira ma “stira”. Sempre più stuprato nelle sue voglie represse da eterno frust(r)ato.
Il classico tipo, in giacca e cravatta, che s’è imborghesito per adeguarsi al “piacere” di chi lo compiacerà in modo ruffiano. In verità, solo per arruffarlo, (ar)renderlo ché si “terga” alle barriere emotive e perfino a rubarlo del più spontaneo sorriso e del ricco dentro.
La mia ricchezza interiore non ha par-et-i, me ne frego dell’apparire.
Amerò sempre di più un bicchiere di “nylon”, ubriaco di “stolta” contentezza, a una camicia di lino ch’è solo di “forza” per resistenza ipocrita agli urti.
Vi urta la mia “diversità?”. Allora, urlate!
Il mio star “muto” è stato rotto da voi “dotti”. Quindi, ora son Io, Dio, che v’indottrina.
Silenzio. Io cambierò pur non cambiandomi gli abiti per essere (in)vestito, non sono maschera ma mutezza della mia Altezza.
Togliti le frivolezze e amami senza tante favoline da farfallone per le facili “farfalline”, senza retorica d’oratorie da oratorio.
La vita non è un voto a catechismo, non è la “bontà” dei finti santi, è l’interezza della propria integrità.
La vita è patire, vivere appunto nel trasformarsi oggi “alien(at)o”, domani ancora nato.
L’apnea è meglio. Chi troppo non vuole “affogare”, di grandi abbuffate sarà solo un buffet di “tette”. Vuoi farmi a fettine? No, la bistecca è meglio se alla fiorentina, il sangue è mio carnale solo di-vino a Firenze, Patria del Risorgimento. Tu sei da scolo e anche dell’incanalarti nell’acquedotto. Non sono un lacchè, però non mi pettino con lacca, perché non voglio sembrare chi sa chi.
Io non so. Tu sai? Sei sicuro di sapere chi sei? Saremo degli insicuri? Sì, prima di sparare, controlliamo la sicura e anche l’assicurazione del prossimo. Per questo non spariamo mai!
Salutiamo tutti con un (a) “Salve”.
In quanto già salvi dalle selve.
Ho detto tutto…
Non sono un Don Giovanni ma Don Johnson…
… e te “lo” ficco nell’hot spot, caldo…
Il parroco, adesso defunto, della mia parrocchia appunto, si chiamava Don Giuliano.
E suor Aquilina gli era “giuliva”.
Ecco cosa penso della “religione”.
Sono Io il “Redentore!”.
Al massimo del calore!
Prendete quel film di Dennis Hopper, bigotti moralisti del “cazzo”.
Don “lì” dondolò, indeciso tra le forme della Connelly o per “scivolare” nella “sorella” di Michael Madsen, Virginia, una delle donne meno virginali della Storia, tanto che anche quel mostro in(s)etto di Danny Huston la “impalmò”. Sotto le palme, Virginia ama “impallinartelo”.
Con nessun Palmàres all’attivo, è Lei la “passiva”.
Don Johnson ha sempre avuto un gran culo. Prima che Melanie Griffith appassisse con Banderas Antonio, era Donna tutta “melodiosa”. E, come la dava “lei”, neanche Melissa P.
In questo “capodopera”, Johnson ha l’imbarazzo della scelta. Una Jennifer acerba eppur di fondoschiena godibilissimo, soprattutto nella s-cena cul–t in cui, “lesbica”, appoggia le natiche, ancor bagnate per il tuo metterlo in “pause” su zoom basic instinct “la vedo o non la vedo, è la figa o no? Certo che lo è”.
Da “volpino” Ezio Greggio.
Ma il pezzo del “candelotto” è dinamitardo dopo un “a lume di candela” afrodisiaco con la Madsen.
Virginia mangia vivo il Don.
Seduzione maliziosa. Scappa prima della gran scopata solo per preliminare a “scaldarlo”.
Don, marpione, la insegue tra le frasche, Lei si spoglia e s’immerge nel laghetto, la “mostra” della laguna…
Capezzoli di quinta e da “novanta”.
Don accusò la “botta” da allora.
Il Falotico fu invece accusato dalla sua ex di essere il cane Rex.
Al che, mi diedi alle letture di Tex Willer. Quando Lei non te la dà perché troppo “Ci sai fa’”, è Rin Tin Tin che devi rispronare se alla carica vuoi “assediarla” nel “fortino”.
