Sì, più passa il tempo e più divento assolutistico. Dogmatico in alcune convinzioni. Radicale eppur non islamico né radicalizzato. Ideologicamente schierato, barricato nelle mie verità inamovibili, perpetue, sacrosante, ribattezzate, sacramentate giorno dopo giorno in un continuo, tremendo forse trincerarmi nella schiettezza più disinibita oppure nel vivo, scorticante scoprirmi in quello che appare un misero fortilizio vulnerabilissimo, una prigione di vetro indistruttibile, inattaccabile da colpire duramente per risate sperticate e offese sguaiate.
E più ridete, più mi biasimate e compatite, più io vado fiero della mia freddezza e del mio stile impeccabile.
Inappuntabile!
E vi rimando a uno dei miei scritti migliori degli ultimi mesi, indiscutibile. Riveduto e corretto per l’occasione.
Ove credo, e lo affermo con estremo orgoglio, di aver azzeccato pienamente tutto. Indovinato le trappole ricattatorie a cui molti di voi abdicano e si conformano per non dispiacere a nessuno tranne a voi stessi, appunto.
Perché, in quest’illusoria, menzognera compiacenza frivola, mercantilistica, asservita e improntata al culto dell’apparenza più edonistica, pensate di vivere felici e invero, neppure tanto segretamente (e basterebbe adocchiare i vostri sfogatoi su Facebook per accorgersi che vi dilaniate in piaggerie e piagnistei patetici), soffrite immensamente nel vizioso circolo perennemente auto-ingannevole d’ipocrisie ruffiane, di vostri scambi di battute mortifere, fasullamente ridanciane ove, recitandovi a vicenda il giuoco e il giogo di leccarvi il culo, pensate qualche volta di aver trovato il vostro quieto porto. L’attracco sereno, libero da ogni angoscia sporca.
E oscenamente sbagliate, ancora una volta. Penosamente insudiciati da una mendace mascherata di baciamani cortesemente allineati a una massa insulsa, bacata, superficiale e facilona.
Io, in maniera ancestrale e abissale, sono incurabile.
Le provaste tutte. D’inganni, maligni sotterfugi, di trabocchetti e appunto ricatti, di proibizioni plateali o ancor peggio dicerie e sgambetti subdoli per adattarmi alla vostra visione del mondo.
E invece il mio no apertamente sbattutovi contro, anziché essersi affievolito…, oh sì, s’è enormemente irrobustito.
Esponenzialmente ingigantito. Tanto che ho assunto il nome di Joker per opporre, dinanzi alla vostra indifferenza inaudita, la mia burlesca scortesia altrettanto truffaldina.
Recito la demenzialità come un man on the moon strafottente, allo zenit di ogni possibile e immaginabile irriverenza e sfrontatezza verace ché, ingiustamente provocato affinché contro-natura cambiassi e beceramente mi omologassi, ai dettami del porcile e delle bieche animalità piamente e piattamente, abbattuto, m’attenessi, nel mio consapevole, onesto, bel delirio persevero e non c’è verso oramai che possa tornare indietro.
Mi affibbierete la patente di coglione ma sarò asceso in verità, vi dico, a omone, miei troioni.
No, non andrò mai col sorriso a trentadue denti a una festa nel fotografarmi, attorniato da veri, questi sì, pagliacci, assieme a delle belle gnocche con tanto di boccacce.
Meglio far il Boccaccio, il goliardico asinaccio dinanzi a tal vile umanità allo sbando, di fronte a un mondo di magnacci.
Sì, sono arrivato a considerare la pornografia ben fatta perfino superiore a Shutter Island. Pensate un po’.
Ora, parlo da uomo che ha adorato Scorsese alla follia, appunto, per tempo immemorabile.
Ma, sinceramente, possiamo prendere i suoi ultimi film e buttarli a mare.
Sì, non sto bestemmiando.
Oggi, avete fatto un gran casino perché sulla RAI hanno trasmesso The Wolf of Wall Street tutto sforbiciato e censurato.
A mio avviso, e non è sacrilega blasfemia, è un film davvero brutto. Pacchiano, interminabile, scontato, volgare.
Assistere a un Pinocchio che mangia, caga, dorme, scopa da mattina a sera, fa soldi sui poveri fessi e via dicendo.
Che palle. Ma questo lo sappiamo già. E il film non ha stile, è piattissimo, una noia micidiale.
Sì, vi siete stupiti della censura? Se fossi stato nel direttore del palinsesto della RAI, io l’avrei completamente censurato. Del tutto. Bruciatelo!
Via, questo film va cancellato. È una schifezza immonda. Ma non perché mostri sesso e cazzi vari, potte e figone, no, non per questo.
Semplicemente perché è una disgrazia cinematografica indicibile. Il punto stilisticamente più rincoglionito di Scorsese.
Ho accennato a Shutter Island. Altro film che, come dicono a Roma, non se po’ vede’.
Ora, Leo DiCaprio impazzisce perché torna dal lavoro e scopre che sua moglie, una specie di Annamaria Franzoni, ha trucidato quelle povere creature dei loro figli.
Ah, troppo facile. Non s’impazzisce in un nanosecondo. La pazzia abbisogna di anni e anni di eventi e circostanze funeste per stabilizzarsi nella doppia personalità.
Non è certo una tragedia a scatenarla di punto in bianco.
E, a proposito della Franzoni, oh, a me pare pure un’ottima figa. Quasi quasi una botta gliela darei.
