Attenzione! Sono presenti spoiler o anticipazioni del finale.
Siamo uomini, ammettetelo anche voi
Si parte sempre dai personaggi, per “intimarci” e prender, poi, confidenza con l’ambientazione, la storia, la vicenda narrata.
Qui, ci troviamo di fronte a un terzetto che è già “moschettiere” trio vincentissimo, lucente, fra le “locande” non tanto candide, di spadaccina audacia e inoppugnabile virilità.
Jason Statham, colosso atletico di movenze felinissime, quasi “felpato” anche nella nervatura e intelaiatura “ossea” dei suoi bicipiti “agilissimi” ma schioppettanti di “schiocco” cric-crac “spaccaossa” (e tutta la carcassa, fragorosamente “fracassandoli” di pugni e “pam pum” senza esser docile di “piume” ma acrobatico “spataccarli” velocissimamente come un selvaggissimo puma che ti “sfiora” appena appena), divenuto oramai celebre nel “cementato” (e “armato”) “mondo” dei b-movie, o delle pellicole “tritadenti”.
Azioni, inseguimenti, funambolica spia e guardingo amante fra villici lombrosiani, del suo (an)alfabetismo, poco loquace, ma perspicacissimo, spiccato a spaccar i musi di tali antipatici e ad appiccicarli…
Icona, inizialmente paragonato a Bruce Willis, in termini non proprio eufemistici, quasi “effeminandolo” d’un blandito “Non può reggergli contro”.
Assurto, invece, a eroe prescelto per questo genere, anzi, oramai per il Cinema “di genere”.
Cinema che non ha la pretesa di ereditare i geni da Woody Allen, ma che ti serve, spesso “caldo”, pietanze saporite che ti puoi gustare in sal(s)a, sgombro dagli ingombranti “imbrogli” sociali, dalle “schede elettorali”, dai capriccini, dalla riccia che, accanto a te, muove il “piedino” (ma potresti “starci”, una sola poltroncina è “scomoda”), Cinema ove il “buono” è un bel pezzo… che spezza le reni, che non viene irretito, che, “cafonissimo”, agguanta i cattivi, li sfida di “guantoni”, aggiusta i conti, anche un po’ “raccontando(se… e “ma”)la” alla sua bellona, qui Yvonne, un nome ch’evoca la Donna da “ingioiellare” anche se non sei sempre un damerino, semmai, come Jason, sei invece solo, “decorato” e decorosamente, un “giullare” che la corteggia, finissimo, d’anello al dito anulare, ché se ne “abdichi” e con te, di Notte, “canticchi”.
Questo è Statham, se stesso, inutile chiedergli di essere Sylvester Stallone dei tempi “rapaci”.
Quella è la sua faccia, e “questo” ti “schiaff(eggi)a”.
Clive Owen?
Spenderò poche parole su “costui”. Non ho ancora capito se è davvero un “mercenario“, un tizio da paycheck, o un attore “inglese”.
Qui, il mustacchio è “canagliesco”. Fottutamente bastardo.
Owen. Ma, Lei, chi è? A quale giuoco gioca?
Piacere, è un omaccione piacente, ma a volte “Non mi piace”, e non “lo” condivido sul “like button“.
Qui, sì, eccome, bravo! Il posto a tavola è per Lei…
De Niro?
Esce da Ronin, esce dal “semifreddo” di Frankenheimer, è un mentore, è un cacciatore, il ricercato forse numero uno, in possesso della sua “valigetta” malinconica. Parla, dice e non dice, ammicca, sta zitto, guarda di “traverso”, ti fa vedere, anche a settant’anni, e in forma strepitosa, le “traveggole”.
De Niro. So bene chi è Bob. Se non lo sapessi, la nostra vita non ne avrebbe giovato.
Trama, esplosiva sin nei primi, “trivellanti” ma rivelanti minutaggi esagitatissimi, di “smitragliate” a raffica su panorami deserti sullo sfondo. Di corpi sfondati con del piombo rovente, di sangue “asfaltato” dai siderali colpi letalissimi, di bronzei guerrieri metallici con De Niro, truce e ruvidissimo a sparare, “rosatamente” sventrandoli, su capigliatura sciolta, “raccolta” in una “senile” carrozzeria di Sguardo disincantato, incagnito, “scandagliante”, a rincarar poi la dose di morti ammazzati, “uccidendo” anche solo le macchine già “ammaccate”, come da sua battuta antologica nel prefinale mozzafiato.
Da Ronin è “invecchiato” di voce ancor più esperta, che ha spirato tante volte, e si è esperito di fiuto sempre più affinato e non affatto deperito, semmai a spellarli e “perirli” tutti, d’indurita chioma argentata e barba sofficemente incolta da (im)paziente “prigioniero” del meccanismo, appunto, che innesca quest’action. A breve, ce ne “ricollegheremo”.
