Killer dell’anima, “Killer Joe”, recensione

11 Jan

 

In attesa dei Golden Globe e degli Oscar, rinverdiamo i fasti del Festival di Venezia, a Settembre, trascorso.
Ci par quasi, un secolo fa.

 

T(u)oni nella Notte

Vivida è l’essenza quando, magmatica, circuisce le vite con cadenza ossessiva, piangendo nelle sue dolenze fredde, scorporata dal Mondo per assaggiarne lembi ch’evocan, sottili, pacati “brutti” sogni pronti a deflagrarsi in un boato, in un impeto lancinante d’esplosione grottesca, e arpionan donne di demoniaca, volgar apparenza, premendo sulle proprie ferite, strappando il velo dietro una “lambiccata plastica”.

Qui, in questo posto desolato di “fatiscenza” profondamente americana, vige l’“arma” della violenza, che grida racchiusa dietro occhi d’una ragazzina vergine che non ha ancor assaporato i madidi piaceri della carne e il Dio-Sesso, sfuggendo, in fantasmatiche danze di mattini lievi, nel suo, appunto, danzarle con garbata leggiadria d’una purezza che, repentina, s’estinguerà nella “perversione” libidinosa di un “intoccabile” poliziotto dall’anima sgualcita come un night “umido” di lucciole selvagge per stanchi cowboy con le iridi bagnate da “sporchi” tepori.

È l’America glacialmente luciferina di Friedkin, dei suoi dannati intinti nelle loro palpebre, della sua Notte imperiosa che sonnecchia e poi urla fragile, in urla scagliate giù dal Cielo, a “maledirci”.

Tuoni ammutoliti per pacate vite “dormienti” di poveri Cristi, assopiti sempre in spicciole vanità da mendicanti senza “decoro”, una Notte che, flebile, s’increspa nel suo abissale buio d’“arrugginita” porpora, sangue ossidato dietro Sguardi d’ebetudine “immota”, persi nel loro smarrimento, attraccati, per “sfortunata dinastia”, a “utopie” omicide per sbarcar il lunario con un “grande” colpo, o di troppe Lune intiepidite prima di ulularle.

C’è sempre il rischio della maniera programmatica e del coolpulp troppo “facile”, come qualcuno, forse sbrigativamente, ha “asserito” nelle sue poche “stellette”.

McConaughey, Joe Cooper, “ignoto” killer che dovrebbe tutelare l’ordine e, invece, con sadica ferocia, squarcia anche se stesso, mordendo inganni & menzogne con leguleio istinto da tartufo, con denti “aguzzi” da indomabile bestia affamata.

Da cane “ucciso” nella sua furia e nei suoi appetiti, che “sevizia” con “dolce apprensione” le oniriche coscienze ancor sfumate e, di friabil “torbido”, su adolescenze “strane” che, ancor, baciano l’“ode” cangiante delle spensierate emozioni nel vento.

McConaughey, pallido “modello” per colpi di fulmine d’abbronzatura erotica.

McConaughey, solitario sicario assoldato da una piccola “mafietta” d’una famiglia che s’“arrangia” e vivacchia, muscolare levigatezza d’un machismo da copertina ch’è “cattivo tenente” e “angelo” vendicatore dei grandi peccati del Mondo.

Qualcuno, troppi o tutti, han mentito, “silenziando” la propria innocenza dietro impotenze da chi s’è rassegnato agli “imbrogli” quotidiani della vita, e n’è assuefatto senza neanche accenni di reazione.

Tanti bang improvvisi, detonati da chi è già “morta” o rinata nel parto d’una nuova creatura, nelle tonanti “melodie” di queste notti immerse nell’eterna oscurità.

 

 

(Stefano Falotico)

 

 

 

 

 

 

 

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