“Il lato positivo”, recensione da “Sentieri Selvaggi”

07 Mar

Non è Lucarelli Selvaggia  

 

Il lato positivo è una sorta di film/matrice per il cinema di David O. Russell: prepotentemente bipolare come il suo protagonista e capace di alternare sequenze straordinarie a cadute improvvise. Ma stavolta riuscendo in più occasioni a emozionare sinceramente. E allora la “silver lining” (“buon proposito”) potrebbe essere il percorso verso la sincerità/semplicità che lo stesso O. Russell sta evidentemente compiendo

Ok, bevo troppo, ho lavorato in molti bar, e ho perso molte opportunità, ma sto cercando di migliorare…”   Amy Adams in The Figther

 

 

È la costante ricerca di una redenzione, di una seconda opportunità, che accomuna i vari tasselli della breve filmografia di David O. Russell. Personaggi spesso schiacciati dal loro ambiente, che percorrono il “tempo di un film” per evadere, ritrovare se stessi, superare le paranoie. Da questo punto di vista Silver Linings Playbook potrebbe veramente rappresentare la matrice di tutto il suo cinema: il protagonista Pat Solitano (un ottimo Bradley Cooper) è affetto da gravi disturbi di bipolarità, alterna violenti scatti d’ira a improvvise folgorazioni estatiche; proprio come da sempre fa la regia di O. Russell: prepotentemente bipolare, capace di alternare sequenze straordinarie a cadute improvvise nello stesso film. Ma questo potrebbe anche essere il “lato positivo”, ossia il costante ragionamento sul (suo) cinema: dalla chiusura del discorso sul postmoderno (Three Kings), a quello sull’autorialità dei padri (il controverso I Heart Huckabees) e sull’ibridazione cine-televisiva dei figli (The Fighter).
Pat, però, deve anche lottare contro un ossessivo ricordo: sua moglie che lo tradisce nella doccia di casa, la violenta reazione contro il malcapitato amante, il successivo internamento in un ospedale psichiatrico. Il nostro film invece si apre con l’inizio del percorso di redenzione, nella sofferta speranza che ogni evento, libro, vita possa avere un Happy End. Possa trovare il suo lato positivo e fermarsi là, perché sarebbe giusto così. E allora l’incontro con la tormentata e bellissima vedova Tiffany (notevole l’interpretazione del premio Oscar Jennifer Lawrence, sempre sul punto di far detonare la sua rabbia repressa) segna uno scarto fondamentale nella vita di Pat: si possono sconfiggere i proprio fantasmi con la potenza taumaturgica della condivisione? In un liberatorio e fatale ballo sregolato?
O. Russell mette al servizio della bella storia tratta dal libro di Matthew Quick tutto il suo (un po’ ruffiano) impianto registico fatto di strategiche scelte musicali e qualche dotta citazione qua e là, ma stavolta riesce a raggiungere in più occasioni una sincerità sentimentale che scuote lo spettatore nel profondo. E lo fa intelligentemente affidandosi per lo più agli attori: oltre ai due protagonisti da segnalare la più convincente interpretazione di Robert De Niro almeno da dieci anni a questa parte, un padre divorato dalle sue simpatiche superstizioni sportive che si apre emotivamente al figlio chiedendo indirettamente perdono per il passato. Ecco: la “silver lining”, il “buon proposito”, è un percorso verso la sincerità/semplicità che anche il cinema di O. Russell sta evidentemente compiendo. Idealmente in linea con l’ultimo Van Sant di Promised Land qui si avverte un sottile ritorno alla magia del contatto umano che possa creare cambiamento (echi del cinema settantesco di Hal Ashby), in un film dominato dalla strada come mondo/set prediletto in cui tornare a correre, litigare, abbracciarsi, amarsi, “incontrarsi”…
Titolo originale: Silver Linings Playbook

Regia: David O. Russell

Interpreti: Bradley Cooper, Jennifer Lawrence, Robert De Niro, Julia Stiles, Jacki Weaver, Chris Tucker
Origine: USA, 2012
Distribuzione: Eagle Pictures
Durata: 122′

 

 

 

 

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