Però, è tutto improntato nella (di)sfida, malfidatissima, fra Danny (Statham) e Spike (Owen).
Il volto dell’innocenza su cui son “sgorgate” lagrime di sangue nel frenetico, senza tregue Incipit, han intenerito il duro Statham infatti, che par essersi redento e purificato.
Ma, il suo maestro, Hunter (De Niro), è ora nelle mani di un “sultano” saudita che, come in tutti gli “scambi” (il)leciti di “rapimenti, ostaggi e riscatti”, pretende un lavoro sporchissimo da Danny, in cambio, appunto, della vita del Bob tra le sbarre, “barricato”, anzi, in una ieratica “melanconia” afosa tra schegge “sceicche” di Luce rossa come il vento di scirocco, “sapide” e lungimiranti d’un “loculo” sotterraneo di “segretissime…” confessioni.
Qui, entra in gioco Ranulph Fiennes (no, se siete dislessici e vi è venuto in mente il famoso attore “omonimo” Ralph, ci avete quasi preso, ne è il cugino), “giallista” di spionaggi e avventure “misteriose”, autore di “The Feather Men”, romanzo incentrato, “macinato”, “marciato” sul massacro di alcuni membri delle forze speciali inglesi, per l’esattezza la S.A.S (Special Air Service).
Il regista, il pressoché esordiente Gary McKendry, confeziona un filmone che non “dice” nulla sotto il Sole, eppure, sebbene molti se ne “accaniranno” screditandolo con recensioni “tagliate con l’accetta” dei modaioli sarcasmi snobismissimi, ce lo “spara” di combattimenti maschissimi, iperrealistici, fedelissimi a strenui amicizie, non tutte da mantenere o solo tradite, di “distretti” e di strette di mano da “morse”, di fitte dolorosissime, di corse e di quello che corre a fiotti.
Statham, allora che “picchia” legato a una sedia, con tanto di “atterraggio” da wrestler, e “carpiato” knock-out massacrante. Poi, senza sprezzo del pericolo e della verosomiglianza, spacca, ancora “ammanettato”, il vetro della finestra e “rimbalza”, “nudo”, senza paracadute su un “materasso” abbastanza resistente agli “urti”.
Ferito, solo “di striscio”, appena “zigrinati” i suoi zigomi, di mascelle slogate e “legamenti” un po’ spappolati.
Statham, allora già un classico.
Ecco il miglior Owen d’occhio “sinistro” davvero, “fintissimo” e doppiogiochista che imparerà l’unica lezione importante di chi è assoldato: quando le fazioni opposte decidono di porre fine alle ostilità, devi arrenderti, (ap)pagato o meno.
La lezione “amara”, vera di Frankenheimer.
C’è sempre una bionda che aspetta, preoccupata, nei bistrot parigini, ove può spuntare proprio Hunter il redivivo, e interrogarla per carpire informazioni utili alla sopravvivenza dell’amore.
Be’, quando si son calmate le acque, Jason sfila per il boulevard luccicoso, “stronzo” ma romanticissimo, e, con quel look police-sco, “pollice su” alla grande, vincente di risatina che “sospira”, tiratissimo in giubbotto di pelle adorante, non può che strizzarle l’occhiolino e aspettar che salga in macchina.
Sofferenze (in)giustamente patite, giusta vittoria di solletico e “sollievo”…
Vissero tutti felici, i buoni”, scontenti quelli che non ci sono più, in tutti i sensi. Forse, non erano poi tanto cattivi…
Perché, il Mondo, bello, brutto, che ci piaccia o no, o “Può darsi”, è lotta e darsele, le cazzate le risparmiamo al reparto “filosofi” delle “buone maniere”.
La verità è nella frase di Hunter, che recita a Danny le parole di suo padre, dei padri, dei saggi.
La vita è come “leccare“ miele da un cactus…
Che significa?
Ve lo spiega sempre Lui, ma, adesso, per (il mio) Piacere, la mia l’ho già data e detta.
Recensione spaccaregolucce…
Non è un film da spallucce e da lagrimuccine….
Prendete la valigia, “nomignolizzatela” in “valigetta”, 24h di soldi e pulp fiction, e ficcatevi nel centro della Terra. Optate, senza batter ciglio, senza pensarci due volte, a questo poker d’assi: Statham, Owen, De Niro, Strahovski. May the best man live, e vedrete che vincerete anche voi…
Yvonne, una che carezza il suo cavallo, il suo “stallone”.
E vuole amarlo…
(Stefano Falotico)
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