Playlist “gnocca” dedicata alla Donna, scent of a woman di mia “D” maiuscola, D come dono, come io tutte adornerò, Notte e D… ì di denti e ardere, fra il dire e il “fare”… Filastrocca del mio “stracchino” mai nei lor sodi fianchi stanco. Ah ah!
Oh Donna leggiadra sei mia specialità in fiore prelibata. Ché infilo l’amore in tutte le bocche, con delicatezza e fermezze infilzanti a zucchero filato io son un profluvio di fluidi seminali di gran af-fla-u-to ed effluvio, ieri fui in una e domani tutt’uno, inte(g)ro e mai a prostitute, con altre di bontà e rango. Nelle pause di mano m’arrangio e, se tu t’azzarderai a copiar questi miei pezzi sto(r)ici, di vanagloria azzannerò il plagio per tastare d’altro “digitale” copulare d’ano in classe an(n)uale, fra tante a me annuenti che stuzzico d’anulare e dito “alzato”-medio, oh mio Dio che cazzo, anche alle (s)posate.
Applauso e che sia sc(r)osciante! Qui c’è “a scena aperta”, e a cerniere apri-chiudi, pen da piluccare. Ché, leccando, va crescendo e, insaporite, io insapono “sapiente” con agro-dolce come la senape. Poi, di pernacchio, saluto per altri espulsi deretani. Con forza d’urto travolgente, talvolta traumatica, ficco ogni figa e ti saluto perché, da me, mi benedico.
Amen e togli le mani dalla mia amante.
Con questa mia che vorrei dire e dove andrei a parare? A nessun culo parato, perché io “affresco” in umido, alle donne do brio per caldi brividi di calore e sudati odori.
Se non ti sto bene, a lei sì. Asino tu sei e io, cavallo, (s)cavalco i vani moralismi con nitriti imbizzarrenti. Riempiendo le mule e ammutolendoti nella nostra, mai sveltina, pastorizia.
Se lei è da mungere, io da toro le son ancor più a “coro”. Bevendomi il suo latte a collo e poi regalandole la collana perché a tal Donna, che dona di grembo su sinuose gambe, son appunto il pastore.
S’è fatto tardi. Or che i bambini vadan a letto, io devo farmi allattare ma nessuna mi alletterà. Chi se ne frega? Ho il mio da (s)fregar con “pudore”.
Piove… senti nelle mie filastrocche che “odor” di “candori”…
Scaldami, dammela, anche no. Basta che vada il termosifone.
Perché se non fai bollore di bastone a tutte queste bottane, io pago le bollette.
E auto-pubblico le mie “puttanate”.
Piglierò bastonate, meglio di te che lo prendi in cul.
Recensione con lode
Tra i franti, cimiteriali pudori d’una società lercia, d’effimero corroborata di vividezza ma invero già tristemente, nel dentro, (s)morta, la purezza d’un ragazzo già “vinto” dalla bolsa “istituzione” cinica, vien da un cieco spronata alla rivincita, in quanto la sua “cecità” non è affatto (scon)fitta.
C’è chi prende la vita come un gioco a tappe(to), quasi tutti purtroppo. E tanto s’affannano a “rattoppar” la cera già bucata dal falso, dunque si rapiscono nell’anima venduta a “caro” p(r)ezzo da pezzenti, tanto poi farneticanti sbraitano pagliacceschi sol da ipocriti in realtà ador(n)anti la fottuta topa. Ah ah!
Non li biasimo, della vita non han capito appunto un cazzo.
Perché vivere non è “vincere” dietro la camuffata viltà da vittoriosi coperti di “giusta” apparenza” ma “vedere”. Anche laddove trasgredir si deve per imporre proprio la giustezza delle cose e apporre firme non più espellenti nel sigillar precocemente quelli che credono nei sani valori da amanti. Oggi, questi son pochi, ci chiaman tonti e cretini.
Disprezzato da molti, il film più controverso di Martin Brest.
