Il malessere serpeggiante della mia “proboscide” tonante: scritto di “verga” a elefantiasi poderosa del pachiderma nella società dei “fanghi”, ove lui sta(g)na
Oh, la stalla e gli stalloni della fattoria degli animali.
Qui, Falotico l’intrepido, unicorno che scortica e incorna le vostre cieche cornee, a cavalcarle di peli bianchi per albeggiar “albino” ma eppur volpino dopo notti ululanti e quasi quasi latranti anche di Sesso animalesco nella latrina, “letargico”, mai spossato delle s-posate ma fraudolente nel mio “lento” che incita le muliebri horses con “orzo” di amari cavallerizzi nel ritto aggrovigliato, poi abbandonar le sverginate a strofinarsi in nervosi (ah, la nevrosi) dolori di pelli ancor innamorate, eppur dello scudisciarlo-sciacquarla per altro scuoiar’ fra cuoi capelluti in nuovi capezzoli drizzissimi, roventi e “asciugacapelli” al sapor balsamico d’un profumato “inondare” d’“affogato” lindor, di fighe vellutate come pantaloni a caval Donato che non si guarda in bocca ma si pompa. Totoiano, affondo di ani annuali nel bisestile allungarlo e, quando Febbraio è quattro stagioni di “birra” prolungata, mi par giusto tirarmela con una di s(i)esta. Estiva? Tirami su, dessert!
Sì, l’incito ma non metto incinta, causa Estathé finito, immettendolo con furia del West, di cintura di castità son la chiave campestre, d’estro sblocco la timida e d’uva premo di “vendemmia”. A zoccoli di cowgirl fra puledre “mordaci” e insaziabili, salandole nel salir di salive e “disboscando” il frutto prelibato. D’appetito ingordo fra voi porci mischiati alle zoccole. Sono la salsiccia in questa “ciocca”. Anche nelle sciocche. Buona albicocca. Basta che sia gnocca.
Sprona la castigata a “castigo” del mai castrarsi perché in vena sua so che, sebben frigida, vuol venire, lo intuisco dai suoi occhi svenevoli e tanto desiderosi d’acchiapparmelo fra libidinose, liquide già chiappe. Lo stappo, gliela strappo, mi “sventra” e lo sventola. Ma domani altre sventole. A novanta e anche ad “alimento”.
Oh, son il cavalleggero dei venti leggeri, leggiadro la defloro in parsimonie di Lei smaniosa che corteggio prima di mimose e poi ad “arrossirla” di spine fragorose. Che fragolina da coglier in “fallo”, quando il languido tramonto s’eleva… a gaudio di me il Gallo l’alla(r)gante e di lingua nell’inguine aleatoria. Sì, bretone come i racconti medioevali di Artù, sfodero la spada fra i delinquenti, smalto le unghie d’avvinghiarle su girandola in ormonal ghiandola, e la forgio tergente nel detergerla acquosa con effervescenza di metallo pesante a pesce sgusciato. Premendo anche alla santa, che m’inquisirà ma, maledetto, altre inietterò da “Lancillotto”. Amante imbattibile che ruba Ginevra al suo miglior amico, scevro d’ogni fedeltà coniugale per mirar di “tiro” appunt(it)o su Ginevra d’arco sfrecciante. Ficcantissimo di bersaglio con Lei che, godendo tra la foresta di sveltina e il suo sbrogliato cespuglio, si spoglia di tutti i bavagli mentre l’arciere la cinge, lo intinge, l’abbraccia di bracieri caldi e lo “estingue” quando nitrisce sempre Ginevra di culo fatto a strisce nel ragliar’ come la Fata Morgana che si china a mo’ di Turchina nelle storie tese d’inchini a Lancillotto, figlio di puttana traditore e gran di nason da Pinocchio inculato alle ottiche di Balanzone. Ché Lancillotto è uccello picchio, orologio a cucù t’incul’.
A Elio, Dio del vento, preferisco le Eolie, isole felici ove le spiaggianti puoi spalmare d’olio, ergendo il tuo Bronzo di Riace nel Ricino rancoroso dei fegati fottuti d’ancore (eh sì, quanti rancori) att(r)accate e daglielo ancora. Io pretendo… l’oro e non gli argenti. Berlusconi è passato da Arcore ai ferri corti.
