Archive for October, 2012

“Django Unchained”, i Character Posters


19 Oct

 

Dopo il banner di Christoph Waltz, ecco dalla Weinstein, “sparati”, quattro nuovi poster sui nostri personaggioni del filmone.

 

 

 

 

 

(Stefano Falotico)

“Una storia vera” – Recensione


19 Oct

I pesci piccoli nuotano in superficie, quelli grossi in profondità. Se riesci a espandere il bacino in cui peschi – la tua coscienza – puoi prendere pesci più grossi.
(…) Se la tua coscienza è grande come una palla da golf, altrettanto.

Limitata sarà la tua comprensione di un libro durante la lettura, o la consapevolezza di ciò che vedi guardando fuori dalla finestra, o lo stato di veglia quando ti alzi al mattino; o ancora, la felicità interiore nell’affrontare la giornata.
Se invece riesci a espandere, a far crescere la coscienza, allora aumenterà la comprensione dello stesso libro, la consapevolezza di ciò che vedi guardando fuori dalla stessa finestra, lo stato di veglia al mattino, e infine la felicità interiore nell’affrontare la giornata.
Puoi catturare le idee a un livello più profondo. Allora la creatività fluisce davvero. Rendendo la vita ancora più simile a un gioco fantastico
.”

Da questa “banale” osservazione lynchiana, “prelevata” ed “estratto minerario” dal suo arzigogolo “purificato” dall’inezia del pio asservimento alle costrittive regole ch’evadono ed eludono ogni sovrastruttura, arcuandosi nel delirio, nella forma mentis disinibita, eccentrica senza concentrici “vizi” del circolo da ingannati Ulisse nella maga Circe e nelle maree d’acque solo sommerse dalla frode d'”autofalsificazione” (in)castrante, può scaturire appunto “l’ozio” profondissimo della funambolica, circensissima libertà artistica, non (conta)minata da astrusi bavagli che sbrodoleranno sterili(zzati) nelle liofilizzate “placidità” compiacenti il plauso retorico, ma una “letargia” contemplativa d’indagine rinvigorita di folta, vivida, liquida rinascenza.

Così, lo “strambo” Uomo che, dalle sue misteriche “allucinazioni”, partorì lo schiaffo morale dell’elephant man, che stupefacente s’incarnò di cuori selvaggi e macabri assassini fantasmatici, “infuocati” nel Twin Peaks fiammeggiante e derivativi epigoni poliedrici, si (s)materializzò nell’acume d’ogni più imperscrutabile abisso, si terge, si strugge ancora, si erse e risorgerà (ad) ogni (s)volta d’elevazione sinaptica e cangiantemente “stordita”, dunque onirica delle sue cime “psicomagiche“. Montagna sacra dello zen(it).

E, con Una storia vera, si distacca apparentemente dai suoi incubi “perversi”, “ammorbandosi” mirabolante in una morbidezza dolce che allibisce per come (anti)lineare è invece un’altra complicata “bacheca”, nient’affatto straight.

Un on the road colmo d’imprevisti, dall’equilibrio calmissimo “turbato” da una notizia al cardiopalma.

Alvin è un anziano che vive in campagna assieme alla figlie Rosie e, detonante come appunto un fulmine a ciel sereno nella Notte più “pacata”, ecco che il telefono squilla, lacera la chete.
Il quasi coetaneo suo fratello Lyle ha avuto un infarto e forse sta morendo.
Lyle abita a circa quattrocento chilometri da Alvin, in una “cascina” abbandonata nel bosco “(s)perduto”, soprattutto dalla memoria di Alvin.

Infatti, fra Alvin e Lyle, oramai da anni non corre buon sangue.
Ma il blood della “vecchia”, arrugginita anima di Alvindeflagra ora d’affetto, rimorso “allarmante” per quest’inaspettato, sconvolgente “colpo al Cuore”.

Così Alvin, non più munito di patente “normale” in “via” della sua veneranda età, decide che è il momento giusto per ricongiungersi a suo fratello, e “solissimo” col suo trattore intraprenderà un viaggio “insperato” ma vivo di speranza…

Nel suo “pellegrinaggio” incontrerà un mucchio di bizzarrissimi personaggi, la variopinta stranezza del nostro sfumatissimo Mondo, e a tutti dispenserà illuminanti consigli da saggio, congedandosi da ognuno di loro con le limpide, vivaci e malinconiche iridi del suo Sguardo.

