Il volo della libertà, di ali Po(ll)e
Ah, c’è poco da ridere, inghippi d’incastri e giustizie ingiuste.
Cameron Poe, un pleridecorato al valore, il Rambo di turno. Che, a detta dello stesso Cage, ha assunto il cognome dal Re dell’horror, no, non Stephen King, ma appunto il suo progenitore, Edgar Allan… ecco, bravi. La “mimesi” con l’indagatore dei nostri “mostri”, il creatore della suspense e dei meccanismi “gialli”, non è propriamente identica. Edgar fu sempre malaticcio, di volto scarno e capelli corvini ben folti, almeno così ce lo ritraggono le poche immagini di chi tal lo “dipinse”. Cage, invece, sebben possieda una vampiresca “nervatura” orientata al tetro, nel 1997 c’apparse davvero muscoloso, tanto che, in un’intervista, uno dei suoi antagonisti più “aged“, Sly Stallone appunto, gli “decantò” i bicipiti e l’addome piattissimo nelle succinti “vesti d’una canottiera da far invidia al più “sbrindellato”, smidollato e fury Bruce Willis.
Il John McCalne è qui un Cage in orbita “aeroplanica”.
Rincasa dalla solita “guerra” anonima, “medagliato” per riabbracciare sua moglie incinta. Vanno a festeggiare il “coming soon” del pupetto in un'”Osteria numero uno...”, si strafogan anche di baci “piovigginosi” ma, all’uscita dal locale, degli sherri un po’ rissosi provocano il nostro eroe. Si viene alle mani e a Cameron “sfugge” l’omicidio accidentale, incidente di cartilagine nasale “soffocante”, un gesto inconsulto “preterinzionale”, dunque da “processo per direttissima” al penitenziario.
In questo luogo non adatto all’involontarietà del suo “assassinio”, si allena su riflessioni buddhiste, lasciando che il suo bulbo cresca mai “sbarbato” su una faccia che, incancrenita dal complesso di colpa, si “ramifica” davvero un po’ ergastol-ana. Egli però è un romantico e non s’arrende. Dalla mattina alla sera scrive poemi epistolari d’amore alla sua Barbie, nella speranza d’esser “dimesso” dall’accusa (in)fondante per potersene ricongiungere quanto prima.
Finalmente, arriva la sentenza assolutoria, e Poe fa le “valigie”.
Viene “imbarcato su “Con Air”, il “passeggino” dei prigionieri, della peggio(r) razza, a cui farà “capolino” Cyrus Grisson, il sanguinolentissimo Malkovich in versione ghignante di “criminal mind“.
Se per il Vasco nazionale, l’orgoglio ne ha ammazzati più del “petrolio”, Cirus ne ha sbudellati più del Cancro.
E così il viaggio “tranquillo” comincia a turbarsi di “turbolenze” e cambi di rotta. Cyrus aveva infatti pianificato un’evasione assieme agli altri deportati. Per dirottar il nostro “jet” e “sbancar” a Las Vegas. Un’atterraggio di rottami in cerca del Paradiso nel Deserto delle seconde chance.
Ahia, il ritorno, per il nostro Poe, si complica non poco.
Ma lui sta apparentemente al gioco e asseconda Cyrus, fingendosi perfino il suo braccio destro, un po’ come Clint Eastwood “amico” dell’Indio.
Fra quei luridi porcelletti, si salvano in pochi dalla forca e dalle fogne.
La stagionata Rachel Ticotin è ancora donna “calda” da total recall delle fantasie sporcaccione del Danny Trejo meno galante e solo “Machete” di “birbantissimo”.
Cage penerà non poco per far fuori tutti, compreso il villain Malkovich, “pestandolo a sangue”, letteralmente, nel finale “spaccaossa & cranione rasato da cagnaccio”.
Lascerà “in pace” solo Steve Buscemi, un “fantoccio” alla Hannibal Lecter, perché indubbiamente sta simpatico “a pelle” a ogni spettatore con un po’ di sale in zucca.
Lo scarno Steve, infatti, incarna il cannibale Garland Greene, un poveraccio a cui va dato il “nulla ost(i)a” delle ossa e delle “briciole”, almeno.
Poe/Cage, tutto sporco e (s)macchiato, si scoperà un’altra volta la moglie Tricia. E la sua prole sarà uno (più due?) col fiocchettino azzurro o una con le trecce?
Chissà. I promessi (già) sposi si risposeranno forse proprio a Las Vegas, in un casinò, come piace al nostro cuore selvaggio.
Un filmone, “checch-é” ne dicano i (de)trattori…
(Stefano Falotico)
Ma soprattutto chi è John Malkovich?