A parte le mie “fumettate”, ho sempre amato Dylan Dog, questa faccia da sberle che “vive” al cimitero, “cazzeggia” da James Bond con delle fighe pazzesche, gioca a briscola col suo amico Groucho Marx che, un tanto al Ruper Everett, lo prende per il culo, “attentando” alla sua omosessualità latente con allusioni perspicaci da Woody Allen al fine di renderlo “dormiglione”.
La Marvel è venuta dopo. Superman del Donner era uno dei miei must dell’infanzia.
Soprassediamo su quel Brando “Padre” coi capelli da un’arida stagione bianca.
La merdaccia, di gran “stronzaggine” ma indubbio fascino simil Yul Brinner pasoliniano, era Terence Stamp.
La scena, in cui Superman gli ritorce contro tutte le sue malefatte e lo paralizza, vale tutto Stefano Falotico.
Sì, Terence assomiglia proprio a un criminale che provò ad assassinarmi alla stessa “maniera”.
Adesso, pare che vegeti in uno stato catatonico, accompagnato da una bimba minchia nelle sue “spericolate” avventure “fra le nuvole”.
Che dite? Gli ho aperto il culo?
Se così non è, abbiamo sempre Iron Man avenger nel Thor boomerang!
Diciamocela!
Il Falotico è inaffondabile! Sfonda! Datemi una fionda e impallinerò le biondone! Datemi una liana e tu beccati Luana.
Quella è buona solo quando la Luna non le è su(p)ina.
Il camionista ne conosce le cosce. Io no, è una zoccola.
Sarà una topona per te trombone!
Ricorda: in fin dei conti, anche dei coiti e della colite, tante me ne accollo, in quanto non normodotato eppur mai dormo e neppur dom(in)o, sono un database di dati a lor (i-non)darmele. Tu sei un soldato, quindi su-datela!
Che vuoi additarmi? Idiota! Ti spezzo le dita! Stai solo zitto, adesso!
Su, dai! Suddito! Odi questo dolore al tuo aver dato botte?
Ah no? Non lo senti?
Ne sentirai tante!
Fidati!
Firmato il Genius
(Stefano Falotico)
“Come un tuono”, recensione di “Sentieri Selvaggi”
Catturare l’umore, l’anima, il sentimento. Tutto in un singolo frame, uno scatto che resisterà al tempo, lasciando un’impronta di reale su quella pellicola. Sul nostro film? Capture the mood chiede Luke (Ryan Gosling) ad una sconosciuta cameriera, pregandola di scattare l’unica fotografia che lo ritrarrà con il suo fugace amore Romina detta Ro (Eva Mendes), amata un anno prima e ora madre di un bambino. Perché quel figlio, che ha appena saputo di avere, devierà il corso della sua vita verso il tragico destino da sempre scritto per lui. Nel passato del cinema e dei suoi eroi maledetti, dei Billy the Kid e dei John Dillinger, che non possono sottostare alle regole perché scritti prima delle regole.
Catturare il sentimento nell’immagine. È esattamente l’intento del giovane regista Derek Cianfrance in questo preziosissimo film, epopea all american lunga, ambiziosa, sregolata, come il cinema che i movie brats anni ’70 inseguivano nel loro sublime sogno tra Hollywood e la Nouvelle Vague. Un film fortemente voluto e pensato prima di girare Blue Valentine, passato per ben 37 riscritture nell’arco di cinque anni in cerca di un produttore. Un film-vita si diceva una volta, che resuscita l’antico rischio di scommettere tutto sulla propria intima visione del mondo filtrata dalla tradizione del cinematografo. Etica registica che avvicina Cianfrance a James Gray, forse senza raggiungerne la grandezza, certo, ma la strada è quella. Un film che smargina dalla sua sceneggiatura e dal suo montaggio finale evidentemente “compromissorio” (il regista aveva scritto e girato molto materiale supplementare sulle tre linee narrative), mostrando ogni cicatrice di questo travaglio e limitando a solo 140 minuti l’imponente costellazione di traiettorie umane che riesce a erigere. Ancora: è proprio in questa sua sincera “incompiutezza” che Come un tuono raggiunge una profonda affezione per le persone inquadrate, catturando schegge di vita in primi piani insistiti che riemergono per giorni dopo la visione.