All’Argentario schizza il “bagnino” che nuota come un gabbiano a salutar i vostri frustrati dromedari “sollazzati”.
Io do aria di scirocco anche fra l’Antartide su eschimesi donne “a mandorla” che di glup dentro l’iglù aizzan la mia “gru” d’orso polare nel riscaldarle dai raffreddori e dai mariti “surgelati” mentre sgranocchio culi di mandolino fra i vostri spergiuri da mandarmi a fanculo. Eh sì, mandarini. Ove infatti sto. Benissimo di pene.
Infernale t’infiammo, mentre tu ti lamenti da tanta carne senz’arrosto e già fosti nel fumo dei tutti infornati furono sul mio fornicante. Ah, rosichi di formicolio. Pigliatevi i formaggi, miei topolini, io lo sforno e Lei gode a lievitarmelo di “sformato”. Ecco la formica che scopa anche Vera Farmiga, ribaltandola di scrivania e divano sul Departed del mio cazzo “partito” a razzo fra gli spari. Di ruzzole son lazo nei rodei rotanti del mio matto cavallin’ appunto matador anche di corrida incornante.
Tutte io domo, tranne le vecchiette scaramantiche che m’ammoniscon di cornetti e “coroncine”. Son acide e non più aromatiche. Bestemmiano Dio e la Madonna! Eh, si sa, se nessun uomo te lo dona, allora sii pentita e dalle labbra pendi del Papa.
Di tutto Cor’ scorrazzerò a incoraggiarlo d’amido e “ammoniaca”, Demonio e anche “cagnolino” sguinzagliato a Crudelia De Mon, attrazione fatale d’una Glenn Close niente male. Sì, molto buona ancora di atipica femminilità cattiva da invero gattona.
Glenn sembra un Uomo eppur le tette son sempre state il suo pezzo di figa anomala.
Androgina vaginona un po’ milf e un po’ cagna d’attrice sopravvalutata e soprattutto deve stare dentro con Lei sotto.
Perché penetrando entra appunt(it)o nell’antro e avanti un’altra.
Un Ferragosto come un altro, né più né meno, manco un pompino, sono chiuse anche le pompe di benzina
Giro per la città, rincaso e son ancora le undici di mattina quando a Rimini stan tutti di culo all’aria nel “nudismo” dopo un’an(n)o davvero “duro” e “lavorativo”. Sì, non fanno un cazzo eppur guadagnano.
Prendi quel “direttore”. Sta lì nell’ufficio del (tele)comando, controlla di monitor gli impiegati mentre passa il Tempo fra uno spiegazzar i quotidiani e una sotto il tavolo che glielo morde ma non lo piega, perché chi sta su è sempre a inferiore che “spacca”.
Poi, feroce aggredisce gli impiegati al mobbing del “Se non tornano i conti, licenziamento in tronco… comunque quell’inserviente potrebbe tornar all’utile del modello 740 su 90-60-90 con dichiarazione senza redditi su suo reggipetto formato va rifatta di fotocopia sul desk al(la) top(a)”.
Già, il direttore del cazzo non indossa mai pantaloni con le toppe. Se la macchiolin cade lì, poi è “evidenziatore”. il bianchetto?
Meglio il velluto, è nato con la camicia. Vai tu quadro inquadrato a righe! Attento alla ruga!
Verso Mezzogiorno, come “alti” son orientati quelli… a Riccione fra le riccissime umide in calore, “spellate” di protezione “solare” nel dopobarba del “topo” da spiaggia, appunto, il mio telefono squilla.
No, nessuna squillo floreale. Un depresso come me che vorrebbe lo aiutassi a pubblicare un libro sulla fauna e sulle “farfalle”.
Provo a spingerlo… ma la butta sul paesaggistico. Già, lo sfondo aiuta se non (la) sfondi.
Comunque, in questo Ferragosto “che caldo fa e la Luna è un girarrosto”…, più che altro né Domenica né mica tanto di minchia, solo du’ palle (s)gonfiate a “materassino” di “menarmelo” annoiato-annodatissimo-loffio e di “cuffiette” casalinghe, meditai su come far l’amore con una “tedesca” buttandola sull’approccio da trecce bionde. Musichetta. Sono oca!
