Cavalca ancora, adorabile cavallino nero
Todd Solondz e la sua immancabile spietatezza verso le nostre orrende vite, di personaggi qualunque sempre incartati in slanci poetici, afflati stemperati poi dalla dura realtà che ne mozzerà ogni ansito nella “prateria”.
Trentenne che ne dimostra quaranta, graffiato da una sensibilità diversa a cui ogni “adulto” griderebbe, anche di sottecchi, con smielate carezze ad “affibbiargli” un “caro cucciolotto”, “Dai su, cresci!”, oberato anche dalla stazza del suo peso extralarge ma dalla vita “mini”, soffocata dai rigidi codici di chi l’ha “scelto” così, bamboccio impaurito forse, per troppo “adempiersi” nel riempirsi di sé. Collezionista maniacale della sua infanzia, attraverso acquisti eBay di giocattoli per chi ha “8 anni”, e creaturale grassone che corteggia una ragazza malaticcia ma avvenente, però “fuori dalla sua portata”. Chi si fidanzerebbe con uno così? Ha appena un lavoro negli uffici del padre, vive coi genitori e non sa cucinarsi il suo “piatto”, è un sognatore che suscita tenerezza perché “patetico”, ha la suoneria del cellulare impostata su una canzonetta da cartoni animati, ma ha la sua anima, tanto da fantasticar, “invaghito”, anche sull’”anzianotta” e poco sexy segretaria del suo studio, è una musica che cambia ritmo nel suo fuoristrada un po’ lontano da tutti, lungo i suoi asfalti che può modellar a somiglianza d’un eterno Limbo d’incantatorie “fughe” che gli altri vedon da “bimbo”.
Solondz è questo. Prendere o lasciare, o allacciarvi alla sua giostra di “noi”, siam tutti mostri ci sussurrava, e in questo film lo proclama a gran voce negli impeti di stizza e “aggressività” del suo “eroe”, siamo soffocati dai pragmatismi, “reduci” o mai recisi, perché indecisi, da cordoni ombelicali “morbosi” con genitori imbalsamati che “avevan scommesso su di noi”, ma lei è un’apprensiva, magrissima donna educata nei suoi castighi, lui, un padre “assente” ma che ti rimprovera anche quando fissa ammutolito la “TIVO”. Sempre così, caro “papà”, non dici mai niente ma dici tutto, e non te n’importa se la data sulla lapide di tuo figlio suicida, il nostro eroe che non ce l’ha fatta, è “tecnicamente sbagliata”, un Giorno avanti.
Ma Solondz non si risparmia, così ci ricorda che siamo tutti “indietro”, coi nostri falsi valori, le nostre disperate ambizioni senz’umanità, il suo è il cinismo monolitico di chi è troppo se stesso, “dolce” per gli altri, per venir a patto coi cinici di oggi, la società occidentale intera.
Perla o insopportabile, “sgradevole”, solito Cinema “senza poesia” di Todd?
Decidete voi.
Personalmente, tre stellette, “solo” tre? A mezza vi(t)a sì, come “noi”, avvi(t)ati perché, in Todd, vige sempre una sorta di programmatica analisi geriatrica, “eccessiva”, verso vi(t)e “bruttissime” e “terrificanti” di uomini troppo soli, irrimediabilmente destinati a soccombere.
Perché il nostro eroe (qui, in Italia, lo chiameremmo “l’idolo”) non ce l’ha fatta? Mah, forse sì, poteva essere e non è stato/a, forse no, aveva ragione lui. Ma, comunque, ha sbagliato tutto o abbiamo sbagliato “noi”, un noi che, in Todd, risuona tanto come un “Voi!”.
Urlatoci in faccia!
(Stefano Falotico)
Firmato il Genius
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