Archive for October, 2011

De Niro nel (suo) Bob, o nel mio “Bobby!”


21 Oct

 

Ma chi è Robert De Niro, questa passione che mi coagulò a Lui anche quando, in cadute libere, s'”inneva” col bob lungo montagne sgretolate della roccia che fu?

Nasce il 17 Agosto del 1943 a New York, e dopo un Passato misterioso da dropout, si “fraternizzò” con Scorsese, per un'”amor” davvero ben infuocato & infatuato.

 

 

 

Sì, in effetti, gli somiglio alquanto, proprio perché nel suo “biopic” mi tuffai nell'”altroquando”, forse un po’ annacquando, le mie iridi, infatti, tradiscono l'”immersione” nel De Niro, un po’ annaspando, ma molto espandomi… in Lui, o nel B(l)ob.

Mi piace, oggi, ritrarlo in perfetta forma, così come c’apparve rinomato, in tutti i suoi fasti, agli scorsi Golden Globe, ai quali ricevette il Cecil B. De Mille Award alla Carriera.

 

 

 

Mi capita, di nuovo fra le mani, un librettino-opuscolo che lo “biografava” parecchio, “La vera storia di Robert De Niro”, a cura di Elfreda Powell, per la traduzione di Vanni De Simone, Gremese Editore.

Non ho alcuna voglia di scannerizzarne la copertina, ma di “cannarvi”, quasi “cannelonizzarvi” con alcuni estratti di questo curioso Cuore. Lo seguiremo, più avanti, quando sarà “pertinente” l’occasione.
Intanto, “assaporiamolo” un po’.

Bob si presenta in una foto melanconica innamorata, sbarbato di fresco con capello corto.

“Insondabile, profondo, con emozioni violente che si agitano sotto la superficie”. Così Meryl Streep descrive lo sguardo di Robert De Niro, enigmatico e pensieroso.

I personaggi del Bob? …Sono i rifiuti umani che brulicano per le strade dalle luci sfarzose, dal mondo della boxe, in quello della malavita, nelle case da gioco;

Dov’è il vero Robert De Niro? Da cosa sta fuggendo?.

Sui futuri progetti, così come sulla sua vita privata, l’attore resta sempre assolutamente muto.

 

Ma noi, qui, ne daremo già una sbirciatina, basta che non ci rivoga un'”occhiataccia”.

 

 

E, per un’another bullshit night in suck city, sarà Jonathan, poeta-“barbone” in Being Flynn.

 

 

 

Firmato il Genius

Rec-Genius


21 Oct

 

Qui troverete, in ordine sparso e dunque cronologico, alcune delle migliori recensioni della mente del Genius, cioè soltanto due con un assaggio della terza, com’è consuetudine del “Non c’è due senza tre”.
Le chiameremo le Rec-Genius. Due pillolette, così!

 

 

Prego, accomodatevi…
Pinocchio di Roberto Benigni… Un capolavoro, sì, bestemmio, lo è.

 

 

Ghost World di Terry Zwigoff… Perfetta ri-costruzione di un periodo.

 

Ah, Pinocchio..

La storia di Benigni, la storia di un Uomo in fuga dalla famiglia, nucleo ammorbante e distruttivo delle pulsioni, in fuga dalle istituzioni, quella burocrazia che mortifica la soggettività in sviluppo, in fuga dalle responsabilità e dai doveri, in fuga forse da se stesso e dal suo sembiante, un burattino stralunato e giocoso a cui gli altri non riescono ad associare un volto adulto ma solo una figura scissa a metà fra l’essere e il non essere. La storia di un Uomo furbo che sa cavarsi d’impaccio dai Mangiaf(u)oco grassi e giaculatori (Giuliano Ferrara?), la storia di un Uomo combattuto fra il calore affettuoso delle origini umili ma osteggiato dalla sua incontenibile ansietà di divenire e crescere, la storia di un Uomo che è stato tentato dal vizio e dal rischio ma che ha scelto comodamente il compromesso (equilibrata qualità senza disdegnare il pubblico dei soldoni facili). Pinocchio è Lui, il film è solo un pretesto per raccontarci la sua anima, la sua ombra, quel ricordo di ciò che avremmo voluto essere ma che purtroppo non possiamo essere. Siamo solo esseri “normali”  con le nostre peculiarità. E Lui, nel bene e nel male, è Roberto Benigni.