Il tragitto sarà compre “ripido” e impetuoso, ma la sua fatica sarà premiata dalla Bellezza della commozione.

Lyle, Harry Dean Stanton “speciale”, riemergerà dal rancore assopito, dall’imminente morte miracolosamente scongiurata, pronunciando la semplice, celebre, dritta frase “Hai fatto tanta strada con quel coso per venire da me?“.

Alla quale, Alvin, sull’orlo delle lagrime, “respirerà” l’abbraccio d’un eloquente “Sì, Lyle“.
Senza aggiungere altro.

Quindi, la cinepresa di David planerà liturgica in volo, sin a fermarsi nel firmamento d’un Badalamenti ipnotizzante e, dentro di noi, catartico.

Il capolavoro emozionalmento (meno) delirante (?) d’uno splendido, indimenticabile, immenso Lynch.

(Stefano Falotico)

“C’era una volta in America” rivive sul grande schermo – Io vivo solo per il mio “C’è”


18 Oct

L’America abita in Leone, come me, il “vecchio

Rancori, solitudini, destini che si perdono, intreccio “affabulato”, “oppiaceo” d’un Leone che si piace anche del celeberrimo gesto triviale del cucchiaino “esasperante” di Noodles quando “ritorna” e provoca il suo amico, che poi sarà un “ex”, un brutto ricordo o uno smarrimento del Passato da reimmaginare, poi l’infanzia e l’adolescenza cresciuta e “incresciosa” assieme, le rabbie di chi visse ai margini, di chi non si rimarginerà mai perché, se Max s’imborghesirà scippando il sogno del suo compagno di donne, sbronze e baldorie, di eccessi, goliardie e “bordelli” vari, di riflessioni e problemi trascorsi assieme, Noodles rimarrà se stesso, “derubato”, “detronizzato” dagli “ordini” di un’epoca scomparsa, della sua generazione non adattata, del suo “matto” duello contro tutto e tutti, perfino “imbestialito” nello stupro dell’amore puro di Deborah.

Il capolavoro di Leone è oggi d’ammirare “reintegrato”, dunque integralissimo. Tarantino lo considera l’apice di Sergio, perché contiene, nel “manifesto”, la sua anima, il testamento di tutta una vita e delle sue emozioni.

Le emozioni di ognuno di noi sono la storia personale, il viaggio, il travaglio, il “trafelato”, gli errori e chi (non) li ha commessi, chi ha sbagliato tutto ma non intende tornare indietro, anzi, ostinato continuerà sempre per la sua strada, “violenta” ma almeno onesta e mai traditrice.

Noodles è la sua faccia da “culo”, il De Niro che (non) ti aspetteresti che ti ride come al solito, qui nel “finalissimo” che manda a monte la retorica, le cazzate, lo schifo anche suo, l’indigestione pesante, il fottuto che se ne frega e ti dice “Di te, non me ne sbatte un cazzo, vai a denunciarmi? Ma che vuoi denunciare. L'”Annunciazione d’uccello sano sono io. Guarda che la tua maionese impazzisce, Renato Pozzetto ha solo “tremore” che il cagnone lo inculi, mica ha paura”.

Max lo raggiunge, si allontana, probabile suicidio?

– Ma tu ti fai i film? Vivi della loro aria che respiri?
– Sai, beota. Scoprii molto presto che il Mondo “reale” è letame. Te ne stai a sorseggiare un birrotto e una puttana ti “scoccia” col suo “Scotch“, passeggi al parco e un drogato ti pianta una siringa nel sederino, sodomizzandoti dei suoi fallimenti. Che disgraziato! Me e lui. La Donna, che ami, ne ama “tanti”. E il lavoro per me equivale al compromesso di chi crede alle messe.
Io credo che, al di fuori dell’emerito sottoscritto, esista solo una sega, mentale e non.
Il resto è una stronzata.
Fidati.

