Ebbene, mancava all’appuntamento Bob De Niro, che non ha vinto, sconfitto “ai punti” del doppio Ewan McGregor. Ma, col senno di poi, De Niro ha fatto bene a disertare questa manifestazione. Perché, se il motivo da lui addotto è il fatto che è stra-impegnato con le riprese di The Irishman, la verità è che da qualche giorno i bookmakers avevano snobbato il suo nome, e quindi ha preferito defilarsi e lasciare gli onori al bell’inglesino, no, è scozzese, dato all’ultimo per favorito, e infatti come da recentissimi pronostici è stato quest’ultimo ad alzare il Globo. Sia detto, peraltro, che questa categoria crea già confusione di suo. Le possibilità che un attore di un Tv Movie, la cui presenza di minutaggio è oggettivamente ridotta, possa farcela contro chi invece è stato il protagonista di una serie televisiva, che dunque ha avuto più “tempo” per farsi apprezzare e bucare, come si suol dire, lo schermo, sono assai limitate. E infatti come volevasi dimostrare in questa categoria il premio va spesso a chi ha avuto più spazio per esporsi. Ah, l’esibizionismo e le chance nella vita. Questa vita corrosiva, abrasiva, frenetica, ove nel movimentatissimo panta rei bisogna correre per non farsi scoreggiare, no, scoraggiare.
Al che, sovente trionfano i mediocri e, infatti, a fine articolo, farò una stilettata, con tanto di colta citazione, contro tali “vincitori” invero assai discutibili. Pensate che io ho da obiettare anche sulla prova di Gary Oldman. Non l’ho ancora vista, ma mi pare notevolmente sostenuta, tenuta molto in piedi dal trucco, che come sappiamo fa scena e molto performance tipicamente da Oscar! Esigo una prestation en nature. Ah ah, lo so, sono un burlone e mi piace scherzare e travisare il francese a piacimento. Volevo dire che una prova più al naturale mi avrebbe convinto maggiormente. Anche se non voglio sindacare sull’eccellente bravura del signor Oldman. Avrei invece da ridire sulla McDormand. Donna simpaticissima (ma si sa, le donne molto racchie attraggono i nostri “favoritismi” a livello di “stima”, ah ah) ma che pare una versione incazzata della sua zitella di Fargo. Il Fargo dei Coen e non quello del McGregor, che poi sarebbe partito invero col Billy Bob Thornton, l’uomo che non c’era di Frances… ah ah!
Che casino! Sì, tutti a casina a tifare per i Golden Globe, in un anno in cui praticamente i più scontati pronostici sono stati assurdamente rispettati, ogni casa, no cosa, insomma come da programma, nello stile politicamente corretto di un’edizione dimenticabile quanto raggelante in termini d’importanza autoriale. Sì, perché le scelte dei votanti, la stampa estera, non son state del tutto esecrabili, ma hanno mancato appunto d’imprevedibilità e coraggio, premiando chi “andava” premiato e non azzardando di vere sorprese che ci avrebbero svegliato dagli sbadigli che questa trasmissione ci ha “indotto”. Invero, io non ho seguito la diretta, l’ho registrata, saltando “a piè pari” sui momenti salienti.
Sì, ho assistito a persone “living” l’evento, fanzinari della peggior specie, che devono aver equivocato il Cinema, scambiandolo col glamour e confondendo l’Arte con gli striscioni da Stadio. Ma stendiamo su certa gente un velo (im)pietoso.
Direi di concludere con la schietta, chirurgica disamina di Onofri Anton Giulio, come sempre sprezzantemente cinico ma obiettivissimo:
ai Golden Globes è andata in scena stanotte la tragica farsa di un’America ormai votata all’autodistruzione. La macabra messa in scena del nero sul tappeto rosso la dice lunga sul come le ladies vorranno d’ora in poi impostare le loro relazioni con maschi ridotti ad automi scarichi e difettosi, oggetto di ironie tristissime perfino del comico presentatore di turno. Ma più grave è il cinema che ne è uscito vittorioso, finto, artefatto, inerte, e di bassa statura intellettuale, macchinetta per scuotere un pubblico rincoglionito dalle serie tv e ormai del tutto incapace di riconoscere il passo che, per fortuna, proprio in USA qualcuno continua ad avere, guarda caso rimasto senza premi, se non assente dalla competizione. Trump o non Trump, un’America in picchiata libera, che potrebbe trascinare tutto e tutti in un fondo di placentale, addormentata melassa in cui nemmeno ci accorgeremo di essere, come Occidentali, non solo già morti, ma addirittura in avanzato stato di decomposizione. Pronti per essere inghiottiti, e poi gestiti, da civiltà più solide, se non altro per essere rimaste fedeli agli antichi principi di una follia umana fondata sull’ignoranza e sulla paura, che offrivano a chi fosse riuscito ad affrancarsene con lo studio e con l’intelligenza, la possibilità di una libera, autentica, spontanea e incondizionata libertà creatrice.
di Stefano Falotico
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