12 ottobre 2002, 00:55 (sì, mi piace ricordar l’esatto momento in cui, tale, la memorizzai nel Net).

 

 

Ghostizziamoci…

Ghost World. In tanto piattume contemporaneo, ecco un film che spacca. Ghost World, il Mondo fantasma, il Mondo lobotomizzato di anonime identità, di asettici blockbuster e commessi annoiati, di punk nichilisti di lebowskiana memoria, di stucchevoli padri prodighi di consigli, di un’adolescenza frustata dai logos degli adulti, l’abominio dei compromessi, delle scelte indotte, della caduta libera senza ricevuta di ritorno in una tela fatta di villette a schiera e giardini tinta unita. Le uniche ancore di salvezza sono la musica, l’alienazione contagiosa di un “perfetto cretino”, uno che ha visto lungo, uno che non vuole perdere la memoria, uno che colleziona farmmenti pop del passato per colorire la sua spenta esistenza, un uomo con le palle senza una Donna!!! Le panchine e i vecchi rimpianti, l’autobus scivola via nella Notte, e almeno per un attimo ci (s’)illude che domani saremo in un mondo migliore. Cult.

22 novembre 2002, 21:03 (leggasi, il “promemoria” sopra, vale lo stesso discorso d’anni scorsi, non ancora trascorsi).

 

 

Chi vince fra questi grown up?

Il “bambin” Benigni o l’ancor “bimba” Scarlett “birchata?”.

 

   A giudicar da come l’han pompata, s’è “impoppita” bene “la” Johansson…
Vedere per credere, e per “toccare”.

 

 

Sì, di fronte a cotanto ben di Dio, ecco la “recensione” del terzo film, il mio, intitolato Storia d’un fedifrago.
Trama: un Uomo scalzo, si rende francescano e, ad Assisi, incontra la monaca di Monza. Riscoprirà la zona rodriga della figa, promettendosi a Lei in “sposo“.
Fine. Pellicola avvincente d’un “vinto” che banchettò nelle sue mutande “al vino”. Oseremmo dire… capolavoro imperdibile.

Se Carmelo Bene si “pinocchiò”, il Falotico si “burattinizzò!”.

 

 

Eh sì… non vi son dubbi nel “naso”.

 

 

 

Firmato il Genius

 

Punti(ni) infinitamente caldi(ssimi) & densi, non addensati, addentano!


21 Oct

 

Non finirò mai di stupirmi della stupidità della gente.
Insomma, cazouuu, ci stiamo provando a farci capire, ma non ci vogliono sentire, fra l’altro a noi scoccia da morire spiegarci, sono attimi della nostra vita che si fottono.
Ecco, da qui dobbiamo partire. Dal problema del “T’inculo così fingo a me stesso di essere una persona migliore, di vivere meglio”.
l’estetica del superomismo.
La raffinata idiosincrasia verso il “debole”.
Questione di semantica, come suggeriva Steve Buscemi con la faccia ingenua in un costume da Hannibal.
“Il cretino” è razza inestirpabile, che sia il barista sotto casa, il poliziotto in ghingheri, o una modella con perline su pelle commestibile in miniskirt-tinta unita.
Insomma, abbeveriamoci della saggezza di una verità.
Il grido del cretino.
La realtà sapete qual è?

Questo Times New Roman, di dicitura bella-fru fru!

La verità, ah, che si fotta! Siamo caratteri di tante word(s)…

… Non esiste.
Per fortuna.

Cazzo, fai di tutto per riciclare le esperienze, e arriva qualcuno che crede di raccontarla “giusta e bene”.

La boria del “suo senso”, la tattile circospezione di quello che “lui vede e tocca”.
Solo “lui”.
Il suo quarto d’ora di gravità permanente glielo lascio tutto.
Ho sempre preferito il caffè con lo zucchero rispetto al sorbetto post-pranzo per addolcire la panza e l’humus umido-umido del cervello.