Tre percorsi diegetici si diceva, quasi tre film indipendenti uniti da un “incontro”. Si inizia da Handsome Luke, Luke il bello (impossibile non pensare anche a Walter Hill), che da stuntman/showman nomade e vagabondo, arresta il suo vagare nella cittadina di Schenectady perché scopre il destabilizzante sentimento della paternità. Ha bisogno di far qualcosa per suo figlio, fargli assaggiare per la prima volta il gelato, sentirsi padre a qualsiasi costo: anche “contro la Legge”. Poi si vira verso il giovane poliziotto Avery (Bradley Cooper), che braccando Luke dopo una rapina giunge al crocevia della sua esistenza: da paladino della Legge, celebrato dai media, ai meandri lugubri della giustizia incarnati nel corpo iconico di Ray Liotta che porta tatuati in volto i segni perturbanti dei Goodfellas e dei Narc. Infine il salto generazionale: i destini dei figli coetanei di Luke e Avery, il loro incontro quindici anni dopo, marchiato delle indelebili e pesanti eredità paterne. È la figura del cerchio, insomma, che domina questo film sia formalmente (la sfera dello stuntman, la ruota panoramica, il gelato) sia narrativamente (il ritorno di Luke dopo un anno, le costanti rime interne tra i protagonisti, i figli che reiterano i comportamenti dei padri), ponendo ogni personaggio sull’orlo di abissali dubbi etici da elaborare solo nel controcampo di noi spettatori. Uscire dal cerchio determinista e volgere la moto e lo sguardo verso Ovest, ancora nel West, significherà raggiungere “il posto oltre i pini” come nel vecchio detto Iroquois.
E poi: c’è il cinema. Dalla sperimentazione sul colore mutuata dal suo maestro Stan Brakhage all’uso della musica che a tratti ricorda il primo Scorsese; dalle citazioni coppoliane letterali – il battesimo del Padrino, il taglio di capelli alla Pony Boy, il bandito della moto che riecheggia Motorcycle boy– agli inseguimenti in soggettiva che rimandano a William Friedkin; dalle suicide rapine in banca alla Michael Mann al controcampo di poliziotti corrotti alla Sydney Lumet. Cianfrance sfodera il suo (e il nostro) vocabolario cinefilo, paga un privato debito con i padri, facendo fluire gli umori di quarant’anni di cinema americano occultato in un personalissimo racconto di formazione. Certo: si avverte una qualche meccanicità nella scansione filmica dei tre filoni narrativi e generazionali; con l’ultima parte che risente un po’ troppo dei compromessi al montaggio. Ma la staffetta attoriale/umana tra Luke e Avery, fulminea, posta direttamente in (immagine)azione, in inseguimento, un passaggio di consegne in apnea che segna la fine (e l’entrata nel Mito) per l’uno, e l’inizio (di un “opaco”) percorso di vita per l’altro…è un momento che non si dimentica. Derek Cianfrance riesce ancora a catturare l’autenticità di quel tra le persone che da sempre, nel grande cinema, interfaccia i film alla vita. Lo schermo allo spettatore. I padri ai figli. E lo fa oggi, nel 2013, con tutti i rischi del caso. Capture the mood.
Titolo originale: The Place Beyond the Pines
Regia: Derek Cianfrance
Interpreti: Ryan Gosling, Bradley Cooper, Eva Mendes, Rose Byrne, Ray Liotta, Dane DeHaan, Ben Mendelsohn, Bruce Greenwood, Harris Yulin, Emory Cohen
Origine: USA, 2012
Distribuzione: Lucky Red
Durata: 140′
(Pietro Masciullo)
Christopher Walken, 70 anni
I 70 anni di Christopher Walken: non ve ne siete (stati) accorti, uno dei greatest ha spento queste tante maledette candeline! Buon Compleanno! “Torta con ciliegine!”
Prefazione autobiografica, oggi ho firmato un altro cont-r-atto editoriale, ma son contrito!
C’è qualche figa oltre alle “firme?”
Non so, sto tentando una via assai impervia, che inevitabilmente logora e costa sacrifici. Quella della Letteratura abbinata al Cinema. Come m’ha genialmente suggerito un mio amico, pare che possegga una sorta di dono misterioso, una vision esistenzialista di Natura “celluloide”.
Aspiro i fotogrammi dei film, li capto nella mia ottica visiva, li filtro senza solipsismi, provando a entrare in empatia coi personaggi, col tessuto, anche carnale-metafisico, della trama, dei torbidi intrecci, quindi li trasformo in materia narrativa. Navigando nelle emozioni a pelle, viscerali indotte, istintivamente, dalla mia anima dotta e diottria senza dottrine.
Da quest’eccentrica mistura, “fuori dalla norma”, si genera la creatività, l’acume non sempre azzeccato, ché la strada, se talento c’è, piena zeppa sa(p)rà di pericoli di crollo, molto pericolante l’Uomo “spericolato”. Scommetteteci, mi troverete “affisso” a un muro, causa troppo accelerare. Chi va piano, va sano e lontano? Anche in bocca all’idiozia del liofilizzato mangime di tutta la frivolezza.