– Non mi fido.
– Sai perché?
– Perché sei un gobbo.
– Ma come ti permetti?!
– Mi permetto questo e altro. E ora mi accendo il “sigar(ett)one” sul tuo “far spallucce”.
– Ehi, stronzo. Ti taglio le palle.
– Sì, sì, come no. Stai attento che non ti ammazzi io.
– Ah, provochi? Io sono il migliore sulla piazza, sai?
– Anche di puzze.
– Ora, stai esagerando. Ti aspetto fuori fra 5 min. Poi, sarai un Uomo morto.
– Bang! (colpo, non letale, alle s-palle di “tradimento”).
– Figlio di puttana! Che vigliacco! Sparare a uno disarmato.
– Guarda che la gobba t’ha salvato.
– Fermatemi! Adesso lo strangolo!
– Non inciampare!
– Perché dovrei inciampare?
– Oltre alla gobba, sei anche cieco?
– Perché?
– Io sono frutto della tua immaginazione.
– Cioè?
– Vedi qualcuno davanti a te? Sei davvero sicuro che non sia un fantasma partorito dalla tua testolina già bella che andata?
– No, tu sei vivo e vegeto, pezzo di merdaccia. E ora creperai!
Beccati queste pallottole!

Trenta secondi dopo, il gobbo capì che stava parlando da solo.
E che questo dialogo gli rinfacciò che, anche senza bernoccolo, aveva preso coscienza della sua esistenza ingobbita da una demenza “cavalcante”.

Sì, Klaus Kinski scopò Caprioglio Deborah, “violentandola”.
A questo punto, gli è preferibile il “barbone” Lino Banfi che, assieme alla figlia, cantava: grandi magazzini, per grandi e per piccini!

Firmato il Genius
(Stefano Falotico)

  1. Per qualche dollaro in più (1965)
  2. C’era una volta il West (1969)
  3. C’era una volta in America (1984)
  4. Grandi magazzini (1986)

I Sentieri Selvaggi di “C’era una volta in America”


18 Oct

Rivedere oggi C’era una volta in America su grande schermo, nella sua versione più lunga, con scene reintegrate che hanno sofferto un po’ gli anni di isolamento – gli encomiabili sforzi di restauro non possono espungere quella “bellissima” opacità della vecchia pellicola ritrovata – fa uno strano effetto. Come tornare alle origini di un amore. Sergio Leone in questa storia di gangster ebrei newyorkesi nei primi anni del Novecento filma la “sua” vita, la magnifica ossessione eternamente fanciulla dell’essere spettatore…

 

c'era una volta in america

 

Rivedere C’era una volta in America oggi, su grande schermo, in versione integrale e restaurata, fa uno strano effetto. Per chi ha incominciato ad amare e “mangiare” cinema tra la fine degli anni ’80 e l’inizio dei ’90 l’ultimo film di Sergio Leone ha sempre assunto un ruolo particolare: gli inizi di un amore, il film fiume, lo Spettacolo del Mito, l’esperienza filmica per eccellenza insieme a Novecento di Bertolucci o I cancelli del cielo di Cimino. Dieci anni di attesa per realizzarlo, una produzione lunghissima e un montaggio travagliato che ha partorito varie versioni, sono il frutto di un film/esperienza che lo stesso Leone sintetizza magnificamente citando una frase di Joseph Conrad: “Credevo fosse un’avventura, invece era la vita”.
Ecco, è esattamente questo che ancora oggi stupisce e travolge del film: Sergio Leone in una storia di gangster ebrei newyorkesi nei primi anni del Novecento filma la “sua” vita, filma la magnifica ossessione eternamente fanciulla dell’essere spettatore e filma la folle idea di un cinema orgogliosamente indipendente da ogni (neo)realismo. Lo sguardo dell’europeo Leone è fatalmente al di qua rispetto all’America e ai suoi miti, ma la sua passione viscerale produce sublimi cattedrali erette solo su mura di celluloide: il trionfo del profilmico, degli enormi set/mondo, della musica/tempo di Morricone e dei generi cinematografici che partoriscono la vita solo nei primi piani insistiti degli attori.