Come dite?
Non avete colto?

Io non mi prendo mai seriamente.

Sia lodato Gesù Cristo…

Non rispondete sempre sia lodato, perché altrimenti sareste degli automi…

C.V.D!
cioè NULLA!

 

Il Genius, che son io, in “buonissima” fede, accoglie i fedeli, servendo loro le “messaline”.

 

 

Sono un Uomo paciniano, che cammina “talkie” nel suo “ingiubbottarsi” con, forse, una macchiolina di sperma sui pantaloni. Un Uomo che non teme confronti, ma va… ove non è dato, probabilmente sapere…

Scendiamo dalle stelle…


21 Oct

 

Prefazione e chiosa finale di Stefano Falotico

Siamo sotto Natale, Tempo di addobbi, lacrime sincere e piagnistei di scoregge, forse tutta la merda che abbiamo tenuto dentro… quel rotolo tonico di rabbie e frustrazioni represse,
ora fa plup e sparisce come una nuvola felice…
Il Natale, la festa più amata, la festa più odiata, tempo di pace e war, di presidenti guerrafondai-sorriso “effetto clown” e bombe “effetto crash“.
L’atomica dell’assurdo umano, lo zenit delle contraddizioni umane.


Se proprio volete credere a un Mondo migliore, lasciate stare le prediche, è solo sxxxxa cattivo che eiacula per dare un piacere effimero.
Andate al cinema, noleggiatevi un film, e auguri a tutti quanti…

 

Ah, come scendo, come salgo, come (mi) rinsavisco…

 

Sì, ascoltate la musica da Cuore matto di Jeff Bridges…

 

   Un Uomo che si presenta melodicamente country… Ah, guardate qui sotto, che razza di “cervelloni” che ci comandan “a bacchetta…”. Meglio, molto meglio assaporar le gambe di Mercedes Ruehl…

 

 

 

Ah, non troverete più “lacrime”, scritto con la “c”, ma l’arcaico “lagrime”.
Che son “cremosità”. Come il dolore, quindi la gioia.

 

Firmato il Genius

 

Rec – Lista: Essere Andy Warhol


21 Oct

 

L’altra sera rividi Being John Malkovich.
Una variazione sul tema “Essere Andy Warhol”


John Cusack, l’uomo insicuro che
rifugge dalla “normalità“, mostruosa, aberrante, ricattatoria, inquadrata.

Non mi accettano perché io svelo le contraddizioni.

Andy Warhol:
…Quello che preferisco è un aspetto normale. Se non volessi essere così “brutto”, vorrei essere “normale”. Sarebbe la mia scelta successiva.


Charlie Sheen:
La verità è la madre degli imbecilli, ragazzo.

 

Andy Warhol:
Io non leggo mai, guardo solo le figure

 

… Sì, la scritta si sbianca come i capelli di Andy, Uomo più nero di quel che si possa credere…

 

 

 

 

Siamo tutti “mostri” di noi stessi, per gli altri o nell’altro(ve)


20 Oct

 

E non c’è mai il due senza il tre, dunque il terzo.
Sì, un bel terzetto di libri, ah, il bibliotecario della Rizzoli ce l’ha ben ritto quando “spazzola” i “capelli” alle mie copertine, le spolvera anche quando fuori piove e lui indossa lo spolverino.

Sì, l’anno scorso mi cimentai con una (re)visione del “Frankenstein” di Mary Shelley, questo Prometeo moderno molto “meteorologico”.

È vero, Prometeo “plasmò” l’Uomo, ma la Shelley lo “degenerò” in una creazione-creatura tutta sua, personalissima.
Come il mio libro, ispirato più al film omonimo di Kenneth Branagh che alle fantasie adolescenziali della poco “educanda” Mary.