Quindi, preferisco voltarti lo Sguardo, annotarti, un po’ notturno arricciarmi, un po’ d’ululati sognare sensuale, talora esserle “orale”. Intrattengo “lunghe” conversazioni con bellissime donne, e ne vado matto. Fiero non so, v’è una tendenza a non ferirmi troppo. Così, quando “spingono” per appiopparmi, (e)viro l’angolo e m’accartoccio-“castrato”. Però, ne vale la pen(n)a. Non sarò mai una “fiera”, lì vanno le puttane sui viali e, nei tendoni del circo, si lascian “domare”.
Almeno, mi son risparmiato la delusione. Penso che vogliano adescarmi per poi vendermi alle bische clandestine, ove verrò maltrattato da altre cagne a briglia sciolta.
Meglio è sempre star in guardia e a cuccia. Il can non va svegliato, anche se il Leone (non) s’è addormentato, come da canzone:
Il leone si è addormentato
paura più non fa
il villaggio l’avrà saputo
e il ciel ringrazierà
Auimbaue, auimbaue…
Il leone si è addormentato
la luna è alta già
nella giungla, la grande pace
fra poco scenderà
Il leone si è addormentato
e più non ruggirà
ogni bimbo che avrà tremato
sereno dormirà…
L’amico del giaguaro è più oculato, anche più maculato.
Fatto sta ch’è un periodaccio.
Mi consolo con poche ragazze “pubiche” ma con il mio libro nuovo, oggi da me firmato.
Non mi fermerete!
Christopher Walken è me stesso, guardami gli occhi e capirai un “YouTube”
Ah, mi metto a parlar di Cinema con una casalinga che rammenda le calze, buona ai fornelli e a “infornare” quello del marito, “stufato” dal “timbrare” in fantozziano groppo in gola senza “scaloppina”. La scaloppina può esser farcita di funghi porcini oppure “al limone” di cottura “al dente”.
Sfoglio i promemoria dei compleanni, ed ecco che spunta Chris Walken, con le sue settanta doratissime primavere e un solo ingiusto Oscar all’attivo.
“D(i)o in pasto” la data della nascita di Chris alla casalinga, fa a fette il suo deerhunter per sugo da “un boccone solo”. Al che, irritato dalla famelica culinaria, “sfoglio” un coltello degno di Fratelli.
Mi camuffo da Vincent Gallo in mezzo alle sue quaglie e all’arrosto di polli allo spiedo, poi le cucino tutto il repertorio dei miei “ingredienti”:
1) Prendere un De Niro e mescolarlo con cura, rosolandolo nel neo prima d’affumicarlo con delle spruzzatine piccanti, un po’ “toccanti” da Max Cady “picchiato” e “spellante”.
2) Aggiungere uno spicchio di Al Pacino, “scarmigliando” i capelli tinti d’un sospetto parrucchino alla Antonio Conte, quindi “zebrarlo” contro ogni juventina abbuffata da “sturbo”.
3) Un pizzico d’aglio da Klaus Kinski per condire, di “salsa sanguigna”, la cena vampiresca, salvo indigestione da gastrite su pallida cera.
La casalinga rifiuta il pranzetto, e infila la lama nel maiale. Si definisce “mielosa”. A me pare che voglia “zuccherare” troppo. Soffrirò di glicemia. Il saccarosio del “saccottino”.
Sì, ove va la gattona al lardo…, lascia lo “zampone”.
“Tiro fuori” la mia “zampogna” dalle mutande, e la sprono alla carica, su penne puttanesche d’una all’arrabbiata su “conto in sospeso”. Romana!
Ella scaraventa per aria i piatti, io le apparecchio un “bavaglio”, poi le ballo attorno un “chili con carne”. Acciuffo la sua “patata” e la intingo di “maionese” su impazzirla d’orgasmi al ketchup.
Io stuzzico tutte, quindi, “interdentale”, con gli stuzzicadenti mi tolgo i sassolini dalla “scarpetta”.
Arrivo alla frutta, addolcisco di baci “affogati” questa donnetta allo zabaione. E, a sbafo, mi lecco i baffi col mascarpon’!
Riempita la pancia, la slego un po’. Vorrebbe menarmi di brutto ceffo(ne), ma le ficco in bocca un orologio prezioso da Pulp Fiction.
Chiamo a raccolta tutto il vicinato affinché, di “sorbetto”, possa assorbire ogni capolavoro interpretato da Walken. Che digestivo!
Cazzo, questi sono cancelli del cielo!
Chris non è mai una cagata!