 

Il Noodles di Bob De Niro è in fondo l’eterno fanciullo spettatore che diventa improvvisamente regista. Continuerà a guardare innamorato Deborah da lontano: da ragazzo, attraverso la famosa fessura nel bagno mentre lei balla tra la farina; o da vecchio mentre lei recita Cleopatra in un teatro di pesanti maschere (in quella che forse è la più bella e commovente scena reintegrata in questa versione lunga di 4 ore e 20 minuti). Perché Deborah è il cinema di Noodles: “in galera dovevi non pensarci che fuori c’era il mondo, dovevi dimenticauna scena reintegratarlo per non impazzire, ma due cose non riuscivo a togliermi dalla mente: la prima era Dominick quando prima di morire mi disse sono scivolato. E l’altra eri tu. Tu che mi leggevi il cantico dei cantici, ricordi? Nessuno t’amerà mai come t’ho amato io”.
L’inerme Noodles che guarda e sogna si trova improvvisamente in un teatro d’ombre cinesi (le ombre, la materia prima dei film) e produce finalmente una sua storia, una sua versione dei fatti probabilmente irreale, ma pura e autentica sentimentalmente. Ha ragione Quentin Tarantino quando dice che questo film è il vero testamento artistico e umano di Sergio Leone, perché nascosto nei meandri del genere, dei ganster, delle amicizie virili, del Mito americano e delle pallottole che ammazzano, c’è un regista/ragazzino che “sogna tra le ombre” e che si permette di sorridere guardando dritto in macchina alla fine del suo film/giocattolo. Rivedere oggi C’era una volta in America, con le sue scene reintegrate che hanno sofferto un po’ gli anni di isolamento – gli encomiabili sforzi di restauro non possono espungere quella “bellissima” opacità della vecchia pellicola ritrovata – fa pensare che forse l’unica risposta possibile alla tanto sbandierata morte del cinema odierna, risiede proprio nel conservare la primigenia passione in ogni tipo di nuova e sacrosanta “contaminazione”. Conservare lo scintillio (come qualcuno non si stanca mai di ripetere). Continuare a guardare Deborah ballare…

 

“Red Lights”, il Trailer ufficiale italiano


18 Oct

 

Sbagliano entrambi (?).

“Mission” – Recensione


18 Oct

Mendoza nel suo eremitaggio dorato di cascate, a pregare per il silenzio dei “vivi”

Di quelle pellicole avvezze a commuovermi e ad avvinazzar le iridi mie “pensatrici”, a effonderle in caldo “sciacquio” ove il Tempo è l’aurora parsimoniosa del mio tenero “ottenebrar” la calma, navigandoci di vigoria che contempla le nature docili d’un Mondo remoto da me, nei “distacchi” di cui rimpiango solo le frenesie degli orrori a cui mai mi genuflessi, né m’inchinerò alla predica moralista del loro asservimento.

Sì, sono un cacciatore, di taglie o di schiavi, nerbo di “neve” e dissolvenza che adocchia il becero qualunquismo nel suo “tempestarsi” di t(u)oni futili, a cui sfilo i miei “cappellai matti”, ingraziandomi il Cielo di non avermi ingravidato nei suoi troni, “proni” alle poltrone.
(S)calzo nella mia guerra, battagliero che “fuorviò” le ripicche e i giochi di spada, ché già caddi nei vizi della gelosia e del suo “dilaniarmi” dentro. Mi salvai in questa selva di primigeni pudori incontaminati e illesi dal barbarico “amputar” la Bellezza.
Qui, “vigo” vigilissimo in me, nei miei arbitri senza fischietto ma di musica evocativa alla Morricone, magica foschia delle palpebre e del non “assonnarmene” o a voi assoggettarmi.
Fra i selvaggi rinacqui, e ora son padrone del destino, libero dai falsi oneri del vostro “onore”.
Io sono il Re. Della foresta. Sono Rodrigo.

(Stefano Falotico)

 

Il Torino del mio gran pensiero va’ nelle ali mie dorate


17 Oct

Oggi, i discorsi della “gente” vertevano sulla causa di separazione fra Johnny Depp e Vanessa Paradis. Al che, un po’ nauseato da tanto “cazzeggio” nelle vite che non son di loro competenza, ho “sfornato” la mia Viennetta paradisiaca. E me la sono gustata, con tante candeline vs questo Mondo di labbra e candelabri. Quindi, mi son leccato le dita, incrociando le vostra, e “investendovi” di questa missione “redentrice” di aforisma memorabile, “incommensurabile”: Vai a lavare i panni sporchi di tua madre, e non ti basterà la scorta di detersivi d’una intera vita di merda