Che ricordo ho di quel film, “denirizzato” nel suo miglior 1994?
Ah, mi sfuggì al cinema, lo “rinvenni” comperandolo in VHS, e me lo trangugiai di buona lena in una timida mattinella uggiosa.
M’appassionò fin da subito, questo Bardo muscoloso che vien sventrato dalla morte “ingiusta” della madre, che studia indefesso “kilometri” di Cultura, tanto da esserne divorato, rubarsi la vita e decidere d’offrire un’opportunità in più, sacrilego, a un “eroe” da Lui designato, anzi disegnato. Un Bob De Niro ancora nel suo neo più nero e “pungente”, fisicamente possente anche sotto “fiumi” di latex.
Spaventevole “mostro” buono che la violenza degli omini, o “ominidi”, renderanno cattivo.

La sua ribellione, com’anche Morando Morandini ben ci “rammenta”, è la reazione di chi si sente respinto, la rabbia furiosa d’una “diversità” che non c’è, la paura oltre i suoi stessi confini che si tramuta in delirio.

 

Se Mary Shelley fu coraggiosa a inventarlo, perché Stefano Falotico doveva temere e spaurirsi, appunto, di reinventarlo?
Con uno Sguardo-occhiolino al Cinema, e qualche (auto)citazione.

 

Il mio Frankenstein…

 

Buttarsi nella lettura di questo romanzo è concedersi un tuffo negli angoli bui dell’animo umano attraverso lo spirito, immutato, di due “mostri” letterari. Un Frankenstein e un Dracula attuali, odierni, come non si sono mai letti. Certo, si corre il rischio di essere riduttivi definendo quest’opera una semplice rivisitazione del romanzo di Mary Shelley: il Frankenstein di Stefano Falotico va ben oltre, ricrea il mito donandogli anima nuova e sentimenti moderni. Giocando con le parole, sfruttando in pieno le potenzialità di un linguaggio ricco di sfaccettature, giostrando le lettere, smuovendo significati, l’autore crea di nuovo il personaggio e la sua storia. Il risultato è un romanzo che ha il ritmo musicale della poesia e una poesia che acquista lo spessore del romanzo; la stessa suggestione accompagna anche il breve racconto che precede Frankenstein, un Dracula che si fa leggere con gli occhi di oggi. Eppure il fascino e lo spessore dei due “eroi” rimane estremamente fedele all’originale. Uno stile innovativo per due miti letterari, un mix che lascia aperte mille porte all’interpretazione, affidando al lettore un ruolo di assoluto protagonismo.

 

Quanto “orrore” filtrato, e non, c’è in quest’opera maestosa, sì, m’insuperbisco perché “mi vale”.
Persino un Dracula furbetto & birichino.
Memore, forse, d’un altro maestro delle mie letture “infantili” o forse già nell’altro(ve) ancestrale.
Decisi anche di filmar “neri” estratti…

 

 

(Stefano Falotico)

Rec – Lista: David Cronenberg


20 Oct

 

Eh sì, Davidino… che scarnifica “chirurgico…”.

 

1 La zona morta
Chris Walken è uno che sente troppo. Quelli come Lui, in un mondo di presidenti guerrafondai, di lacrime di finta carità, di amori che vogliono qualcosa in cambio, finiscono male. È INEVITABILE.


2
La mosca
A volte l’amore per la scienza uccide l’amore. Sostituire la razionalità al sentimento è mostruoso. È INEVITABILE.


3
Videodrome
La televisione è un passatempo per gente annoiata, anestetizzata al dolore. Uno snuff movie è il punto d’arrivo del processo regressivo. È INEVITABILE.


4 Crash
L’uomo macchina si autoconduce all’Auto-distruzione. È INEVITABILE.


5 Existenz
La vita è un gioco simulato, globalizzato, telecomandato per chi non è più capace di sognare coi propri occhi. È INEVITABILE.


6
M.Butterfly
I professori precettano l’amore ma sono i primi a guardare alle apparenze. È INEVITABILE.


7
Spider
La schizofrenia è l’unico way out per chi ha “martirizzato” la colpa. È INEVITABILE

 

 

Ricordandolo oggi, mi sembra(va) il regista appropriato per “recensire/ci”.