E ricordate, sì, dico a voi, uomini di super-panza: Chris, su occhio Fox, ti rende zoppo!
Perché Abel Ferrara sa…
Comunque, figli di puttanazza, se ieri non l’avete letta, potete ascoltarla. Di voce “terrona” con andamento anomalo di frequenze “impazzite” su radiocronista impostato per poi depistare ancora di voce “Che cazzo dice?”:
Clicca e non rompere.
Se il Governo non si formerà, votatemi.
Sono colui che cambierà tua sorella. Sì, è una da ciambella col “buco”. E io son fritto da un “pezzo”.
Donne, spezzate(me)lo. Uno spezzatino che non troverete scont(r)ato.
Firmato il Genius
(Stefano Falotico)
- Il cacciatore (1978)
Apice oscarizzato, la migliore interpretazione della Storia, e non solo del Cinema.
Nessun reduce è mai stato così vero, neanche i “patiti” del Sudafrica associati agli esperimenti dei nazisti sui neuroni spaccati degli ebrei torturati. Un Uomo distrutto, spappolato nelle cervella. De Niro provato, in extremis, tenta di recuperarlo, e lo fredda suroulette russa spaccatempie. Tragedia! Non bastava il Vietnam? - I cancelli del cielo (1980)
Altro must come da citazione “anteriore”. Recitazione tutta in sordina, d’impressionanti iridi color prateria. - La zona morta (1983)
Morto, non morto, un Nosferatu, eh già. Coma, dove sta con la testa? Non c’è o vede giusto?Il veggente è un professore che lesse molto, in quanto già oltre. - The Addiction (1995)
Apparizione che vampirizza la scena, in senso figurato e monstre. Comunque, nel suo ieratico, più sexy della protagonista, un cesso con viso da morta. - King of New York (1989)
Un capolavoro sottostimatissimo ch’è meglio di mille scopate. Anche perché poi rimani all’asciutto, peggio degli zigomi “prosciugati” del Walken zombi, qui dissipato, carne e ossa, sciupato, spettrale eppur di carisma insuperabile. Quest’Uomo che risbuca dalla gattabuia, che camina rabbuiato, che incula tutti nel “non darlo a vedere”. Che fa il samaritano per la redenzione a cui non crederebbe neanche Asia Argento nella culla. - Pulp Fiction (1994)
Il film non varrebbe proprio niente se non ci fosse Lui. Togliamo il Travolta redivivo e il Tim Roth bizzarro nell’azzerarsi con rapina a mano armata di demenza fottuta.Tarantino coglie il Cimino e toglie le castagne dal fuoco nel culo di Ving Rhames. Tutta l’orgia e il casino per un orologino? No-sì, perché era di proprietà del padre di Christopher. - Stand Up Guys (2012)
“Scarto” le critiche americane. Non è stato molto apprezzato.
Com’è possibile? Ci sono i due più grandi del Mondo per la prima volta assieme. Miscela “senile” di “Siamo duri, nonostante gli anta…”. Secondo me, la “Critica” è come le donne. Guardano solo la confezione. La confettura!
In profondità, invece, “scavando”, la misoginia potrebbe “svelarsi” da veri lupi di mare.Come Al Pacino, stringendo la mano a Chris, conosce…
Quelle mani strisciarono, a mo’ di “serpente”, fra molte cosce! Fra una Keaton rubata a Woody Allen, una Penelope Miller “a cazzo” fra un Carlito e uno Sean Penn, e l’attuale compagna, pescata solo per le sue pesche giovani. Pacino è uno da croce sul petto. L’orecchino su anulare alla Fabrizio Corona non s’addice alla sua preparazione shakespeariana, la “tintura” sì.
Come il titolo “elevante” è di deduzione “alzante”, questi vecchietti son arzilli-non stand-ard.Gente come Pacino e Walken non si vende alla Standa.
Li trovate fra le stelle, a brindare con del latte. Non c’è la rima, ma non me ne frega. L’assonanza è da “suonati”, voi miei (s)fregiati. E io “s(u)ono” tutti! Lavandomene le mani!
“Motel” con De Niro e Cusack, first look
Very cool, soprattutto la capigliatura del Bob e questo Cusack abbastanza inedito con mitragliatrice!
Motel, una scommessa firmata dall’esordiente David Grovic.
Storia ancora “sconosciuta”. Sappiamo solo che uno strano figuro si “staziona” in un motel, appunto, e aspetta il suo boss per consegnargli una misteriosa valigetta.
