Ogni peccato(re) si smacchierà nello smacco
Qui, ad Alcatraz, vegetano tutti unti in un torpore ferino, abbindolati da un Sistema ipocrita che schiaccia di poltiglie e pontifica dietro i biechi abiti verecondi delle “parsimonie” da reverendi. Predicatori proprio, “appropriati” della spicciola oratoria, del loro grasso che cola “smanioso” e smagliato a smaltare le coscienze, per rabbrividirle nel gelo stantio delle statiche “imbalsamazioni”.
Ostaggi ammanettati a sventrare l’anima dei neuronali “sbagli”, ah, sbadigliano e poi “badano al sodo”, irrigidendoti in tenute ad attenuar le “grinze” dei tuoi occhi che, da grintosi, furon graffiati in queste carceri ammorbate solo alla “morbidezza” del “vellutar” il suono melodico contro il nostro (s)pifferar, “silenziato” e attanagliato nel caudino, ricattatorio “attenercene”, catene “terrene”, disumane, ove sprofonderemo negli abiti abissali di precipizi “oziosi” solo del perverso inumidirci per sfuggire, ancora recidivi e tenacissimi, dal loro “vivente” inamidarsi di cauto “abitare” nel cammino già chino, di quando quell’infanzia vostra, mostruosa e già gretta, si grattò le palle e si sgretolò su carnali ambizioni a palpar per de-perire chi non sparerà con le loro armi. Coi loro “amori”, con quel sudore venereo, “veniale” che dovremmo perdonare altrimenti, di “demenza”, ci rabboniranno con dei “dolcetti” spremuti dentro le loro “confetture”, barattolini di plastica stagna, a piluccare la superficie “asciutta” e “gustosa” dell’arido esservi invero ruvidi.
Mon ce n’asserviremo. Avidi del nostro sangue, vibreremo per vivere come il grande Profeta, Ave all’immane, immuni alla vostra morte. Alle vostre mummie.
Noi non c’arrendiamo, combattiamo sotterranemente, sì di grandi menti, di “grandine” biblica, questa faccia rovesciata della medaglia ai valori, con furia d’ossa disotterrate, rinati nell’amianto, da vostri piantini dei vostri “padri”, non patiamo più, ribellandoci noi ci scheggiamo per incarnarci nelle schegge del livido arrembante, divelliamo la pelle più obbrobriosa di quest’orrore spacciato per pacati calmanti inquietanti.
E perfezioniamo l’omicidio perpetrato d’altrettanta sottigliezza a segnar eternamente le nostre stuprate tenerezze.
Ora, sull’attenti, il Cavaliere soverchierà il “comandante”, e dominerà dall’alto, tranciando di stesso Taglione, ucciderà senza neppure toccarvi con un guanto, d’acuto, impetuoso, roboante stratagemma, ché anneriste le gemme di chi perlacei e speranzosi fummo, le affumicaste a salvaguardare il vostro fumo spar(pagli)ato nell’antro bestiale del vostro abominevole sguardo.
Ora, i sorvegliati speciali han ribaltato l’assurdità di regole vetuste che c’offuscarono d’angusti bui, qui nelle gattabuie.
Attenti gatti, siamo dei lupi.
Firmato il Genius
(Stefano Falotico)
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