Ottenni una “tresca”, una mora che mi uccise solo con la morra cinese di sfottò sulla mia mano morta, ma il quiz è “ammorbidente”, tendente al sereno variabile previo “precipitazioni”. Sì, prevedo grandine e nessuna “granita” intesa in lato “seno” e neppur B ma solo “a sfera” di BIC. Caz’.
1) Un ragazzo, dinanzi a te, scoppia e la voglia di assonanze del verbo “orale” fan presto a sboccar di volgarità “sicula”. Che limoni? Vedo solo che monti uno che spruzza sui tuoi pompelmi. Mah, solita merda. Meglio la mia melma. Almeno, la marmellata “fatta in casa” è scontata e non devi pagarle l’aranciata.
2) Insicuro lo fui, adesso fumo per affievolire le infamie delle mie (s)fighe. Talvolta, ho fame per secchezza di bocca(le). E poco appunto sbocco. Scopo a terra come metodo rilassante del misurarla nei miei centimetri non andati a taglia di una da baciar di pizzetto al mio trancio. Mi pulisco i baffetti. Dammi un buffetto. Sono buffo per pasticcini da buffet?
3) Tranciami, se vuoi questo. Oggi son bontà a te apparecchiata di gourmet da gatto, domani sparviero e con le forbici per recidere il polsino da tennista sballato, gasato e completamente di fusa ad affusolato solo per un “rovescio vincente”. Quindi, il piatto scotta, i piselli non son cotti al prosciutto, potrei raffreddarmi e tu non sei da brodini, bavette, pappette e amanti col pannolino d’imboccarli nel liofilizzato. Aizza la forchetta nella panna, sii dolce e delicata, punta dritto al Cuore e mangialo a voluttà. Chi più ci dà, chi più è assetato. Speriamo in tovaglioli di seta.
4) Davanti a una bionda come te, dimentico le birre nel frigo e ti offro un vino del Chianti, famoso luogo ove Depardieu è chef alla francesina. Sì, quello francese è meglio. Più elegante nonostante il Bergerac e la panza. Gli italiani non sanno corteggiare. In Francia, c’è più Spagna di zuppa inglese. Fidati. Anche se i liquori, a malincuore del languor da guru troppo bagnato di mio ghiro, sanno che lo zabaione è scaduto. Facciamo un altro gir(in)o come Richard Gere. Tu sei, come dico io, una che, prima di gustartela, vuoi i panegirici e i ghirigori.
Sei da Giorgio Gori. Meglio Cecchi Pa(v)one. Se devi scegliere un idiota, meglio optare per uno più scemo. Che aquile di aquiloni!
5) Qual è il tuo attore preferito? Dimmi che sono io e muterò camaleontico come De Niro per interpretare la parte che più si confà all’adattamento. Bussa alla mia porticina, lasciami lasciva il copione. Senti che scie di “ripassatina”. Che passerino…
6) Sono Woody Allen? Sì, ho sempre preferito l’originale Zelig ai cabaret con Vanessa Incontrada. Anche se m’eclisserei sul suo seno vulcanico. Pentendomi di essere stato timido e non averlo mostrato per ciò che avrebbe voluto sapere ma non osai chiederla di osé. Forza, fai come Vanessa. Acqua e sapone. Il rossetto ci sta però. Sbavo per le tue pere.
7) Amo le donne, ma tu sei molto di più. Quindi, passo ora dall’amore all’odiarmi.
8) Otto più uno quanto fa? La prova del nove? Meglio sette per sette fa 69? No, fa venti in meno, quelli che dimostro anche se il mio cervello è pari ad Einstein nei 33 da povero Cristo. Come la vedi? Saranno cazzi.
Come i trentini che andarono a Trento trotterellando e sotto la panca la capra crepa.
9) Hai figli? Sì. Mi faranno il culo.
Ho imparato a giocare alla Playstation da quattro anni, loro saran più avanti di me a piazzarmelo. Fidati. Le nuove generazioni sono nel nostro didietro. La vita è un videogame. Se non la programmi subito, come puoi chiedere un lavoro da programmatore? Oggi, se non sai programmare, diventa un ologramma. E il genital organo dove cazzo va? In televisione, assieme alle ochette nel balletto che tutti applaudono.
Sì, la Tv condiziona ma poi si fan quelli loro. Meglio se “reali” nel Garko di fiction.