 

 

 Recensioni

David, sa tutto, il suo volto non mente… L’Uomo che psicanalizza il suo metodo pericoloso…

 

Hollywood è bianca?


20 Oct

 

Due anni fa, nel mio Tempo che fa…, la prova del nove, cioè il mio secondo romanzo, immersione anche cutanea e soprattutto mesmerica nell’insondabile Hollywood, per un percorso Mulholland Drive di lynchiano esoterismo, a scandagliarla ove risiedono i “residui”, gli uomini scartati dal destino, e incartati in vite da bar, a bofonchiare d’atmosferiche pulsioni, istinti goliardici, rabbiosi e pregnanti di caldo machismo, ove sfilano, per un attimo indistricabile, donne, o meglio femme fatale, agghindate nel loro erotismo al cardiopalma, come dico io, per meglio dire alla De Palma.

È qui che “zuzzureggia” Clint Steele, anima mai vanitosa ma nel vento, fantasiosa mia creazione d’un joint mio notturno.
E ove attraccano i lupi di mare, il mare non tanto poi così cobalto di Hollywood, bianca all’apparenza, nitidissima per come c’appare ma in cui c’è sempre qualche scheletro da far scomparire.
Anche un morto, sì, m’è “scappato” e “c’è scappato”.

Entrerete nelle viscere del Pianeta “collinare” di Los Angeles, quando la Luna chiede a Satana che ora è.
Tripudio d’immaginazione, di “villani” senza ville a Beverly Hills, di bukowskiani grandi, indimenticabili sleepers alle “fauci” del loro vulcano scoppiettante, arso in vene sempre alcoliche, a volte scurrile, “parolacciai” o solo allacciati alle prime parole che saltan loro in mente in cervelli mai, però, fritti, a combustione cogli ormoni, o solo con gli “orsi” in giubbotti di pelle, di pepite sempre sognate, di speranzose vite “in agonia”, o già messe alla gogna.

E la vita va, come questo mio “respiro” che (ne) scrive.

 

È “Hollywood bianca”, signore & signore, (s)venite!

 

Notti insonni e visionarie nel sordido locale di Clint Steele, dissacrante tempio del culto del niente: pallida come un volto ceruleo e nauseabondo, volgare come una puttana, sbronza di vita e di trasgressioni, Hollywood si staglia immensa e decadente nella luce artificiale di lampade fioche, sigarette che sfiatano fumo e veleno, musica che accompagna il lento scorrere di ore stonate. Sogni e leggende metropolitane riempiono la bocca degli avventori del bar, uomini di ogni razza e saggezza, ciascuno con la sua paranoia; ricordi e amare conclusioni causticamente sbarrano la porta dell’anima alla speranza, inchiodando al bancone i diavoli della città, gli avanzi del giorno, gli scarti dell’immonda immondizia che popolano le strade della regina d’America. Un giro di vite, un valzer negli inferi, una roulette russa dove ci scappa pure il morto: questa è Hollywood, pellicola di carni, saliva, sangue e sudore, dove spiriti irridenti, cialtroni e meravigliosi non si stancano di ridere e piangere di se stessi, trascinando il lettore in uno slancio violento dritto al cuore della terra.

Sì, come Clint, fumacchio sfumando, già “amaro”.

Vaghe rimembranze anche nelle membra…

(Stefano Falotico)

 

 

Un Falotico letterario non è mai da “prender alla lettera”, anche quando passeggia


20 Oct

 

Sì, Stefano Falotico, nato nel Mondo, dunque “immondo”, il 13 Settembre del ’79, quando Walter Hill sguinzagliava i Guerrieri della Notte, e Marlon Brando “narrava” dell’orrore nella giungla delle nostre Apocalypse Now.

Breve “diagnosi” d’un letterato, appassionatamente spassionato di se stesso, molto “appassito”, ma cinematograficamente vivido, ah, i lividi…

 

Sì, già Joker, ricordai il mio stand by me in una “detection story” molto noir, molto corrugata in me, per amabili lucenze d’una fanciullezza che cresceva.