(Stefano Falotico)
Jimmy Bobo
e t’appallottolerà nell’head più “rimbombante”…
… di “botte” esaltanti, anche saltando addosso, di “botta”, con tanto di “cerbottane” alle tue puttane.
Da che ho memoria, Sly è sempre stato uno stronzo pirotecnico. Ovunque c’è la sua faccia da schiaffi, volan “da orbi” di pugni alle facce di merda.
E così lo voglio. Incazzato in giacca e cravatta, un po’ nudo e crudo nei guantoni e un po’ guanti di sfida a spiattellarti che sei uno sfigato cronico, su andatura dinoccolata, un po’ scimmione e preso per “scimunito”, invero di palle “a munizione” per ammonirti e poi espellerti!
Ne vogliamo parlare di questo qui?
Mi ricordo la mia infanzia, da Principe inaudito. Tutti m’additavano in quanto “viziato”, e io oziavo di più, “trastullandomi” nel Rocky ispirato a Marciano, per conservarmi puro e non marcio fra questo fascismo italico da “bellimbusti” tutti in riga, righelli e quadernetti. Andavano subito defenestrati con “charme” e tante “carezzine”. Fin da piccoli, i miei coetanei furono “educati” da maestrine logorroiche e poco ad attizzare il “durevole”. Queste megere costringevano i bimbi al fanatismo della più bieca e ricattatoria “debolezza”. Ne soffocavano, appunto, la durezza.
Così, anziché crescere una generazione di “duri”, “quelli” che, “tiranti”, te “la sbattono” in non pochi secondi netti nell’attrattiva consistente che dura, “carburandolo” di burro d’orgasmi prelibati alla Donna tua d’allibire, “impallidendola” su luci rosse spingenti tutta la Notte a iosa, di tanto “rossore” senza roselline, allevarono una marmaglia di nerd da spulciare subito, così come lo scimpanzé più “erudito”, fra i trogloditi, ingoia i rigurgiti delle vostre amarezze “colte” e precotte, quindi sbuccia la “banana” nella giungla, “menandosela” da Tarzan, a cui ruba Jane… Fonda su “pilates” sempreverdi di glutei “bioetici” nel suo specialista da nature allo “sfogliarla” nel King Kong “mastodontico”, dondolandole “equatoriale”-accalorato su sua quercia secolare “inalberandolo”. Altro che Naomi Watts, buona a preparare i tortellini, il toro vuole la torta di Sharon Stone!
Sì, Stallone è sempre stato questo. Un “tamarro” che va al bar, ordina un caffè amarognolo, mescola il cucchiaio e guarda, intanto, le mutande dell’impiegata statale, suggerendole un “cappuccino” per scremarla…
In Rambo, c’è tutta la mistica! Quest’Uomo traumatizzato, scarnificato, di cicatrici da patibolo e mandibola, che incontra uno sceriffo bastardo, una sorta di “tutore”.
Lo vorrebbe incriminare solo di “sospetti”. Ritiene che i reduci del Vietnam siano “socialmente pericolosi”. John voleva solo gustarsi una colazione nutriente alla tavola calda.
No, invece lo sceriffo ottuso insiste per piegarlo ai “ricostituenti” della sua “costituzione”. Ora, sano e robusto lo è, quindi non necessita(va) di “piegamenti” né di spiegazioni. Solo perché gli puzzava l’alito? Un alibi aleatorio!
Ribelle recalcitrante, all’ennesimo abuso di potere, afferra un “manganello” e sferra calci volanti, con tanto di guardia su “volo” spaccavetrata.
Fuggitivo, viene ricercato dalla cattiva coscienza sporchissima dei “porci”. Le guardie, ecco, sfidano il suo star sulla difensiva e l’attaccano in modo poco guardingo. Sì, dei tizi della “previdenza” da minority report.
Più che dei precog, dei preti in abiti da poliziotti, molto coglioni.
Già, lo sceriffo finirà trivellato nei suoi “attributi”.
Sorvolerei sul Cobra, versione Callaghan estremista. Da ricordare solo perché Sly incontrò Brigitte Nielsen, all’epoca davvero “modella(bile)” e non chirurgia plastica di boobs “pompate”.
La causa di divorzio iniziò col quarto episodio del Balboa. Brigitte era già “sposata” a Dolph Lundgren. Un russo da “Ti spiezzo in due”. Oh, che vi devo dire? In Russia, a forza di campar fra le steppe, e a stento, tutte le bamboline “matrioska” pre-tendono l’oca più “industriale”.
Dietro la “spazzola” di Ivan Drago, forse “spruzzava” tosto tostissimo. Poco di redditizio, rudissimo, da dai Donna che ti prude.
