Yakuza “scacciapensieri” nelle “mosche(e)” di Tokyo
L’esegesi per Kitano è un termine d’abolire a priori, egli è “la solitudine del numero primo” che “saltella” fuorviando ogni logica pragmatica, allenta le tensioni, “silenziandole” nello Sguardo (im)mobilissimo per poi deflagrare di pugni da orbi e spari metallici, come la “carrozzeria” di questo film, imperdibile perla d’una città assolata fra riti tribali di clan(destini) e il nostro clap clap quando “suonan” le pallottole al ritmo esagerato di violenza parossistica, appunto, sfrenata oltre le consuetudini, tanto che alcune vecchiette, turbate dai botti e dalle botte dopo tanto “borbottar” di borsette, scappan “devastate” con tutta la gioielleria prosciugata fra le mutande, in un fuggi fuggi ché il Diavolo non le accoppi e non le frigga.
Il Diavolo è Beat, il (non) morto che esce di prigione, non ne azzecca più una perché il suo cervello è in panne, “impantanato” nella destrutturazione avvenuta in carcere ove, come gli confida il suo amico, losco come i “boschi selvaggi”, improvvisi di queste strade dai tornanti nelguardrail di corpi senza guardiani, ove anche i padroni non possono spadroneggiare tirandola per le lunghe, ché il nostro eroe ha ancor fiuto da tartufo e d’intuitiva vendetta seminerà il terrore, nella paura formato “scorribanda” di questi “banditi”, i più sleali bastardazzi che riceveranno la lezione degna della loro idiozia “lungimirante”. Un babbeo viene, infatti, “appeso” alla “sedia a rotelle” della sua scemenza “senza capo né coda” e picchiato sin a fracassargli il cranio con palle da Baseball d’uno strike in mezzo al suo cervellino di strabica (s)vista, come una giugulare recisa con “cura” lenta ma “strozzante”, nel dissanguamento che solo gli stronzi si meritano.
Ecco che Beat non ne risparmia uno/a e, fra ralenti omicidi geniali, tamponamenti “traslucenti” di sangue rosso mischiato al nero delle macchine di lusso, il figlio di puttana è l’Uomo, di faccia “scemotta”, da tener invece d’occhio.
Non “eccita” un muscolo facciale, ghigna, mugugna e poi “urla” di boati in pancia, quando meno te l’aspetti ed eri lì seduto in panciolle a zuccherare il tè d’una discussione ch’è degenerata in un plateale “T’ammazzo appena la tua boccuccia mi sparerà altre amarezze, oramai a me indigeste. Qui, tornano i conti e, se non tornano, trivelliamo pure il cameriere che si fa la serva ed esige, mascalzonissimo, pure la mancia col mascarpone e tanto di “scarpetta”. Tutti cenano nelle gerarchie, pretendenti al “trono” ma ci scapperan molti morti.
Invero, la pietanza è fredda(ta), come la fotografia che non c’è, sembra una ripresa televisiva eppure è stilizzata, d’una “calma” che poi accelera, tiene a bada l’umorismo troppo scontato, eccede solo di scontri e piombo pesante, poiché l’eccesso è la punizione dei cessi. E qui, c’è parecchia merda tra infingardi e incravattati.
Beat è imbattibile, è il “mignottone” dalle gambe storte, d’andatura “storpia” che ti afferra per le palle e ti ribalta come un calzino, “caro” cazzone.
Alla fine, gli chiedono il “biglietto”, pura formalità per perquisirlo. Egli “estrae” la pistola dalle “palle” dello scagnozzo, e “gliele” ficca tutte dentro.
Nell’applauso generale dei titoli…
Perché la vita vera non è un gioco di ragazzini. E Beat è uno che ammira il tatuaggio della sua “badante” solo per distrarsi un po’.
Il resto forse sarà una scopata. Che non abbiamo visto. Che Lui sa… però, perché dopo quell’attimo divenne ancora più glaciale.
E, di silenzio, ammutolì chi sparlò, chi tradì “tardivo”, a chi in quel posto uno così te lo mette sempre.
E fa male. Perché se si “tirò la corda”, a Beat ancor più tira il culo…
Adoratelo e lascia a casa quelle del cucito. In vostra assenza, noleggiate il film La moca che ammoscia, famosa nemesi del Beat, perché l’aroma va sì gustato eppur anche di fianchi romanticheggiato, nel giusto ingrediente della “sigaretta” da uomini. Pregi, “sfregi” e difetti annessi.
