Achab, invidioso del mio “torso” bianco, quasi “algido”, mi trucidò e m'”anestetizzai” nel “candeggio”, ma rinacqui riaffiorando “a fior di loto”, forse con le Nike nella “sgnacchera”, …
…, la classica “sberlona” (im)morale ma innamorato
La Balena balla nelle “altalene”
Il Profeta Isaia, fratello d’un dimenticato mendicante di Porta Pia, molti secoli prima di Cristo, cioè me, vergò tali parole rinvenute in una pergamena “gerogli-fica” di dubbia origine “roman(t)ica”, euclidea nel “greco”, forse “arabo” per chi non è matematico o non “la” conosce nelle regole dei giochi “geometrici” adulti:
Ama una Donna nel teorema di Pitagora, e sii area equipollente, bollentissima Lei “lo” è sempre nel buco, da “riempire” di un quadrato sull’ipotenusa parimenti “gonfio” come quello dei cateti, altro che “catetere” e cancro alla prostata, altro che Vergine, quale Zodiac, sarà tua “pecora” dell’alfabeto cinese nel tuo Toro “al Pesce”. Quasi “ortofrutticola” al mercato…
È al “ferro”, non a quelli da “stiro” del Ferradini e della canzoni per le calzette a cui dovete “donarlo” in “bocca”… agli allocchi.
Mandale rose e poesie, dalle anche spremute di cuore. “Falla” sempre sentire importante…
Senza l’amore un uomo che cos’è?
Su questo sarai d’accordo con me.
Senza l’amore un uomo che cos’è?
È questa l’unica legge che c’è
Senza una “bagascia” l’Uomo più si “sganascia”, su questo sarai “Concorde” con l’hostess. In tutto volo libero, senza mogli a braccetto, ma nella brace delle “fornaci” spensierate per “schizzar” nel paradisiaco.
Dopo questa parentesi (inn)alzata a “Lui”, voglio rammentarvi che sono ancora Moby Dick.
Esistono varie traduzioni del capolavoro di Melville.
La più famosa, fors’anche “pallosa”, è quella di Cesare Pavese, edita soprattutto dall’Adelphi, casa editrice dei “delfini”.
Eccone, l’Incipit musicale:
Chiamatemi Ismaele. Alcuni anni fa – non importa quanti esattamente – avendo pochi o punti denari in tasca e nulla di particolare che m’interessasse a terra, pensai di darmi alla navigazione e vedere la parte acquea del mondo. È un modo che ho io di cacciare la malinconia e di regolare la circolazione. Ogni volta che m’accorgo di atteggiare le labbra al torvo, ogni volta che nell’anima mi scende come un novembre umido e piovigginoso, ogni volta che mi accorgo di fermarmi involontariamente dinanzi alle agenzie di pompe funebri e di andar dietro a tutti i funerali che incontro, e specialmente ogni volta che il malumore si fa tanto forte in me che mi occorre un robusto principio morale per impedirmi di scendere risoluto in istrada e gettare metodicamente per terra il cappello alla gente, allora decido che è tempo di mettermi in mare al più presto.
Bellissimo, non c’è niente da dire. Un figo!
Ma, Stefano Falotico, l’ha letto in tutte le versioni italiane disponibili, e ve lo propone così:
Sentite il Falotico, e “apprendetene tutti“, questa voce che scandisce, “piccantona” che tocca le corde del Cuore.
Applauso!
Firmato il Genius
(Stefano Falotico)
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