Stefano Falotico e la sua Noir Nightmare

04 Feb

Per ogni mio fan e ammiratore che volesse registrare le varie puntate, questo il promemoria d’annotare: 10Libri, Lunedì 11 Febbraio ore 19.30, seScrivendo, Mercoledì 6 Febbraio ore 19.00, Bookshelf, Venerdì 8 Febbraio alle 18, La luna e i falò, Martedì 5 Febbraio ore 21.30.

Il vostro prode Re Artù, ch’estrasse la spada dalla roccia nello stupore generale d’un clamoroso colpo di scena inenarrabile e assolutamente imprevisto, a sfregio dei miei detrattori, gentaglia come i proci del divin Omero, epicamente s’inoltrò nella gladiatoria Roma, ai piedi del Colosseo, ove i grandi combattenti si sfidavano in tenzoni “medioevali” per l’applauso finale degli imperatori a premiare il loro invincibile coraggio.

Così, un Uomo proveniente dal nulla, come Lincoln Hawk, un falco “eremita” nella “gattabuia” del suo abitacolo, decise di sterzare il cammin impervio e, tortuosamente, ancor asfissiato da amici-nemici di “parentele” ostinate a non riconoscerne l’immenso valore, s’avventurò proprio nella “fossa dei leoni”, ove i giganti sono il titanismo della nostra anima.

Stefano Falotico, classe aurea color anno 1979, pressoché imbattibile, stupefacente come un colpo tramortente da gancio mancino alla Rocky Balboa, secco, “ponderato” ove fa male contro chi, ottuso, gl’inveì d’offese demoralizzanti, allenato nel mistero assoluto della sua energia ancestrale, “maledetta” come una biblica profezia avveratasi, in data 8 Gennaio, presso gli studi di “CAOS Film”, in quel della Capitale in cui Michelangelo sfoggiò eternamente il suo genio totale, dipingendo la vita nella sua eterea Bellezza, romanticamente “appisolando” il pennello grande nell’apoteosi del visibilio (am)mirabile e di cosmica luccicanza, presentò la sua nuova opera letteraria, “Noir Nightmare – L’ombra blu del fantasma”, capolavoro esoterico innestato e innervato nel sacro mio Cuore virile e spumeggiante come l’Irlanda nelle sue sfumature azzurre quand’è sera sciolta dalle nebbie.

Da egregio campione, conscio di duellare davanti a videocamere “maliziose”, preparai un discorso da comandante.

Ecco il testo nella sua interezza, che potrete trovare sul mio sito-vetrina, stefanofalotico.com, e di cui v’evidenzio in corsivo il segmento che lessi, ché del rimanente fui tranciato per questioni logistiche di spazio “pubblicitario”.

A volte, l’Arte e l’artista, di conseguenza…  nasce e scaturisce da inquiete notti lagrimose, in cui sospiri fra bianche sete di densa malinconia, nell’apnea della carne dell’anima, nel naufragio violento e romantico, tenero e “veliero” di sognanti nostalgie ed emozioni vulcaniche che rifioccan da antichi “lembi” e veli arcani.
Quando, rapito d’estasi nel tormento esistenziale, giaci e “gracchi” nudo, “agghiacciato” da illuminanti squarci penetranti nei tuoi occhi neri, come i miei, sibillini e indagatori, amanti degli abissi da sondar di profonda quiete rierta e or riammodernata e innamorata nuovamente di floridità, impudica al Cuor che si sbrana metafisico, lucidato, smaltato d’angosce perpetue combattive che cavalcano guerrigliere le pulsioni talora inibite, l’acquiescenza appunto “mortificata” dietro illusori schermi protettivi, come un Battesimo rinascente, ferino al sangue che “riscalpita” e schizza rubicondo di gioconda leggiadria, remoto a remar per onde oceaniche nel sogno d’assaggiar, forse solo di chimera e avventuriere intrepidezze, attimi fatali immemori, indimenticabili.