Molte pellicole sottovalutate. E dir che Sly si spellò, mostrandosi sempre asciutto e levigato, con tanto d’olio per le “massaggiatrici”.
Fra l’altro, per alcune produzioni, spillò di tasca sua.
Comprese le altre regie del pugile di Philadelphia. Sì, come la sottiletta nostrana, una cheesecake fra il cagasotto a farsi umiliare dai “piscialetto” e un po’ per la sottana, color “fragolina”, di Adriana “tutta panna”. Da espugnare, vincente, mai buttando le spugne. Apollo, in fin dei gong, era uno da pugnetta! I polli van infornati! Creed, sei un avaro, sì, son Greed!
Fatti avanti! Spilorcio, che gridi!?
A parte gli scherzi, il primo e l’ultimo della saga valgono il “pezzo” del “biglietto” dell’Italian Stallion, uno che ti fa a fette, mio oste teppistello. Non è carne da macello, ma manzo-romanziere della sua “cucina” e “farina del suo sacco” da romantico antico.
Scrisse, infatti, la sceneggiatura da sé, cucendosi addosso il successo.
Scusate per la digressione, quest’Uomo merita la statua, da “Redentore-erezione” a Mus(e)o.
Gli dai del cagnaccio e ti ficca in bocca la museruola!
Pigliamo, ad esempio, Sorvegliato speciale. La storia non cambia. Patisce più del “debito” già saldato. Così, non risparmia di “saldi” al direttore aguzzino. E riscuote, di scosse, il torto, torcendogli i capelli di tortura “sedia elettrica”. Un Sutherland manierato da due soldi.
Cliffhanger è una vetta in mezzo alle tette di Sandra Bullock Demolition Man.
“Firmato” Marco Brambilla. Sì, l’unico “masterpiece” di un bauscia milanese emigrato negli Stati Uniti. Sandra, però, rimane una da “nero” alla Wesley Snipes. Fidatevi, all’epoca era “sweet”.
Una squisitezza per “rilassartelo” in “sauna”.
Ci sta anche John Landis, l’Oscar solo nel titolo. Trattasi della peggiore commedia, involontariamente ridicola, di tutti i tempi.
Lo Sly attore torna alla grandissima in Cop Land. Per ingrassare, prende lezioni dal vecchio toro scatenato… Bob De Niro.
Pare che la lezione non sia servita, anzi, che l’allievo abbia superato il “maestro”.
A fine anno, vedremo i rivali rancorosi in All’ultimo pugno.
Domani, esce con un Walter Hill veramente cazzuto.
Mancava Lui all’appello del “Planet Hollywood”. Schwarzy con Danko, Willis con Ancora vivo.
E pare che il nostro mercenario sia stato molto più bravo.
Diciamocela. Arnold è oggi un rammollito con le mollette ai capelli, Willis un puttaniere buono a tutto e a nulla.
Sly spacca maggiormente il culo.
Perché “spinge”. Invecchia di volto, di fisico regge.
Il resto, non solo della sua carriera, ma anche della sua “carrozzeria”, mi pare una stronzata.
Se non avesse “sfondato”, carrozziere sarebbe stato. Riparando le macchine dei borghesotti ammaccati.
All’inizio, quand’era povero, se la faceva con le “cozze”, adesso gira in carrozza.
Sly m’assomiglia.
Il “colpo” c’è tutto.
Jimmy è Falotico. Coglie ogni criminale alle s-palle, obbligandolo alle pal(at)e, e ogni idiota alla s-provvista.
Bang, preso, steso!
A parte le sparate, di mio faccio un gioco migliore del tuo.
Scrivo, cerco di migliorare le teste di cazzo.
Compresa la mia.
Più di questo, cosa voglio dalla vita?
Un completino intonso.
Non è mica esigere tanto. A quanto viene? A poco? E quanto sarebbe il poco? 2000 Euro. Gli Euro son stati una porcata! Han taglia-to nel decurtare lo stipendio!
Non sono mica Sylvester Stallone che veste Armani, è un armadio dai modi spiccioli e viene, appunto, alle mani! Picchiando, Sly va guadagnando come un pazzo mentre se ne spupazza!
Intellettualizzandomi, non va mica tanto.
Alla spicciolata, sì.
Non sono sul lastrico, da lavanda gastrica sì.
Quella mentale la lascerei ai dementi.
Ho detto tutto.
Anzi, no.
Il lavabo, altro che Bobo, non è un bulletto né un Bullet, ma son lavaggio alla vostra sporcizia, anche se mancano perfino, e per segno, le uova al tegamino!