Il mio primo romanzo, “Una passeggiata perfetta”, su cui taluni ironizzaron definendolo “Una passeggiata disastrosa”.
è’ in realtà uno dei capisaldi della mia mente che iniziò a “vacillar”,  e dunque a scribacchiar o sol a “scricchiolar”, “diaristicamente” avvolta dal mio evolvermi, anche sdrucciolevole.
Presentato dal Docente di Letteratura e Filosofia dell’Università di Bologna, l’esimio Luigi Weber, il libro riscosse grandi consensi, soprattutto fra i “seni” di donne pronte a vezzeggiarmi per un talento che era “esploso”.

A parte gli scherzi, eccovi la sinossi, la prefazione e un breve, ma incisivo estratto:

 

Stefano Falotico nasce a Bologna nel 1979, anno dell’uscita di due must assoluti della storia del cinema: I guerrieri della notte di Walter Hill e Apocalypse now di Francis Ford Coppola.
Da sempre fautore di un Mondo sganciato da moralismi, sostiene il libero arbitrio, il progresso metafisico e la ricerca dello sperimentalismo, la visione “trasversale” delle cose e della realtà, che ritiene essere frutto della nostra mente e non sempre di ciò che gli altri vorrebbero farci vedere.
Adora le vite irregolari, “frastagliate”, senza troppi punti fermi. Fra i suoi interessi il cinema, il “nulla” che riempie, compenetra la vita, il sogno che è movimento. Il sogno che tiene vive le emozioni, le alimenta, le altera, le energizza.

 

Qual è dunque la cifra di Una passeggiata perfetta, che pare opera così slegata e priva di un motivo unificante? La risposta ce la fornisce l’autore stesso nelle pagine iniziali dell’opera, quando istituisce un paragone tra la sua narrativa e la tecnica del regista David Lynch, che a proposito di un suo film caratterizzato da eventi inconsequenziali e paradossali parlava di trasposizione cinematografica dello psychogenic puke, il rigurgito psicogeno, una malattia psichica che comporta il rifiuto della cosiddetta realtà normale e la sua sostituzione con un mondo parallelo che l’individuo alienato ritiene essere l’unico autentico, «una realtà alternativa con regole proprie, da lui tollerabili. Non una semplice rimozione cognitiva, ma un’autarchia soggettiva riflessa», per riprendere le lucide parole dell’autore.

(Dalla Prefazione di Gianni Caccia)

* * *

II

Frank era un tipo alquanto strano. Tutti in quartiere avevano timore di lui per i suoi modi sfacciatamente antiborghesi e allo stesso tempo gli portavano grande rispetto e stima per via della sua acutissima intelligenza. Uno che era meglio non frequentare troppo, ma da cui ci si sentiva irrimediabilmente attratti. Era un grande amico. Il nostro grande amico Frank.

Era una sera in cui soffiava un soffice vento caldo. Passeggiavamo allegri per strada. Ci sentivamo i padroni del mondo.
Invulnerabili, arroccati com’eravamo nelle nostre convinzioni giovanilistiche. Niente e nessuno avrebbe disturbato la nostra amicizia.
Frank era lì in mezzo a noi, pareva divertirsi, accondiscendere alle nostre risate. Replicava in silenzio con la sua faccia eternamente fissa in posa commiseratrice, come chi è avvezzo ad ascoltare stoltezze per provocarsi diletto.
Un sorriso triste che languiva sugli zigomi e dormiva sereno nei suoi profondi occhi neri. Bui, inquieti, permanentemente fissi e mobili.
Per quanto ne so, Frank mi piacque dal primo momento che lo conobbi. Aveva un modo tutto suo di esprimere le emozioni. Era carismatico e freddo, coriaceo come un martello e debole come la dura roccia che si sgretola sotto i suoi colpi. Placido come un lago boschivo increspato dalla brezza serale. Inafferrabile come le alghe che si agitano sotto la sua superficie.
Quando uno pensava di aver capito qualcosa su di lui, eccolo comportarsi in maniera assolutamente imprevedibile, spiazzante, ironicamente caustica. Poi sfoderava il suo inconfondibile sorriso disinteressato e girava lo sguardo altrove.
Alle volte avevi paura a fissarlo negli occhi. Pareva impossessarsi dei tuoi pensieri e non volerli restituire. Frank era una bella persona.