Io sono sempre “occupatissimo” e non rinnego alcuna scelta della mia vita, che reputo meno folle dell’andazzo scorazzante e scoreggiante. Adoro quando invoco me stesso “flebilmente”, ancorandomi alla Luna, a cui mai chiedo venia ma vene nelle quali m’annichilisco, prostrato in baldanzoso, sfacciato “allupaggio”.
No, non recedo sebben recisero e vollero decidere per me, proseguo nella mia strada, mesta e nervosa come pretendo nel carnaio che proprio non mi tocca. Il Maestro son io, supremo, e vi ordino di far le valigie e smammare.
Potrete creder di spellarmi ma rimarrò un pensatore. Mi copriranno di pugni in faccia, nei “castighi” perentori per “usufruirne” di risate. Ma, fuori dal Tempo, nell’insonnia mia, sarò insolenza a ogni impostore, “anziana” epoca del mio epico, corazzato petto ad affrontar i torti e torcer il braccino di chi ce l’ha corto.

Se ti sto antipatico, vai dalla cretina con le patate fritte fra una carie e l’altra del suo “zucchero”. Se ti piaccio, fai bene.
Perché sono il Male alla tua scemenza.
Parola di Clint Eastwood.

Firmato il Genius
(Stefano Falotico)

  1. Debito di sangue (2002)
  2. Mystic River (2003)
  3. Gran Torino (2008)– Devi essere un Uomo molto sicuro di te.
    – No, uso la sicura ma ti oscuro. Stanne sicurissimo.

De Niro’s Malavita, Brooklyn photos


16 Oct

Mentre sui nostri grandissimi schermi riapproda il capolavoro di Sergio Leone, C’era una volta in America, il nostro Noodles ritorna gangster per Luc Besson. Dopo aver ultimato le riprese in quel della Francia ed essersi “precipitato” in Bulgaria per gli ultimi “dettagli” di Killing Season, eccolo tornare sul luogo del “delitto” della Malavita, appunto.
Come da “affissione”, speriamo che il film sia da bacheca antologica, ammiriamolo in questo slideshow per le strade di Brooklyn.

“The Good Shepherd” – Recensione


15 Oct

Un plumbeo capodopera “inarcato” nelle “formazioni” della formalità rattrappita alle forme scultoree delle rapite giovinezze

Mastodontici echi “acquosi” di malinconia troppo savia per non destare l’indagine, “sciolta” in 25 anni di Storia americana, dalla seconda guerra mondiale all’“esodo” fallimentare dell’anticastrismo, “castratissimo”, della Baia dei porci.
Narrato come un racconto di formazione di tragedia dell’anima in agguato, “salingeriano” nell’analessi che, “dislessica”, frastaglierà nei “lineari” doppiopetti della CIA, strumento di controllo del Mondo e delle menti non solo “assoldate”.
Intelligence” offuscata nei riti “carbonari”, società segreta “medioevale”, tenebrosa di Skull and Bones, e tanti scheletri “aleggeranno” nel viaggio “dorato”, d’orgia di tradimenti, complotti, registrazioni, intercettazioni, corna, carni e cadaveri scoperti “disossati” o da “affogare”, metafisiche lealtà tradite, stoico eroe dell’impossibile quietezza del vivere quando “non vivi”, dunque vedi di più.
“Sepolto” nello spettro d’un Matt Damon laconico, “freddissimo”, impassibile e “inespressivo”, lacerato da dubbi, da “inetta” attitudine all’“adattamento” della selezione “naturale” dei “forti” a protezione della Nazione, delle bandiere, ombra e martirio, “mattino” d’albe “marine”, ardore suo placato da una compostezza d’incognite ad “aggrovigliare” il sorriso, a “sbiancarlo” troppo di “macchia” come tutti i “servi” prodigati alla prostituzione d’ideali troppo teorici, segnati dalla “levigatezza” ingannevole, “finti” di gioco (ir)reale e crudelmente (auto)indagatorio a raggi x per non osservare il lento esacerbarsi, inasprirsi o imbalsamarsi… proprio di sé (com)punti… ni sulle i…

Produce la Zoetrope di Coppola, non è un caso.
Dirige De Niro ereditando Frankenheimer e le sue spie. Non è una coincidenza, uno scambio di favori “postumo”.

C’è la Jolie in “tenuta” triste, ed è una scelta che gela.