Un’opera che s’è originata come una creazione “craterica”, un magma che serpeggiò, sepolto nell’anima, ottenebrato da mentitori sentimenti “ludici” delle ipocrisie dietro cui noi tutti, come pagliacci “tristi”, ci camuffiamo nel travestimento quotidiano di sopravvivenza e “sonnolenze”.
Ma, prima o poi, la neve si disgela e i dubbi si dissolvono, portentosamente inceneriti dall’urlo catartico della tua vera, fiera essenza.
E, dalla sgretolata montagna assopita, bagnato di piovigginosa, melodiosa Bellezza, scrivi “di getto”, intagliato nelle vene e nella sdrucita vigoria che si rifortifica. Slancio lanceolato, lancinante di candore.
Che germoglia, riscocca di poesie, intrecciate a intuizioni fluide di coscienza, s’incarna nella metrica sciolta, senza regole opprimenti che la “redarguirebbero”, la guiderebbero nell’asettico corridoio di sinapsi studiate e, dunque, non collegate istintivamente alle viscere dello stroboscopico irradiarsene di libertà.
Così, ispirato in modo magniloquente, eloquentissimo di mia Natura ermetica, con soffuse palpitazioni alla mente, nelle “tetraggini” ove le leggende del Cuore si risveglian comecavalieri oscuri, come Dark Knight, balzai di nuovo in sella al Tempo perduto, ai moti miei cavalleggeri di leggiadro brio, del fantasy mescolato all’horror, in memoria del Cinema più spericolato d’immaginazione, “impresso” di mia “stilografica” nella tastiera mobile dei neuroni più “scodinzolanti” e bizzarri, eccentrici e “temprati” nell’incanto.
Rimbalzato, come per miracolo, nel trono e nella reggia da combattente Re Artù. Excalibur di mie spade nella roccia dei sogni.
“Noir Nightmare…” è un incubo incendiario, una discesa abissale e metafisica nel “meandro” labirintico.
Si compone di tre tracce, o forse “trance” in senso mesmerico.
La prima s’ispira a Shakespeare e parte da un suo celebre sonetto per fluidificare, fondere e forgiare il mio ermetismo, appunto, le mie emozioni criptiche, la pietra squagliata
delle mie comete immaginifiche. A librarsi nel vento.
La seconda trae spunto dall’Incipit di “It”, lo Stephen King più misterico e fascinoso, davvero orrorifico senza “spargimenti di sangue”.
Ed è proprio un (non) risveglio, alla Freddy Krueger. Freddy, il Babau che la società “adulta” bruciò vivo perché era solo un signore che combinò qualche “scherzetto” di troppo. E lui si vendicò, da Nosferatu, succhiando i colli dei virginali loro figli adolescenti. Proprio quando si chiudon gli occhi e la Notte si pitta di rosso. Raccapricciante quanto colorato di quella simbiosi con quel Cinema di cui abbiam perso le tracce mnemoniche. Un Cinema “artigianale” che attingeva proprio alle fantasie dei vecchi miti popolari, dei “mostri” a sbirciar, da dietro le fessure delle finestre, i veri orchi in pantofole, i piccoli piccoli borghesi “riscaldati” nel cam(m)ino delle certezze. Già inceneriti perché senza focose, brillanti, vivide passioni.
La terza… “semplicemente” è un’ode cavalleresca “imbrigliata”, dunque intrecciata ai racconti fastosi del Medioevo più romantico.
Più celtico e “barbaro” di meraviglie.
Spero, vivamente, che possa piacervi.
Come dico io, d’Arte mi scalfisco per scolpire l’anima e plagiarla solo ai desideri onirici della mia mente, per scheggiarla e non saccheggiarne le speranze.
E, rosso, ruggisco, fuggendo ove pare alla magia delle “foschie” più chiare e fulgide.
Libro di trasformazioni, di mutazione ed elastico navigarvene nei tessuti onirici, a lodare l’amore da perpetuare e, di porpora, vivere e librar anche di nostalgico furore. Trepidante, mai intiepidito, intrepido!
Trapezista del Cuore nei suoi sussulti, spasmo, pianto, maree brune, forza ed energie onnivore d’aldilà paradisiaci, fuga liberatoria, rifugio dai peccatori che lesero la vivacità della potenza cavallerizza.
E, corazzati, di armatura e amatoria virtuosità, fra vittorie, sconfitte o da vinti mai annichiliti, salteremo in sella, salpando per un lido che sian le incontaminate, arcane, leggiadrie roccaforti della nostra isola mai più minata, vegliarda di saggezza e sveglissima di dormiveglia sempre desto e “patibolar” d’insonnie guascone e combattive, brio dei colori e dell’arcobaleno d’ogni più scattante immaginazione.
Ghiacciai sbriciolati delle gelidezze altrui da innervare di dolce nostra neve roventissima.

Biografia:
innanzitutto, chi è Stefano Falotico. Il mio cognome, “martire” di nome anzi, è sinonimo di bizzarro, fantastico, stravagante. E mi rappresenta, anche “animisticamente”.
Mi spiegherò meglio. Nacqui nel ’79, anno cinefilo imprescindibile, ove furon partoriti due capolavori inauditi, I guerrieri della notte e Apocalypse NowApocalypse esemplifica la mia anima.
Alla Jim Morrison su sfumature di linee d’ombra conradiane.
Famelico di notti mie “volanti” nelle meteore e nella cometa fosforescente del mio cristallo corporeo.
Come Kurtz/Brando, un “esangue” fantasma e anomalo folletto non spiritato, bensì spiritico, come le sedute magiche degli sciamani nelle foreste celtiche.
Come Martin Sheen, un combattente, sbronzo di sua “nausea”, richiamato agli ordini improrogabili del “servizio civile”. Un’anima non catturabile, una devianza stramba dalla norma comune dei mortali.
Nel suo avvicinamento all’espansione, anche imprevista e impervia, d’una più alta ed elevata presa di coscienza, da predatore in cerca di compenetrazioni a divine magniloquenze “fuggitive” ma ruggenti per inoltrarsi nella giungla davvero metropolitana, il bosco pericoloso dei sogni.