10) Sei bellissima. Tutto qua. Il resto è una cazzata. Ma dovevo dirtela.
Anche se dartelo mi pare bruttissimo. Suona diretto, suonerebbe magnifico se sfilassi la tua gonna attillatissima. Faccio schifo? No, solo da quando sono nato.
Bacio. Andiamo in gelateria?
Io lecco quello crema e nocciola, tu quello dello yogurtiere. Sì, fa più “stracciatella”.
Comunque, secondo me quel cioccolato è un merdoso. E poi non è neanche nero.
Poteva venir buono alle “bone”. Come Denzel Washington. Recita ottimamente, soprattutto con Eva Mendes di Training Day. Salutami tua sorella.
Sì, un altro Ferragosto in pantofole. A guardare un film del cazzo.
Un sacco bello e sacchi di merda
Qui, Verdone spacca. Aiuta l’amico culatone a prenderlo nel culo in senso metaforico a mo’ di Sorpasso perché lo spinge troppo e l’amico non impazzisce, si sfinisce perché è passato col semaforo sul verde per troppi an(n)i.
Sì, gli amici servono nel momento del bisogno. Ad esempio, un mio amico bisonte fa sempre i suoi bisogni all’aria aperta e di “aiuole” piscia in testa da sessualità pornografica. Ce la diciamo? Più che pervertito, è un invertebrato. Quelle su cui piscia sono le tartarughe dei suoi addominali palestrati in senso asimmetrico al cervello bacato, con “tendenza” all’edonismo onanista nel “marsupio” delle palle rinforzate con del cotine…
idrofilo.
Comunque infila… se stesso, ed è un gran filantropo. Viene da me e mi dice “Sei solo un figlio di puttana come tutti. Sappi che ogni madre è stata con uno come te da zucchero filato”.
Rimango di stucco, penso che sia meglio il più analfabeta muratore di tal “a cul… scultoreo”.
Acculturatissimo, quasi “fine”. Tanto che mi vuol affinare.
“Quella è una troia. Ne sei innamorato. Fidati, ti tradisce con me… nelle mie fantasie, quindi so cosa vuole dalla vita. Proprio un cazzo”.
Capisco che gli amici sono gelosi anche quando lecchi un gelato. Sì, c’è sempre qualcuno che è montato e pensa di succhiarti a immagine del suo stecchino.
Di mio, posso garantire un co(r) Algida e semmai Sammontana. Tu credo invece sia stato sormontato.
E dire che volevi fare il mio bene. Io ho fatto il tuo pene e ora siamo fottuti come tutti.
Sì, la società oggi ficca te, domani me no.
Anche perché non ci sono. Sono dietro nell’avanti-alt-o.
Ciao…
Comunque, è meglio un Ferragosto a Viareggio che una maschera che vaneggia.
Io non ho questo problema. Sono il carro funebre.
Ho perso un altro contatto su Facebook. Lo chiamavo “L’origano dell’organo un po’ indeciso se entrare o farsi penetrare”. Lui si dichiara poeta. Di mio, credo sia un pio. Anche se ama sotto i pini.
Più che gaio lo fa anche nella ghiaia.
Sì, la gente è ipocrita. E io generalizzo da comandante… Gli omosessuali fanno i raffinati ma poi sono i primi appunto a sbattertelo là, senza eccezione (di) alcuna. Hanno delle lacune da riempire. Le donne citano i poeti russi, poi tu scrivi loro una poesia da reduce della guerra in Bosnia e ti scrivono “Addio, non voglio un uomo indurito, mi bastavo uno duro”.
Al che, penso a Chris Walken de Il Cacciatore. E sparo in testa a Bob De Niro. Urlandogli: “Ecco la roulette russa. Dammi Meryl Streep e non indurmi al suicidio”.
Diciamocelo. Walken è meglio di De Niro. Anche a letto.
Basta vedere come balla. Da quelle movenze di bacino, capisci che non dà bacini alla Innamorarsi ma maledetto a uccello sfibrarsi. Che poi (si o ti) ammazzi, non son cazzi che ti (ri)guardano.
Firmato il Genius
(Stefano Falotico)
- Il sorpasso (1962)
- Ferie d’agosto (1996)
- Un sacco bello (1980)
- Agosto, donne mie non vi conosco (1959)
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