Eric Roth ribalta Forrest Gump in una sceneggiatura che, qui, non è ammansita nel buonismo conciliante.
Gli scemi pagano, i “grandi” ancora di più perché sanno troppe “cose”…

Richardson “scheggia” fotografica, “impermeabilizzata” in un’altra tragedia (non) annunciata, vibrante, “impiccata” nello strazio d’un Damon dal vagito d’“inchiostri neri” del Cuore, anche nella sua felicità “toccata in volo”.

(Stefano Falotico)

(Hulk) Gogan – “Alcol” a “ucciderli dolcemente”, alleviando il “buon vino” del loro macilento “sasso” con faccia da macigno


14 Oct

Piangono, implorano, chiamano la mamma, Io…

“Soffro” di avida nevrosi “schierata”, a bandiera alzata della mia virilità, ad abbatterli senza batter ciglio, schiantata “arma” irta ed “eretta” a vessillo infrangibile del mio “culo” d’occhio che incenerirà  le pareti stagne di chi “piange”, camuffato da “irreprensibile” borghese dietro una maschera di “bendato” Ku Klux Klan nell’ariano più bieco nazismo ipocrita condito d’arie fritte(lle), “massificato” nella loro macelleria di carne “all’arrabbiata” su “affumicati” sfottò da cancellare, di marchio indelebile, affiggendoli al muro da dipinger di sangue.
Cas(c)ine, io sono il casinaro che vi ruba la bottiglia del “piacere” senza pagare alla cassa, e voi cazzari sarete “scassinati” perché propugnaste pugnalate violente e pugni che scheggeranno vostra madre ma non scalfirono neanche un “briciolo” della carità a cui vi prostrerò in “segno” d’imperdonabile disgrazia delle vostre “diavolerie”, “architettate” di smargiassa rivalsa e grassa invidia, di ottusità “pia” e pigra al rinnovamento, nemesi sciagurata al mio stilnovista “innovar” le nevi di questo vostro “nerbo macho“.

Mi pettino alla “foglia morta“, come le “palombelle” più letali e imprendibili, ficcate nell'”incrocio” dei vostri “peli”, di “punizione” che (s)piazza e incula il vostro “parato”.

Io sono l’unico portiere di Notte, e “pitturo” le stagioni dei miei quadri, accerchiando chi, “obiettivo”, distorse per sadico “deformarci” nella loro “cultura” da “fornai” del “lievitato” nelle “molliche” più “calde” del Sabato sera mostruosamente carnale.
A questo “gelido” materialismo, sguinzaglio le mie palle e, appunto “balisticamente”, invento altri stratagemmi per depistarvi, “cari” teppisti, una tattica che non (s)batterete neppure con le (ri)percussioni delle vostre “batterie”, scariche da bassi(sti).

Provarono a traviarmi e tranciarmi, li stirai, alzando il “volume” del loro chiasso a “mille all’ora”.
Impetuoso, si levò l’urlo atterrito dei miei nemici, scortesi e presuntuosi, la cui spocchia è stata da me spolpata.
Gente da “pompini”, dei “benzinai” che aizzarono e “lo” rizzeranno nel fuoco del caminetto, camminando “pian piano” nell'”attico” dei loro ormoni abbrustoliti, da “uomini” di cotanto “godereccio” sbrecciar, “abbracciare” da Giuda, “solleticare” per l’orticaria, sbaciucchiare come le bionde tonte che li “torniscono”.
Ecco, questa è la mia “torta!”.

– Ehi, bello. Chi pensi di essere? Brad Pitt?
– Sono molto oltre le Jolie. Io sono il vendicatore della tua valle, il Pastore del seno “collinare” di quella mogliettina sempre “indaffarata”, e “inumidisco” ogni inamidarvi e furfantescamente “amarvi” da smidollati, catturandovi quando pensate d'”infilarlo” e “filarvela”.
Io ti prendo per il gargarozzo, rospo grezzo, e ti (ri)finisco in modo “principesco”.
– Cristo!
– Amen. E amami. Io sono l’amenità!

Firmato il Genius
(Stefano Falotico)

  1. L’assassinio di Jesse James per mano del codardo Robert Ford (2007)
  2. Intervista col vampiro (1994)
  3. Cogan – Killing Them Softly (2012)


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