Se il Beat non v’ha convinto, allora il Falotico finirà con un “Crepa e sta zitto!”.
E poi, con classe, si toglierà le brache e, all’assassinato, sussurrerà un “Ecco, adesso sono più rigido del tuo, ora rispetta, altrimenti non ci sarà neppure il tuo funerale”.
A parte gli scherzi (anche se il Biondo sa che forse non scherzava, cowboy e qui spietato), aleggiamo in questo strano Mondaccio, “immondizia” o solo ammorbato da troppi “distintivi nelle chiacchiere“, di chi “bla-bla-eggia” e poi combina poco, tanta carne al fuoco e nessun “arrossimento” del Cuore d’arrostire di vita.
E così, Kitano scende in passerella dalle Lancia, mentre nel film le BMW ricordano proprio ogniRonin…, anche nel Giappone odierno, ancor “feudale”, c’è uno Spirito francese col “basco“.
Takeshi è forse l’oggetto non identificato, colui che proprio qui a Venezia stravinceva con Hana-bi, estasiava “spaccando le difese” d’ogni sintassi cinematografica, alterava gli equilibri “consolidati” con improvvisi cambi di registro, era acrobatico di pistole dal grilletto facile (d)alla battuta corrosiva e oltre ogni previsione, anche del Tempo, malinconico e poi umoristico, e oggi un po’ “datato” come un carisma suo ancora intatto, assolutamente non scalfito, ma stantio in un percorso artistico che non “decifriamo” così… “su due piedi”.
Prima le “autobiografie” del suo Cinema, autoreferenzialmente nelle sue ossessioni e citandoci addosso, poi questo dittico di duellanti che mi suona tanto di trilogia da compiersi. Da “completarlo”.
E, appunto, se ci sta(rà) certamente il terzo “episodio” di questo “gangster” anacronistico, simpatico e anche un po’ no, potremo ammirare queste due opere (s)legate con maggior chiarezza nello svelamento del terzetto. Meno a tranci, perché così Kitano ci sembra solo “in transizione” e anche in trance.
Per ora, quindi, c’appaiono due “UFO” un po’ sconnessi, e sorge inevitabilmente qualche lecito dubbio sull'”autenticità” della visione.
Cos’abbiamo visto? Kitano non è più quello di una volta o può davvero permettersi di “girare, a vuoto” nelle stelle dell’immaginazione e della sua mente, e se ne frega bellamente che possa essere solo “intravisto” dai suoi accaniti, sfegatatissimi e anche un po’ “sfigati”, sempre per “il pelo nell’uovo”, (ex) ammirati oggi un po’ delusi e spazientiti?
Anche i grandi invecchiano? Chissà…
Dunque, gliene assegno “cinque”, ma sappiamo che i film sono stati “momentanei” e anche “mementiani“, e domani, al risveglio, tutta questa “fiducia” potrebbe disintegrarsi in “una” per “cocente” rivalutazione in negativo (“vivido” con sfumature “seppia” e “ocra”), oppure lievitar addirittura a centodieci con lode, nell’adorazione “non giudicabile”.
D’altronde amici, mi son scordato di “confidarvi” un piccolo ma “trascurabilissimo” dettaglio: mentre rincasavo nel mio miniappartamento qui “affittato”, a tutto volume mi son sparato una canzone romanticissima del Bryan Adams più giovane che mai sarà.
Ecco, Bryan forse ha poco da condividere con Kitano, tanto che, se si fossero (s)cambiati i contatti su Facebook, credo che al Takeshi poco garberebbero le incursioni del suo “amico” Adams, Lui della “famiglia Addams“, decisamente meno “amorevole” o forse di più, ma non dubito che, sempre al “nostro”, “sgorgherebbe” un po’ di viaggio nella memoria.
Perché Kitano, balzan qual è, “sbalzò” e balzerà ancora.
Io e Takeshi siam gemellati, (de)generati fin dalla nascita.
E ricordate: l’infermiera delle “culle”, oggi è da ciuccio e domani Milf da “ciucciare”.
Così sia scritto e così sia “fatta” la nostra (r)esistenza.
Chi s’opporrà non può.
Ho deciso io.
(Stefano Falotico)
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