Donna, dammi un obolo, volevo dire un bacio!
Insomma, cosa bolle in pentola?
Sfodera tutta la gallina!
Rendimi un galletto. Andate in malora! Tutti in galera!
Ho deciso io.
Firmato il Genius
(Stefano Falotico)
Gigi Sabani
I misfatti bianchi della “televisione” italiana, tutto ciò che avete letto di “scandalistico” ma nessuno ha osare scandagliare
Nell’ambiente underground, mi chiamano “The Fighter”, fottuto anti-naziskin a stirarli!
E antecedente al tuo culo da cesso!
Procediamo con ordine, nel registro degli indagati annoteremo varie “nottate” losche.
L’imitatore Gigi Sabani, anni fa, datato 1996, rintracciabile di colpa anche in tutta la documentazione Internet, previo ottima ricerca su “Google”, fu il sabotatore d’un evento riportato, all’epoca, da tutte le test-at-e giornalistiche.
Accusato d’induzione alla prostituzione e di truffa sempre a fini, “finissimi”, sessuali, mandò una “spedizione sedativa” a una signora che lavorava per la Rai, “valida” collaboratrice dei suoi programmi.
La vicenda, oltre che a sbattere il presunto mostro in prima pagina, “rimbombò” nella sua carriera, stroncata alla sua voce “unica”, da allora non più “versatile” ma molteplice di versamenti e risarcimenti.
A “lui” scagionato, a lui che (si) scagliò, a lui che fu prosciolto, dopo molte diarree scioltissime e catene “(s)legate”, a lui “cacciatore” strozzato/a.
Ma lo scandalo non fu appurato nell’interezza del “geni(t)ale apparato” del Gigi.
Ho usato le virgolette con sarcasmo, rimarco le sue ragioni. Servivano ad accerchiare ironicamente il suo “Tortora”.
Non aveva tutti i torti, in-fatti, a ben vedere. Ebbe il coraggio d’azzardare una mossa da Charles Bronson senza calcolare le spese fiscali delle sue azioni, forse lecite e non da “contravvenzione”.
Invero, come personalmente constatato, con tanto d’atti di tribunale e anni di causa alle loro “analità”, Sabani “offese” una signora sposata con un disegnatore-vignettista-illustratore.
Costui, “eminente” personaggio di spicco e “penna”, davvero “forbita”, par che ora sia sconvolto da un altro terribile scheletrino nell’armadio.
La sorella, genitrice di due figli calunniatori e parimenti “papponi”, fu chiamata a testimoniare in seguito a oscene ingiurie “elargite” dal sangue del loro sangue, sanguinario fra l’altro appoggiato dal primo difensore dei criminali, il padre. Che, scoperte le violenze e i giochi sporchi dei figli, colti in flagrante del fattaccio, preferì traslocare (i vicini videro e “tastarono” i suoi “eufemistici” insulti… da “tana del lupo”) ma anche provare a fermare, dietro provocazioni recidive, colui che tirò fuori le palle contro tali impostori e si ribellò. Si chiama terrore che i veri mostri possan finire dietro le sbarre. Meglio rigirare la frittata, per salvare la faccia e rovinare il giusto.
Contattò la polizia e, alla prima avvisaglia di possibili ritorsioni, dopo tutto l’orrore che i figli partorirono, denunciò (non) a mano armata per disturbo della quiete.
La persona, indotta nella “trappola”, fu “costretta” a una rehab per placare il montar, a muso duro e “sputi in faccia” contro l’insormontabile malvagità di tali tristissimi figuri.
Trascorsi 5 anni d’Inferno, è stata riconosciuta colpevole solo d’innocenza.
La sua reazione è stata semplicemente proporzionata a quel che di spaventoso e obbrobrioso tale famiglia provò a combinare alla sua vita, con tanto d’intimazioni al suicidio, telefonate minatorie, minacce di morte e ricatti tipo “Se provi a dire la verità, ti ammazziamo e stupriamo la tua ragazza!”.
Dimesso da ogni “obbligo” giuridico, con vari romanzi all’attivo, nessuna macchia ma ostinato a rivelar le loro fedine penalissime, pare che la storia andrà avanti.
E gli stessi, che vollero uccidere d’assassinio “bianco”, saran presto richiamati di fronte al Giudice.
Stavolta inappellabile.
Se, al Tempo delle offese, fu “fermato” il falso indiziato per mancanza proprio d’indizi probatori di quell’oscena loro colpevolezza, nero su bianco, stavolta, pare che ci siano adesso tutti alla mano per un premio Pulitzer.
Mi spiace. Ciao.