In questa playlist, è insito tutto il sen(s)o di autostima di un uomo “a farsi”, che non si sa che (non) fa, sol, la, si, do a nessuna, e assaggia, mica tanto, da saggio sul cu(cu)lo
Lapidario, secco, senza cazzi e neppur fighe per la testa
Sono arrivato a questa ovvia conclusione: noi miglioriamo e creiamo per un bisogno interiore di rinnovamento e cambiamenti. Se ci aspettiamo che, in base al nostro operato e ai nostri sacrifici, gli altri possano ritenerci persone degne di valore, stiamo freschi.
Non isperar mai venir “alle mani”, come ricordava Caronte di Dante
Camilla, me la scopai in modo denso di brividi a pelle e palle ardenti, rabbonendogliela poi di calmanti camomille… e una notte travolgente quanto i miei lacerati tendini a tendine di nostro stenderci
Poesia notturna dello smaliziato lupus “in fragola”, colto in flagranza di “ratto” e tirato in modus fragrante, quasi sbriciolante
Oggi ho incontrato una donna che mi ha turbato in modo provocante.
Ci siamo fissati, ficcante le ho detto, e dato, che ha uno sguardo, anche altro, arrogante, irriverente, sempre lì posante e me lo ha strappato in maniera esagerata su tanto mio tirante. Quindi, dopo averla incassata, ho rincasato da cane bastonato, latrando “Basta(rda!)”. E, nel frattempo, un’altra gatta ho spelato nel pelo rosso di sera ché bel tempo si spera per non spelacchiarmi o in bocca di rosa spararmi. Infilandole dello zucchero di cannella non mielosa ma ben di sale… formoso.
Corteggio così un’altra…
Ciao, esterrefatto, sei stupenda. Sei di origini straniere? Io sono uno scrittore, mi chiamo quel che firmo con lo sperma e mi barcameno in questa vita strana dalle mille sorprese schiumose. Talvolta, affoga(to), al babà seppur spesso mantenuto da mammà. Mannaggia, eppur son lupo mannaro. Non tagliarmele con la mannaia. Ahia… Abiti lontano e forse, a separarci, ci sono differenze visibili. Io, licantropo del sottobosco e tu dalla foresta in mezzo alle gambe di radura vampiristica. Cazzo. Che figa, che fitta, vado a spalar la neve, fammi spalluccia, e succhiami il muso. Io faccio legna, sono una sega. Devo scontrarmi con la tua superiore bellezza, anche se m’arrangio e ho in dote naturale espressioni buffe che abbinano il sarcasmo al sex appeal da pagliaccio che sa la risata malinconica sua, dunque emano fascino candido, eppur toccabile, sebbene (non) me ne voglia(no). Toccandomi, potresti sporgerti e ambirei a capezzoli turgidi da insaponar di lingua taumaturgica, in quanto chiromante delle dilettevoli magie a letto da gastrica lavanda, poiché, fra il dire e il non fare, me lo centrifugo di temperatura bollentissima, eh, da onanista al detergente di mar(t)ello. Sì, allettami e, allattato, ne verrei ondante e venoso di spumante. Sono un buon pastore, ex della CIA e del cis di scatto freddo su battute calde quanto la lavatrice quando puoi sbatterla a terra come i piatti. Ti amo. Vai a dar via il culo, zoccola. Ora, devo sgobbare, leggi scopare. A terra!
Atterrito, mi sto gettando dalla finestra ma mi son scordato del vetro resistente agli urti. E mi son spaccato solo la testa.
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