Ricordi tumescenti di un’ansia che però, dallo sprofondar mio denso in cui precipitai, s’accresce di folle, fiera vanità. Anziché indietreggiare, combatto la battaglia che m’ha “imbavagliato” nell’estenuante prova di forza alla quale, opponendosi i roteanti pensieri rombanti nella pimpante voglia euforica di me stesso gridante ira “odiosa”, giostrante m’innalza per non cedere sebben vacilli, caschi “ostaggio” di questa libertà autentica che della mia innocenza fa il “dono” della vostra assurda, assoluta, “monarchica” certezza e violenta, finto austera autorevolezza. Bardatemi ancora nel pregiudizio e inveite in massa, accapigliandovi per pigliarmi a cul di vostri (s)fregi. Sì, credo che la mia vita sia “rovinata” dall’estrema, “adempiente” libertà a cui son att(r)accato sin da quando nacqui, poi infante scalciante fra mille pozzanghere, adolescente sputato e in-viso… osteggiato, b(l)andito dei vostri bla, bla, bla, nei miei vagheggi m’adombrai e ancor per il dolce far niente m’adopero, “operatemi”, operatori (a)sociali del mio esser, (ri)peto, minato dalla libertà. Una libertà che fa e ha sempre fatto della “contaminazione” un inno alla “spregevolezza” vostra che incarno. Così, ammal(i)ato da tanto darmi addosso ma poi non farvi sotto se non farvela…, di “fila” mia da (indi)ano non vado a fighe, un’altra giornata silente e sola infilo, solitario, sì, mentre voi agognate disperatamente per infilzarmi con “docile bellezza” ché pavoneggiarvi dietro meschini ricatti v’illude di giocar al mio “topo” senza top(p)e per i vostri mentali, psicologici giochetti da “gatte”.
Quatto quatto, so che so che quattro che per 4 fa otto, son volante di questa sola “matematica” opinione che non si discute, a meno che non si (ab)usi del sistema binario ma io di tal “algebra” ho perso volutamente e “volenterosamente” il treno, perché non so che farmene dei vostri trenini, dell’andirivieni “furioso” e vostro frenetico da cacciatori di smog e (im)possibile stress. Non lo reggo, non le vostre idee (mal)sane reggerò, elogiando invece anche oggi il “florilegio” della mia più pura, (s)porca foll(i)a.
Se non mi capite, allora carpitela a vostro vol(t)o e continuerò a non guardarvi in faccia, batto la fiacca, in questo nessun mi batte e me ne sbatto…, affannatevi a darmi “pene” e mi farete sol che pena.
Indosso il cappello con la penna, il mio pelo perde il lupo e pure il vizio, l’ozio è età “pensionabile” senza tempo, giovanissimo, cristallino, (di)stante, praticamente irredento, ridetene pure.
Fate(vi) con calma, tal sforacchiarmi mi rende marino, brillante come la stella del mio mar(tirio).
Oceano marittimo d’un “marziano”, anche se non pratico la “legge” marziale né effettuo (bara)onde da bari che combatton la finta guerra delle triviali rivalità da “arti(ci)”.
Con questa mia, (s)vengo così, gettando un altro giorno (in)felicemente a mollo… tutto, uomo in salamoia, “uovo” che si (s)posa col salame…, zuccherandomi fresco, faccio degli assiomi una (im)perfetta mia vi(t)a da scombiccherato geometra.
E del delirio son qui anche oggi, poi domani, ieri non so neppur ora che ore erano.
D’altre ere, mio eroe, mio (im)battuto eremo.
E l’eremita è Re Mida. Evviva la mia vita!
di Stefano Falotico