Sì, è libera, dichiarata innocente. Ed ecco che i giornali vanno a ruba. La gente, che non ha un cazzo da fare, anziché preoccuparsi della propria vita andata a puttane, s’infoia per sapere la verità.
Impazzeranno altri programmi da sciacalli.
Saranno fatti della Franzoni se ha ammazzato o no? Eppure a voi che le puntate il dito e le dite che è un mostro… piace Le ali della libertà. Non capisco…
A proposito di pazze e pazzie. Anche A Dangerous Method è un mezzo film di merda. Ho scritto un libro, David Cronenberg – Poetica indagine divorante, ove poeticamente lo incensai.
Sì, perché è conforme alla poetica di Cronenberg e in questo senso un film magnifico.
Ma il film, preso esclusivamente nella sua sostanza, è una balla colossale. Non si cura la schizofrenia con inculate, carnali e non.
Io sono un esperto in materia. Ma non di schizofrenia e malattie mentali affini. Bensì di illuminata sanità totale.
Anni e anni d’idiozie psichiatriche mi hanno, e qui mi aggancio alla tesi mia iniziale, convinto che la psichiatria, anche la psicanalisi, non risolva nulla.
Di solito, se c’è un disagio preoccupante, il medico cerca, attraverso colloqui infiniti e potenti, col paziente, di risalire alle cause. Non sempre sono individuabili.
E, anche quando si accerta la causa, che cosa si risolve? Niente.
Anzi, peggio. Il cosiddetto “pazzo”, se la sua pazzia era innocua, se la godeva.
Una volta preso coscienza di essere pazzo, che cosa gli rimane?
Può essere che abbia sessant’anni, nessun soldo in banca, eccetera eccetera. Sai che roba.
Almeno prima si trastullava spensierato nella sua incoscienza.
Gli psichiatri, poi, sono unicamente allarmati soltanto da questo: del paziente, della sua salute appunto psichica, di conseguenza anche fisica, non gliene può fregare di meno.
A loro interessa solamente che i suoi “disturbi” non siano di danno a nessuno.
Sono dei poliziotti e tutori dell’ordine. Un mio amico mi disse… non si occupano di pulizia della mente, bensì sono la polizia della mente.
È tragicamente vero. Agghiacciante.
Se un paziente loro in “cura” diventa non un peso morto bensì un peso massimo di trecento chili e un vegetale perché bombardato di farmaci e sedativi allucinanti, agli psichiatri non frega nulla. Non sbatte, come si suol dire, un beneamato cazzo.
A loro importa solo di preservare una parvenza di pseudo-tranquillità tristissima, ripugnante, oserei dire criminosa, infame e delittuosa, azzerando una persona, inibendola, semmai pure castrandola, psicologicamente annientandola, al fine che non faccia più casini che potrebbero mettere in pericolo la sua incolumità e quella del prossimo.
Un abominio osceno.
Anziché curarla davvero, sensibilizzarla, valorizzarla, perdonarla se ha commesso involontariamente degli errori, la psichiatria viene usata a scopo punitivo, tamponante, ai limiti dei più inguaribili orrori lobotomizzanti e nazistici.
E in questo non si differenzia molto nel suo agire, sopprimere, castigare e frenare, alla società di massa.
Che ipocritamente zittisce chi la pensa diversamente col potere capzioso d’un inganno e di una slealtà che va a parare sempre sul sesso, sulla forza, sulla virilità e la femminilità, sulle apparenti debolezze e sulle intrinseche e non, presunte, pregiudizievoli fragilità.
Una visione del mondo adattatasi alla potenza del denaro, in poche parole alla forza… della maschera.
Perché pensate che molte persone si laureino, ad esempio? Davvero perché credete che abbiano semplicemente istituzionalizzato il loro sapere in una determinata e da loro designata disciplina?
No. O perlomeno è vero per chi, ottemperante a una referenzialità formale, applica le sue conoscenze per un fine superiore. Per un arricchimento emotivo e culturale che possa donare loro migliori strumenti interpretativi.
Ma i più sfruttano il pezzo di carta per sentirsi superiori e dettare, da dittatori, la propria privilegiata legge sul debole di turno, ricattandolo.
Si chiama fascismo, si chiama ignoranza, si chiama arroganza, supponenza, si chiama idiozia.
Ed è per questo che, nonostante tutto, io sono davvero il Genius.
E nella vita devo fare quello per cui sono nato. Scrivere di Cinema e non, non posso essere coglionato nelle sceme(nze) generali.
E poi… ieri il Frusciante ha esaltato JFK di Oliver Stone.
Ce la possiamo dire? Non è un granché. È cronachistico, documentaristico, uno sfoggio di montaggio purtroppo retorico, al solito spettacolarizzato, con mille attori importanti messi lì in cammei tanto per dire… ah, c’è pure Kevin Bacon, anche Pesci. Anche quell’altro. Come si chiama pure?
È un Cinema vecchio.
Invece io sono sempre più giovane.
E cammino spavaldo, grattandomi anche un uccello invidiato che sa il fallo suo. Sì, il fallo. Il Falò!
Un uomo che, sotto il suo bianco accappatoio, non ha niente da nascondere.
E, se nasconde qualcosa, è soltanto perché questo qualcosa spinge e potrebbe provocare turbamenti oltre il borghese senso del pudore.
E non va pene, no, bene. Invece, va benissimo.
di Stefano Falotico
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