Suvvia, devo essere obiettivo e non poter giudicare prima di averlo visto. Ma, nel frattempo, mentre rifletto, pondero se sia lecito criticare ancor prima di aver(lo) visto, lasciatemi danzare sui miei ormoni, come una macchina volante del replicante che sono, essendo androide rispetto alle emozionalità comuni e, senza dubbio, uno spiccato detective delle mie angosce profonde, saggia e sagace, futuristica, avveniristica commistione fra il thriller nero di un’anima baluginante vicino alle porte di Tannhäuser e “cose” che voi umani potete solo immaginare…
Leggo, tramite Twitter, che ancor prima delle recensioni ufficiali quest’opera di Villeneuve sta riscuotendo giganteschi consensi e addirittura qualcuno “vocifera” che sia meglio dell’originale e già un caposaldo enorme della fantascienza del nuovo millennio.
Ora, si sa che molti sono “critici del vino”, come per la categoria vinicola, sono pagati dalle major per sponsorizzare un prodotto. E, visto che il film deve incassare molto più del previsto, e su questa “previsione” lasciatemi (perp)lesso, l’incentivo pubblicitario aiuta il botteghino.
Ora, con tutta la stima per Villeneuve, di cui riconosco il rigore formale, pur dicendo che Sicario è un bel film ma niente di più, in molti punti persino coatto e superficiale, nessun film, neppure il suo seguito, può essere superiore all’originale. Perché è ed era il film di un’epoca, un film d’imparagonabile fascino che, al di là dei dialoghi spesso banalotti, aveva delle atmosfere irripetibili, che poggiavano sulla magnetica colonna sonora di Vangelis. E su un Rutger Hauer di carisma perfetto più di un robot di Dick. Un film precog.
Dunque, lasciatemi dubitare. A me i capolavori annunciati non son mai piaciuti, e cerco di essere sempre “integerrimo” e non farmi condizionare né corrompere dai facili, modaioli entusiasmi.
Ma io sono un Falotico e, oggi, non so perché mi fa male l’uccellino. Quel mio uccello “can(dido)” che soffre in codesto dì d’indisposizione e abbisogna di qualche pillolina per “scaldarlo” come questi primi termosifoni dell’appropinquante inverno. Questa non è science fiction, è la “pura”, “dura” realtà.
di Stefano Falotico
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