Davvero sconvolgente. E chi se lo sarebbe aspettato?
Una notizia da sotto shock, davvero. Tony Scott, fratello di Ridley, sempre così preso dai suoi nuovi progetti e da un Cinema da alcuni amato per il postmodernismo virulento e da altri un po’ meno per il montaggio troppo frenetico “a ossatura zero” di psicologie, autore comunque di opere a loro modo importanti per la loro unicità. Caratteristica registica che l’ha contraddistinto nel bene e nel male, con alcuni picchi nient’affatto trascurabili. Si pensi alle sue ultime pellicole. Apprezzatissime dalle nuove esegesi cinefile, come Man on fire.
Tanto bollir in pentola per un Futuro che, oramai, non vedremo più.
Ciao Tony.
Pensiero:
Sì, Tony non era un “grande”. Ma non lo liquiderei così facilmente, sebbene alcune sue “pellicole” le ritenga insopportabili e mal digeribili. Non ho mai compreso il successo planetario di Top Gun, marcio edonismo “impuro” per ragazzetti “motorizzati” in sogni (anche erotici) da “aeroplanini”.
Qui elencherò quelle che, a mio modesto avviso, sono le sue opere più “sue”. Sì, a suo modo, in combutta col produttore Jerry Bruckheimer, ha imposto un “marchio di fabbrica”, iniziatore e riconoscibilissimo ai suoi film: montaggio sincopato, da “mal di mare”, storie spesso losche di vendetta da cavalli matti, parossismo delle battute sparate come mitragliatrici, etc.
L’ultimo boyscout: dinamico, ottimamente ritmato, eccessivo nei dialoghi, già un po’ tarantiniani, come dimostreranno alcune collaborazioni, non sempre accreditate, col genietto Quentin.
The fan, primo Tempo coinvolgente, poi degenera e perde la rotta, buttando forse al vento un j’accuse alla società fanatica, appunto, che poteva essere analizzato meglio. Morandini definì l’interpretazione di De Niro “superba”, come da suo Dizionario. Concordo, forse nonostante la qualità discutibile di The fan, un De Niro che, tolta qualche smorfia di troppo nel finale esagerato, fa centro e fa anche paura.
Nemico pubblico: una Conversazione anni ’90, con tanto di cameo autocitazionista di Gene Hackman.
Man on fire, appunto: discreto il libro, grande Denzel, sbanda parecchio, la butta in “grana grossa”, ma alcuni pezzi sono quasi storici.
Ritengo che il capolavoro di Tony Scott sia Domino, con uno strepitoso Mickey Rourke, uno dei suoi pupilli assieme, appunto, a Washington e Hackman.
Già, dopo la morte diventano tutti dei grandi artisti. Succederà perfino a Rocco Siffredi e “company“.
No, non credo che sentiremo la sua mancanza, e non ho mai amato i suoi film. Anzi, li disprezzo, puro analfabetismo dell’anima, commerciali alla massima potenza. Però, questo va detto, come hanno accennato altri, era un ottimo direttore di attori.
(Stefano Falotico)
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