Quella sera il locale era davvero affollato. Eravamo seduti attorno al tavolo con in mano le nostre birre. Frank continuava a ripulirsi la schiuma dalle labbra. Josh, imperterrito, importunava le ragazze dietro di noi con battutine di dubbio gusto. Daniel era zitto e pensieroso e faceva finta di ascoltare quanto Michael aveva da dirgli.
Provai ad attirare l’attenzione iniziando a parlare di politica. La mia iniziativa fu stroncata sul nascere da un’occhiataccia severa di Josh. Deglutii piano ed imbarazzato tornai a meditare in silenzio.
Frank alzò la testa ed incrociò il suo sguardo al mio e mi strizzò l’occhio affettuosamente. Si passò la mano fra i capelli e schioccò le dita, canticchiando sottovoce un ritornello musicale.
Abbastanza sbronzo, Josh si alzò in piedi e barcollante, ballò al ritmo della musica. Poco dopo anche Michael, finito di dar sfogo alla sua loquacità logorroica, fece lo stesso. E a ruota, fu seguito da Daniel, sempre più catatonico.
Rimanemmo io e Frank. Provai ad imbastire un discorso, con esiti vani. Frank era irremovibile. Da quando eravamo usciti, non aveva aperto bocca.
Pareva esser schiavo di uno stupore tranquillo, come se non gli importasse di niente e di nessuno. O per ragion contraria, talmente assorto a riflettere da apparir distratto.
In certi momenti era davvero difficile solo provare ad immaginare cosa gli passasse per la testa. Stava lì ad osservare le macchine sfilare dalla finestra, col suo strano sorrisetto stampato in faccia. Non aveva bisogno di dirti che non desiderava parlare. Lo si capiva benissimo.
Lo fissavo, ticchettando con le dita sull’orlo del bicchiere, forse per richiamare la sua attenzione. Per un attimo volli fortemente che si voltasse verso di me e con irruenza mi bloccasse la mano, urlandomi: «Basta, mi dà fastidio». Frank non l’avrebbe mai fatto, men che meno in quell’occasione. Con lui potevi startene zitto senza provocarti imbarazzo.
Quel picchiettare ripetuto doveva martellargli le cervella, ne sono convinto, ma non era il tipo che t’avrebbe violentemente intimato di smettere. Soprattutto se eri l’unico possibile interlocutore seduto al suo fianco. Sarebbe stato come dirti: «Non sopporto la tua compagnia. Se proprio hai da dire qualcosa, dilla».
Frank era forse un fine provocatore. Aveva rifiutato cortesemente di parlare, e nonostante i miei timidi, persuasivi sforzi, continuava a rifugiarsi nel suo obbligato mutismo.
Pareva sussurrarti: «Sono qui, forza, se decidi che ti rivolga la parola, riprendi nuovamente a parlare. Stasera non ho voglia di essere contento a tutti i costi, però non è detto che non lo sia. Non sono in vena di parlare, ma non è detto che tu non possa farmi cambiare idea. Far rumore, sbattendo forsennatamente le dita non serve a niente. È per questo motivo che tu acuisci in me la convinzione di starmene zitto. Sbagli atteggiamento».
Un’altra persona credo sarebbe rimasta oltremodo spazientita dai suoi modi. Io invece con Frank stavo bene. Non chiedetemi perché.

Recensendo, non so se recidendo, & penso


20 Oct

 

1) Cronenberg in pillole.

2) Essere Andy Warhol.

3) L’ottimismo vien dal Cielo e dal Cuore… tu scendi dalle stelle.

4) Non finirò mai di stupirmi della stupidità della gente, in fondo siamo solo dei “punti infinitamente caldi e densi…”.

 

Home, ve la cercate da soli…, perché il lupo è nel boschetto e non vuole che v’incappucciate “domestici”.

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Certo, che ne spara di puttanate il Genius…

 

 

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