Sono una “statua di cera”, willisianamente “illividito” e ferito, anche nell’orgoglio.
Partiamo da Lui.
Credo che ognuno nella propria vita sia libero di essere se stesso, di avere il suo equilibrio, di viverla come meglio crede. Sono stufo di molti di voi, di cretini che fanno discorsi stupidi, di ragazzetti che si credono chissà chi, di fottuti tromboni. Di gente che ammazza la gente e vorrebbe farsi perdonare con uno “Scusa”.
No basta!
Ha ragione l’agente sotto copertura Frank, Uomo Red!
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Voglio rendermi verde come questo sfondo, come un prato,a nche se questo sfondo è bianco. Tutto qui.
Io sono il Genius, annotatevelo…
In Italia c’è tutto da cambiare. Le istituzioni, schiave del “burocratismo” ipocrita, le vecchie scuole, la gerarchia classista, la formula “Io so’ meglio dè te”, la legge di Darwin, la supremazia “mentale”. La “cultura” che schiaccia. A me non frega un kazzo di schiacciare, ho raggiunto l’apice, la pacatezza estrema, lo zenit massimo della coscienza, la pace. A quel livello arrivano solo i grandi. È un punto che si tocca rarissimamente. Il momento in cui tutto appare per com’è, Burroughs lo definiva benissimo. È il momento della consapevolezza totale, l’esistenziale essere. E io sono, senza aver bisogno di strutture-sovrastrutture, ma costruendomi nel costruttivismo, nel “bugiardo” mutare. Io cambio, mentre voi altri rimanete fermi a farvi la guerra, a spellarvi, a disossarvi, a spaccarvi di pugni, alle lotte da merenda, da asilo. Mentre io ascendo a una dimensione oltre, oltre (l’)Uomo. E di Wilde ne sono il discepolo.
Stefano Falotico, antiavatiano convinto. Detesta il fellinismo e la boria piccolo borghese dell'”Ora et labora!“. Son oro molto pregiato e raffinato di mio, senza bisogno di pregare. Felice-mente dentro un evolversi. Datemi del pazzo, non aspetto altro che (deo)mistificare la vostra idiozia. Bologna è un posto merdoso. Non è cambiato nulla, stupidi erano e stupidi sono rimasti. Mettono l’articolo determinativo davanti ai nomi propri, dicono “Lo suocero” al posto de “Il suocero”, hanno un vocabolario provincialotto da squallidi, si atteggiano ad americani a Roma, sono i futuri Renato De Maria, i mediocri pavoncelli, i bauscia della Padania. E di questo nulla umano sono sempre più schifato. È’ il punto più basso che hanno. Ragionare così a 25 anni significa essere un genio. Lo sono, è inutile ricordarmelo ogni volta. Oramai ci sono abituato, ci convivo. È pesante sapersi superiore a molti, ma è il prezzo che ogni Genius deve pagare. E, alle volte, quando mi provocano, mi vien da ridere. Rimango stordito e dico “Vabbe’: buona vita. Beato te che sei così che non vedi”. Il mio obiettivo è essere un modello per tutti coloro che ambiscono a qualcosa di diverso dalla massa, dal conformismo, dal “Fai così o ti inculiamo”. Inculatemi pure, prego, volete del burro? Suvvia, a parte gli scherzi. Conservatevi fetidi, ripugnanti nella vostra piattezza, e in quest’allegria spocchiosa che tanto mi disgusta. Mi tengo la mia persona, il mio romanticismo, il mio “nulleggiare”, il mio andare in macchina col vento che mi fischia, il mio sfottere la donnina alleniana, Enrico Magrelli, che tanto ammiro per come non si accorge di sparare cazzate che lui crede saggezze cinefile. Ah, Enrico, sarò la sua panca per smaltire i chili di troppo. Sarò il suo shampoo. Sarò il suo dentrificio e le laverò la bocca. Così la finirà di parlare. Parlerà solo a lavoro finito. Ora datemi una crêpe alla vaniglia con un po’ di Grand Marnier. Buona, soffice, zuccherosa. Ah, che bontà. Posso scoreggiare?
Bruce, d’altra parte, tocca le “parti” migliori della vita, e Karen lo sa(peva)…
Firmato il Genius
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