E come i warriors, invece, adornato ma altresì adombrato da leonine etiche samurai.
In cerca della loro Coney Island e della salvazione. Della romantica libertà
.
Le mie precedenti opere sono il lampante mio vergar il sentire del mio battito cardiaco.
Vogliamo accennare un po’ alle loro trame, sempre un po’ solforiche, metafisiche e nottambule?
“Una passeggia perfetta”, il mio primo romanzo, edito dalla Joker Edizioni di Novi Ligure, sorse come un diario esistenziale proprio nato da salvifica acquiescenza ai sospiri del Cuore.
Inizia come un giallo di Marlowe, con un investigatore privato alla Humphrey Bogart, pensieroso, amareggiato e fumatore, che viene contattato misteriosamente per risolvere un “semplice” caso di sparizione. Ma s’addormenta e precipita in una sorta di stato ipnotico, sprofondando e anche riemergendo dentro le spirali di un’adolescenza dimenticata che torna a bussar alla porta mentre le sue palpebre si son addolcite e placate dal trambusto cittadino.
E lì, in quel limbo sorseggiato nella sua “psicomagia” mentale, ricorda, proprio alla Stand by me, il suo incontro, forse se stesso, con un ragazzo fuori dal comune, Frank. Frank è diverso dai suoi coetanei, un sognatore libero rispetto alla goliardica giovinezza altrui. Se n’estrania e, come uno “straniero”, si perde nelle “lunarità” erosive delle  “spartizioni” della sua anima, “giacendo” imbrunito in una dimensione rapita ed estasiata.
L’investigatore poi si sveglierà, come lubrificato e “riammodernato” nelle sue iridi, prima cupe e nerissime da Uomo disilluso, e s’inoltrerà, quando scocca la Mezzanotte, al cinema, rimembrando laconico, ancora speranzoso e combattivo, da un’altra “angolazione” prospettica più conciliata verso il Mondo e la società, riflettendo fra sé e sé sul (non) senso della vita.
Poi, le opere pubblicate con voi.
“Hollywood bianca” è un ironico m’anche assolutorio, lungo racconto di menestrelli ai piedi di Hollywood, avventori d’un locale “malfamato” ove ne succedono di tutti i colori. Essi stessi “falliti” perdigiorno variopinti a immortalarsi, sputandosi in faccia le vigliaccherie e anche gli orgogli, e a fotografare di nuovo l’incanto danzante della dinamica, dinamitarda Bellezza (anche da “camera mortuaria”, infatti nel libro, defilata, viene fra l’altro narrata la vicenda d’un attore famoso, puramente però inventato dalla mia fantasia, che “non c’è più”, defunto per ragioni sospette e oscure).
“Frankenstein” trae invece spunto, più che dal caposaldo della Letteratura, firmato Mary Shelley, dalla versione cinematografica, prodotta da Francis Ford Coppola, e diretta da Kenneth Branagh. Con al centro la “creatura-lità mostruosa” partorita dal delirio d’onnipotenza del nostro dottore-demiurgo scienziato che sfidò le leggi divine. Personaggio interpretato dall’immenso Robert De Niro.
E, nel racconto iniziale, “Dracula”, si fa proprio riferimento all’omonimo capolavoro di Coppola con Gary Oldman.
Un racconto personalissimo d’un Nosferatu nient’affatto (nonmorto. Anzi, birichino sessualmente, che esce dal sarcofago per inebriarsi di gioconde donne ai bordi delle piscine.
Una “specie” di prefazione spassosa per poi trascinarci negli strati più bui del nostro animo, appunto con Frankenstein.
Tornando a “Noir”, quindi ricapitolando, esatto… i capitoli e il “capitombolo” nel grande Sogno.
Opera particolare nel mio stile eccentrico, che par danzi nelle intime cavità
sotterranee di Lune morbide, eclissi torbida e inabissamento cupido alla mia
anima che, talora appunto, si sommerge per esperire e pescar, nelle profondità
del meandro e degli anfratti “neri”, il liquor rinascente della vita, la
folgore da cui scaturiranno nuovi amori e levriero spirito guerriero. Poesie
“maculate” nel leggero cospargerle del mio sangue ventricolare, animarle di
“scarnificazione” anche horror per non bruciarle alle ossa e ossidazioni d’un
corteo mortifero e già funebre.
Nata da introverse riflessioni come uno specchio “dilapidato” in me, rotto
dentro di frantumazione a generar coscienza e innalzarne o accudirne un’altra,
respirato e permeato nelle ansie, “imbastito” su fatiscenze di periferie nel
degrado del coraggio smorto e poi da rivivificare con battesimi celestiali
dalle visioni mesmeriche, mistiche e mescolate all’empatia vivida con un Mondo
sempre ondoso, eruttivo di me mai scalfito nonostante l’insonnia e
“caffeinomani” viaggi esoterici nel bollente assopir la pelle e poi innalzarla,
fulva e rubescente, dentro volteggianti, roboanti, infiammate indagini al
tergermi come lapide vitrea della grinta ancor vibrantissima, tepore d’ardori e
nuove anche “ire” per non smarrir le angosce positive e il fiero orgoglio nella
putredine d’esistenze affievolite da un placido benessere solo apparente. O
apparentato a pareti bianche e inaridite.
Immacolata erosione per aderire alla mia voce silente e poi urlo che crepita
febbrile, lacerazioni e soffici “monologhi” nell’infinità.
Consta di tre tracce. La prima è una raccolta di sonetti ispirati proprio al
sonetto 15 del Bardo, Shakespeare.
Flusso di coscienza proprio, spero, fluido di scorrevole letargia catartica. A
sublimare i dolori e iniettarmene però anche nelle loro “interiora”, viscere
anzi di mia interiorità.
La seconda è un tragitto “morboso” che omaggia il Cinema, anche spettrale,
anche “tombale” degli anni 80 e il Maestro del brivido, Stephen King.
“Infantile”, troppo adulto o spezzato proprio nella frattura d’una eterna
quanto eterea adolescenza da immortali. Dunque cicatriziali.
La terza, infine, una sperticata lode all’adorabile Medioevo dei grandi
cavalieri del romanticismo.
Notte e vita, sognatori!
E ora ammicco, da grande amico!
Se posso leggere qualche passo:

