A Bologna vive molta gente alla buona e io li rabbonisco, strozzandoli di tortellini!

26 Sep

Maometto, di montagna ferrea e “rampicante” la sua ancestrale energia, smonterà pezzo per pezzo quel pazzo di dar la vita ad andarla in Matt(e)o

Molta gente bigotta, turlupinata dalle “gioie” effimere della bigiotteria, agghindata di retorica, con “oral” sboccar volgare non crede oramai più, se mai credette, ai profeti.
I profeti non sono dei folli, esistono e (s)compaiono tra la folla. E taglian ogni ottuso fallo…

(Parola del Signore, versetto del capitolo intitolato “Vendetta punitiva”, 13 del 79 a cura di Ezechiele il lupo…)

Non credo al buddhismo, perché preferisco cremare la mia magrezza in cremose “dolcezze” aggressive come un cucchiaino che (of)fende il budino. Ai bambini offro delle caramelle e infilo loro in bocca una sigaretta Camel, a torta “Cameo” per rinforzarli col nutrimento “ruvido” del già fortificare i loro polmoni in vista della vita “adulta”.  Le comparse non servono! Meglio subito che aspirino l’amarezza dai retrogusti aciduli, ché non smaltino le labbra nel “burro” di cacao baciante le impudicizie delle più agre ragazzine ad abboccarli. Altrimenti, giunti a trenta, il lor uccello si rimpicciolirà in un ruolo “invisibile”.

Sì, con integerrima (im)moralità, perseguo la vita (dis)innamorata a ludico sfottò rivolto contro la piccola borghesia (s)fottente, fetenti ostinati e dalla testardaggine lenta come le testuggini lumache dei loro odiosi, inutili attestati per approvarsi “superiori” di quel che m’appare sol carta igienica da parati del culo.

Non m’ammal(i)ano con le lor moine, non ammansiscono e non ammainerò la mia indole “diligente” a porger loro una “riverenza” di me rinomato, amante dell’ammattirmi soprattutto di primi matt(in)i quando il Sole levriero si leva a Oriente nel mio ilar pensiero che va fresco nella fierezza fra le giocose ebbrezze dello spensierato insultar tali olezzi.

Sì, “adulti” cafoni soffrono di meteorismo e così evacuano cazzate dallo sfintere per sfinire i “peti” disturbanti dei giovani più a(l)itanti. Ma con me non attacca la flatulenza. Son io che di finezza affino a puntin’ il mio ritorcer loro ogni (r)espi(r)ante mongolfiera della loro mentalità da mongoli. Sono la Muraglia Cinese invincibile e appuntisco i più sottili arnesi nel bucar il loro “pulito” bucato d’an(n)i miei che rubarono.

Io faccio… crollar ogni Muro di Berlino. E v’iberno miei nazisti!

“Soffian” ad aprir bocca su tutto con frasi fatte del luogo comune più “a cul” di pigliar la vita come una stronzata. Specializzati infatti, “in fallo” sempre te(r)so e “orgoglioso”, nell’issare le frivolezze boriose. Ma, dai venti boreali d’una illesa potenza aeroplanante, con “pianezza”, sorvolai fin “lassù” al buchino di tanto lor (s)fiatare.

Pavoni della Bologna “bene”, giullari da Corte Isolani, asmatici di però logorrea che m’induce alle diarree, appunto… fenomenali bugiardi da circo dell’“orrorificio” sempre solipsista agli ombelichi e dunque ai “gioielli” fra tanto cagarle dagli orifizi, regalan alle lor “donne” degli adamantini “omaggi”, cioè pietre del lor cuoricino anaffettivo sol per farle… a fette di maiali dietro il cort(e)o del “rubin(ett)o” che tutte inganna a tracannarle.
Poi, dopo averne preso il sedere e inchiappettate di “(s)caricarle” come degli scarti a “cioccolatine”, tutte prima “scioglienti” e adesso smerdate con “gentile” glassa “fondente”, questi grassoni  ne adescheranno una dal “frigorifero” per “testare” la sua glaciale frigidità a friggerla “impanata”. Quante ne scannano e “scavano”.

Sboccati eppur “laureati” con un bicchierino di vinello e birra che sgorga da ogni por(c)o.

Lor sì che sanno vivere. Eh già “signore”. Questa è la moderna “signoria”.

Ma io, di principesca signorilità, continuo inesausto a sfiancarli.

Li tormento durante le notti loro “calde” nel raffreddar subito quei tanto a me schifosi (ro)venti an(n)ali, angustio le lor case “buie” a movimentare la Luna del mio lupo.

Così, freno i loro spiriti bollenti.

Vado da un bollito e lo marchio, impaurendo ancora la sua calma “piatta” quanto la sua “donna” vacca. Mentre la tromba, e nell’altra stanza sua figlia fa la rumba con un mezzo Rambo tamarro dei poveri, ecco che il suo cazzo “duro” ruzzola sgretolante nell’uscir esterrefatto… dalla cavità di quella di figa sfatta col “visone”, intesa non sol di faccia mostruosa ma specie… di pelliccia non depilata, e “(am)mira” il mio “spaventapassere”.

Indosso il passamontagna e lo “bendo” nell’urlargli senza freni la sua nuda (s)cena da bovaro come quello lercio nel fienile.

Sono il fantasma oscen del palcoscenico. Quando meno se l’aspettano, ecco che il lor amplesso trema di nuovo “(av)venente”.

Contattano telefonicamente un CSM per accusarmi ancora di demenza ma non c’è nessun intervento se non un “bisturi” ficcato alla loro esistenza da chirurghi plastici.

Sì, li torturerò a deformare ogni lor atroce sconcezza, ad agghiacciarli anche quando il lor cam(m)ino sarà, a cantuccio e a cuccia, segregato in cantina come morti viventi arsi.

Ah sì, miei Asinelli… ah ah!

Ciuccerò la lor idiozia da babbei, quindi babb(uin)i, nel rabbuiarli di tante bue.

Sono un bove? No, un “buono”.

E ti butto giù dalla Torre più “alta” del tuo volar “basso”.

 

 

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