È morto Bernardo, uno a cui piaceva la “Bernarda”. Eh sì, Maria Schneider lui denudò e Marlon Brando col burro bellamente nel cul la ficcò, senza moralismi di “sorca”, quindi Bernardo, anche se perdendo già le rotelle, e forse votando come sindaco di Roma l’allora piacione Rutelli, spogliò quella passerona di Eva Green, regalandoci uno dei seni più immensi delle nostre fantasie erotiche da Dreamers.
E, in Novecento, Stefania Casini tirò proprio gli uccellini di Bob De Niro e Depardieu. Due amici per la pelle, ah, più pelle di così, due con le palle che però vengono da ambienti diversi. Diversi non nel senso… di omosessuali ma di estrazione sociale. E si perderanno per strada perché uno, diventato grande dopo tutto quel pimpante glande, voterà Salvini e invece l’altro Di Maio.
Sì, l’Italia è sempre stata un casino! Un luogo catto-borghese insopportabile. Ove tutti si professano professori ma hanno solo comprato i pezzi di carta, ominicchi sani e santi ma in realtà io vi dico che sono dei puttanieri tremendi. E Bernardo, uomo troppo elevato per stare in mezzo ai campagnoli bugiardi e alle zoccolone da Berlusconi, girò L’ultimo imperatore.
Tutto quel sesso trasgressivo gli diede alla testa e ai testicoli, e dunque ascese al buddismo con Il piccolo Buddha.
Uno dei suoi grandi sogni era realizzare un film intitolato Paradiso e Inferno ma forse, Bernardo, dantescamente, finirà in Purgatorio. Fra gli scomunicati perché morì in contumacia della Chiesa cristiana. Responsabile, con patti lateranensi traditi a piacimento, di aver censurato Ultimo tango a Parigi.
Eh sì, Bernardo aveva du’ coglioni così. Diceva la verità su questo mondo ipocrita e sessuofobo.
Spingeva!
E anche io dico la mia.
Io fumo tre pacchetti di sigarette al giorno. Anche di più. E me ne frego dei vostri salutismi del cazzo.
Non sopporto i film smancerosi e i luoghi comuni. Chi ascolta Zucchero non ha il diabete alle orecchie e, vi posso garantire, che se uno ama Bryan Adams non significa che sia un ricchione.
Non amo, insomma, le romanticherie e le falsità, poiché come Bernardo io sono un grande romantico.
E, come Marlon, incontro una donna. Lei, per far colpo su di me, mi dice di avere tre lauree e di chiamarsi Laura.
Io le rispondo che non voglio sapere nulla della sua “aura”, delle sue credenziali e dei suoi attestati. Non è da un titolo di studio che si giudica una donna.
Una donna la si giudica in maniera “innominabile”. Se è generosa e appetitosa e non rompe i marroni con moralismi morbosi.
Forza, succhia.
di Stefano Falotico
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