Un “Prima di mezzanotte” nel “buio” di chi vedrà, già ah ah, oltre… le coltri e i riti da damerini. Forse un mago, un poco di buono, un disgraziato senz’arte né parte ma quel che conterà è il Cuore.
Pacino qui è un “raccontaballe” di gran mestiere e recitazione dal color Actor’s Studio, limpido come due iridi perfette ad “adombrarle” di rabbia, di ribellione che scalcia e poi non si contiene. A comando del suo tenente, un po’ “bad”, colonnello Frank Slade, missione salvatore. Soprattutto di sé.
Uno che non puoi tenere facilmente a bada. Gli occhi sembra che non vedano ma osservano con più profondità, nel sesto senso d’intuito velocissimo ad annusar quel che gli appare, ed è infatti, un pregiudiziale, erroneo “rifiuto”.
Vive in compagnia di un gatto, assistito “domiciliarmente” dagli “affettuosi”, unici suoi amici, i parenti serpenti amati eppur odiosi. Ché molto fingono di volergli bene con “tenerezza” quanto proprio coi “caritatevoli” gesti non fan altro che non arrestarlo.
Sempr’innervosito, come richiede la “tradizione” del Pacino. Uno che di sparate e sassate dalla “vecchia” scarpa ne “vomiterà” tante. Un assatanato! Un provocatore (non) nato.
Bisbetico non domato, arrogante ché si arroga le finte Giurisprudenze da latinorum e puttanate gerarchiche. Un geriatria delle emozioni sincere. A pelle.
Il film, chi più e chi meno, tutti credo che l’abbiate visto…
Accusato di retorica e insopportabile “semplicismo” da lieto fine “scaldacuori”, invero nasconde nel suo intimismo, “superato”, la dose cinematografica del Paul Auster.
Una storia semplice, per nulla. Tanto rumore per… una bolla di sapone… e gli applausoni meritati com’esige l’entusiasmante monologo del Pacino scalmanato di pregiata p(r)osa.
Perché Pacino non vive bene, è stato segnato irreversibilmente da una tragedia. Ma, nel punto letale del suo esperirla, mal digerirla certo, ha accresciuto le prospettive uniformanti, perciò deformi del “sano”, omologato “crescere”. Si son soltanto che rimbambiti e ingobbiti.
Il problema non è divenir un leader ma essere o non essere. Perché Shakespeare è alla base d’ogni (s)figa.
E d’ogni grande uomo che urla da “disarcionato” Re Riccardo.
Solo della meravigliosa vita, Frank… caprianamente nel sorriso da coda caprina di Pacino il diabolico, viverla nel maggior sentirla, che fa rima con cardiaco ritmo e crescente innamorarsene.
Il resto è una stronzata. Non vi lasciate fregate! Il viaggio è appena iniziato. Non sempre tutto funziona, si esagera di “miele”, questo è vero “alveare” dei trucchetti acchiappaspettatori del “furbetto” Brest, ma comunque è meglio dell’imborghesirsi e star in pantofole a discutere di lavoretti, troiette e “tacchi(ni).
Necessito del mio “Ringraziamento”.
Se non vi piaccio perché appaio superbo, lo sono in quanto superfluo. Ah ah!
Io non mi celo nelle apparenze. Io vedo. Questo è il mio Verbo.
Dunque, a tutte le spie, non figlie di Maria, una verginella che però non se le mandava a dire, vaffanculo!
Chi mi credo appunto di essere?
Ma chi crede di essere lei, piuttosto!
Si segga e mi lasci parlare, anche urlare se necessario! Entrerei col lanciafiamme in quest’aula…
Aiuole! Ahia! Ah ah!
Firmato il Genius
(Stefano Falotico)
- Scent of a Woman – Profumo di donna (1992)
Aho! - The Wolf of Wall Street (2013)
179 min? Il più lungo di Martin. Ma quello di Leo è grosso?
O, in borsa, si ammoscia di decadere? - Last Vegas (2013)
Mi par una stronza(ta).
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