“Scarface” – Recensione

12 Oct

Lo sfregiato “scarafaggio” di “marca pregiata”

Al Pacino, inquadrato sin all’inverosimile, “permeato” dentro d’una penetrazione depalmiana al suo “ventricolo”, prima ossidato, poi deossificato, poi “sparato”, dunque “delinquente”, criminale che non si seda, che anzi si rafforza e si rassoda. Nell’ambizione sfrenata, verecondissima!
Lì, mentre i “commissari” indagano, con circospezioni da “ispettori” appunto alla sua anima.
Saccheggiandone, “sniffandone” il Cuore e la sua storia personale. Intima e “intoccabile“.

Tony Montana è una montagna di rabbia, di cocaina “sgrezzata” dalle sue origini, il “fiore all’occhiello” di tutta una società sbagliata, “errata”, sbavata, “segnaletica” come il suo segno “partcolare”, “bellissimo”. Se per De Niro era il neo, “procace”, agghiacciantissimo di Al Capone che parlava da sé da “pasciuto pagliaccione”, Pacino s’innerva, si “defibrilla” affamato nei monologhi “esasperanti” in cui “urla” da disperato, accanito, “canissimo”, senza un briciolo di “vergogna” per nessuno, una diga incontenibile che non sta mai, beffardo ridacchia e si “spupazza” gigioneggiando, non si riappacificherà mai, non si concilierà, non s’addolcirà neppure stotto le torture più “infamanti” e “crudeli”.
Non lo pieghi neppure “sputandogli”, soffiandogli nella “fedina penale”.
Anzi, se ne frega delle “infermità” e non sta fermo, scalmanato, iracondo, collera “pura”. Non ha faccia, è “segnata”.
“Accoltella” di “silenziatore” chi troppo aprì bocca e non rispettò i patti. Di lealtà, di fiducia. Coltello a doppia lama.
Chi tradì, sarà trucidato. Con fredda “sottigliezza” taglientissima che aspetta il momento giusto e poi ti piazza del piombo adirato!

Una vertiginosa, “kitsch“, incredibile scalata al potere come una fotografia saturissima, “salata” nelle sue amarezze, nel rimpianto che ora affronta a muso duro tutti. Contro tutto, senza più “barricarsi”, senza alcuna barriera “contenitiva”.

Dal nulla, (ri)spunta uno, uno “qualsiasi”, un petroliere antesignano del folle Plainview alla Paul Thomas Anderson. Per Anderson l’oro “nero”, per De Palma è l'”ottone” dell’icona.

Film mitizzato, “mitologico” per i tamarri che ne han “aspirato” il peggio di “catenine” e “santini”, che ne celebrano l’ardore “carnale” ma non l’ardire “subliminale”. La levità dei suoi furori.
Il sentimento alle palpebre non è questione di palle!

Pavoni! Papaveri!

Così, l’Italia diventa “scaltra” nello scarface, nelle manie di far le scarpe a chi è rimasto “indietro”, a”obliterare” il no return per l’Inferno!

Tony, divorato, mangiato vivo da troppi patimenti, che scoppia, che deflagra, che franerà sepolto dalla “bianca limpidezza” della sua “droga” nelle vene.

Si asserraglia nel suo bunker, i nemici sono dappertutto, “mitragliano” all’impazzata, chi cogli coglierai, anche il tuo “amico”, che ha “sgarrato” per il “delitto” d’aver “scopato” tua sorella, l’unica “cucciola” da salvare, da non involgarire, da non stuprare nello schifo dei fottuti, “spacciat(or)i” giochi sporchi.
Da proteggere “candidamente”, semmai sganciando(le) dei soldi lerci come un bad trip.

Ass(o), piantato lì, “a mani nude”, trivellato, dissanguato, (de)rubato su schizzi rubinissimi d’un colpo micidiale che “pugnala” violentissimamente.

Nel delirio tuo “onnipotente” che era già bucherellato, da bruciato che si “reggeva” solo di titanismo folle, ch’è precipizio “libero” nell’acqua d’una fontana col “frontespizio” dell’incisione alla tua “carne”, nell'”evidenziatore” rosso, incancellabile che il Mondo (non) è tuo.

(Stefano Falotico)

 

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