Vampiro… via col vento

Stelle che rotean, ruzzolando in acque permeate di flebili tor­bidità già immalinconite nel Peccato, inestinguibile, dell’enig­ma laconico delle etereità agoniche nella Genesi. Albori d’ogni solare e melanconica aurora.
Dardeggiai, aureo, nel drappeggio del mio pindarico mantel­lo.

1. Le mie impronte… Fluorescenza incantatoria d’una astratta Luna da falco

Cardiache levità di danze ormonali dalla lagrimosa cremo­sità che sospira tra uomini imputriditi, avvoltolati in fangosi languori di cerulea “levigatezza” dentro una pelle marmorea d’anime già morte…
Succulenza vampira che si struggeva nelle lancinanti fughe estatiche, d’un arcano sapor mistico.
Firmato, naturalmente, Stefano Falotico.

Ricordate: il Genius è un vulcano incandescente. Nessuno lo fermerà!

Anche perché oramai li ho (s)lavati tutti. In modo ficcante e pure piluccante di budella lor cannibalizzate dai loro sciacallaggi. Io son lo spartiacque che dà i comandamenti dal Sinai, miei asini.

Fra l’altro, acqua in bocca miei fedeli della congrega onirica, sono già sotto contratto per il prossimo libro.

Fratelli, ecco il Messia.
Non sono io, ma scrivo da Dio.

Oh, come dice il detto falotichesco: se son rose fioriranno, se son rosse son da deflorare.
Cosa? Le donne?
No, le primule. Le primule di cui sono il primario della mutua, laureato nella mia strada da Travis Bickle.
Giustiziere, puritano, purista dei classici della Letteratura e anche Carmelo Bene, amletico che odia la diegetica e anche le diete di chi vien imboccato di cultura indotta. Buona solo alle mezze calzette che non potranno mai competere con la mia, a loro, lavanda gastrica con tanto di saponetta con una bellina da scaloppine a limone. Ah, dentro le scalpito, mi fa… lo scalpo. Mi rende calvo, evviva il Capo!

Se mi volete male, io di più, anche se preferisco Carmen.

In fondo, la vita è come un PC. Può prendersi un virus, basta avere un antibiotico, comprandone un altro senza farmaci.

In giro, mi chiamano il marpione. So che amo il mascarpone. Del resto, come tutti, indosso le scarpe anche quando scalzo gli altri, soprattutto quando ho lo scazzo.

Firmato il Genius
(Stefano Falotico)

  1. Over the Top (1987)
  2. Fuga per la vittoria (1981)
  3. Fuga da Alcatraz (1979)
  4. 1997: Fuga da New York (1981)
  5. Re per una notte (1983)
  6. Jimmy Bobo – Bullet to the Head (2012)
  7. Lone Ranger (2013)

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